La lampadina di Rabelais

La lampadina di Rabelais MACCHIAI La lampadina di Rabelais NEL mezzo della volta era un anello d'oro massiccio sospeso, della grossezza d'un pugno, dal quale pendevano tre catene d'argento di grossezza poco minore, le quali, due piedi e mezzo più sotto, comprendevano in figura triangola una lamina d'oro fino, rotonda, di tal grandezza che il diametro eccedeva due cubiti e mezzo palmo. In essa erano quattro anelli o pertugi, in ciascuno dei quali stava infissa una palla vuota, quadrata nell'interno, della circonferenza di circa due palmi. [...] Ciascuna era piena di acquavite cinque volte distillata da un alambicco serpentino, inconsuntibile. Al di sotto di quella lamina, circa a due piedi e mezzo, le tre catene nella loro figura primitiva erano infilate in tre anse, le quali sporgevano da una gran lampada rotonda di cristallino purissimo, del diametro di un cubito e mezzo, che aveva al di sotto una apertura di circa due palmi. Da questa apertura scendeva giù in mezzo un vasello di simil cristallo, in forma di borraccia o come un orinale, e pendeva dal fondo della gran lampada, con una tal quantità della suddetta acqua ardente che 1 la fiamma del suo lino asbe1 stico saliva direttamente nel centro della gran lampada: cosicché tutto il corpo sferico di essa sembrava ardere e fiammeggiare, giacché il fuoco stava nel suo punto mediano. Ed era difficile tenervi fermo e costante lo sguardo così come non si può fissare la massa del sole». Chi scrive non è né l'americano Thomas Alva Edison, né il suo rivale di Piossasco Alessandro Cruto, e neppure qualcuno dei vari Staite, Draper, Shepherd, LaneFox, Jablochov e Maxim che si contendono il primato della invenzione della lampadina, ma il grande scrittore francese Francois Rabelais nel trentanovesimo capitolo del quinto libro del «Gargantua e Pantagruel», pubblicato a Lione nel 1542 presso il libraio-editore Frangois Juste. Il passo per arrivare alle sorgenti luminose di oggi sembra breve. L'uso di una reticella «in lino asbestico» per aumentare la luminosità della lampada è scusabile perché a quel tempo gli effetti cancerogeni dell'amianto non erano ancora noti. Anche l'elettricità, di cui oggi nessuno più si stupisce, era del tutto sconosciuta. Vittorio Marchis Politecnico di Torino his rinoj

Persone citate: Alessandro Cruto, Draper, Francois Rabelais, Juste, Rabelais, Shepherd, Thomas Alva Edison, Vittorio Marchis

Luoghi citati: Lione, Piossasco, Torino