SCOLPIRE L'IO Da Rodin a Moore, da Giacometti alla Landart

SCOLPIRE L'IO Da Rodin a Moore, da Giacometti alla Landart SCOLPIRE L'IO Da Rodin a Moore, da Giacometti alla Landart PASSAGGI Rosalind Krauss edizione italiana a cura di Elio Grazioli Bruno Mondadori pp.310, L 42.000 NA delle parole chiave dell'età contemporanea è opacità; in un libro straordinario, Cose trasparenti, Vladimir Nabokov col suo solito sarcasmo ha messo alla berlina la pretesa moderna di rappresentare in modo trasparente i moti dell'animo umano, di leggere con chiarezza all'esterno l'intimità stessa dell'io, non solo quello degli altri, ma anche il proprio. Soltanto se si adotta il criterio del <qjrofondamente superficiale» l'arte e la letteratura postmoderma diventano leggibili; se si accetta l'idea che l'io non preesiste all'esperienza, ma ne è il primo effetto, si potrà iniziare ad ff il i di ' preesiste allesperienza, ma ne è iafferrare il «mistero» di un'arte che ha voltato le spalle ai canoni classici. Il fatto che da almeno centoventi anni, salvo stanche ripetizioni, non si plasmano più sculture che riproducono fattezze umane dipende da questo processo di decentramento dell'io. Prendiamo una scultura del 1969, Doublé Negative, di Michael Heizer. Si tratta di due incisioni profonde 12 metri e lunghe 30 scavate sui bordi opposti di un burrone nel deserto del Nevada, un'opera che viene classificata tra quelle della Landart. Ebbene, quale può essere il senso - ammesso che ce ne sia uno - di un simile earthwork? Data l'enormità delle dimensioni, l'opera può essere esperita solo penetrandola, abitandola nello stesso modo con cui si abita il proprio corpo. L'immagine che abbiamo del nostro rapporto col nostro corpo è quello di essere centrati: ci sentiamo al centro del nostro essere e il nostro stesso «sapere» su noi stessi conferma questa sensazione. Pensiamo, infatti, di essere completamente trasparenti alla nostra coscienza, tanto che spesso dinanzi a un altro pensiamo: «Io so quello che io provo e penso, ma lui no». Ebbene Doublé Negative, pur essendo un'opera simmetrica, dotata di un centro, ci espone a un para¬ dosso: il centro è vuoto, si sottrae, possiamo stare dentro solo a uno dei due scavi e vedere l'altro che ci si oppone. Questo esempio è tratto da un Libro che Rosalind Krauss, critica e storica dell'arte americana, ha pubblicato nel 1977, Passages in Modem Sculpture, oggi finalmente tradotto in italiano per la cura di Elio Grazioli. Trattando l'argomento della scultura da Rodin fino alla Landart in verità nel libro la scultura considerata come tale è assente -, la critica americana ci fa capire non solo molte cose importanti sull'arte contemporanea e sul guardare («l'opera ci incita ad elaborare un sapere su noi stessi che sia fondato sul nostro sguardo verso l'esterno, un sapere che prenda in considerazione le reazioni degli altri quando ci guardano»), ma anche su letteratura, musica, teatro. Partendo da Rodin, ma passando per Brancusi, Giacometti, Picasso, Robert Morris, Jasper Johns, Antony Caro, ecc., la Krauss mostra come la scultura abbia indicato la via a ima forma di espressione che pensa al sé come un elemento opaco, in cui il senso non precede l'esperienza ma esiste solo all'interno di essa: le sensazioni non dipendono da un insieme di ricordi Qui sopra, un «Labirinto» di Robert Mot in alto, un'opera di H «Draped reclii Nel volume «I la critica amer Rosalind Krau: ripercorre la s della scultura da Rodin alla I E' pubblicato Mondadori, a dall'uscita neg Come dar ed è opaci i «Passag PASSAGGI Rosalind Krauss edizione italiana a cura di Elio Grazioli Bruno Mondadori pp.310, L 42.000

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