NULLA SI CREA FUORI DAL SILENZIO

NULLA SI CREA FUORI DAL SILENZIO Parliamone NULLA SI CREA FUORI DAL SILENZIO DN noto interprete e autore musicale chiede imperiosamente e, com'è suo diritto, ottiene un rispettoso silenzio intorno alla sua persona, in una fase delicata delle proprie condizioni di salute. La notizia, che ci auguriamo non resti eccezionale, induce a qualche riflessione sulle grandi potenzialità racchiuse nel Silenzio in qualunque forma di creatività. Credo sia onestamente impossibile scrivere, ad esempio, una storia della letteratura d'ogni tempo e Paese che tenda a privilegiare - nel vasto novero degli scrittori, ciascun dei quali è diverso dall'altro per carattere, estrazione sociale, formazione culturale - coloro che si dimostrarono cheti, introversi, taciturni, rispetto a quanti furono inquieti,- esttovenqj^jfM&ci. Uno scrittore «mondano»,rielsenso alto e nobile del termine, quale Boccaccio non è meno grande dello spesso solingo e «segreto» Petrarca. E il loquace, passionale, talvolta maligno Foscolo non ha da patir complessi d'inferiorità (fatte salve le debite proporzioni critiche) rispetto al molto controvoglia appartato e spesso segregato Leopardi. Eppure è vero, per contenerci al secol nostro, che il Novecento è stato il tempo di un insopportabile Frastuono letterario. Ci fu, è indubbio, bisogno, nei primi decenni del secolo stesso, di una debordante dose di Rumore: era un sacrosanto Rumore di disturbo e ci pensarono a concentrarlo, sino ad assordare il più duro d'orecchi dei letterati tradizionalisti e benpensanti, le avanguardie storiche (la più caciarona fu quella di casa nostra, l'avanguardia futurista, che, non a caso, era la meno originale). Ma poi, una volta che il Gran Canaio di dadaisti, surrealisti, espressionisti, cubofuturisti si venne progressivamente attenuando, fu spontaneo distinguere, nell'eccessivo numero dei commensali assisi al Gran Convito della Letteratura, coloro che sapevano mantenere un contegno modesto, ponderato, riservato (coloro che facevano un uso assai discreto della Parola, preferendole - per discrezione, misura, riguardo - il Silenzio) e coloro che, invece, s'abbandonavano alle più procaci sfacciataggini verbali, alle più disinvolte impudenze orali. E' molto imbarazzante fare nomi, lo so, anche quando si parla di gloriosi Trapassati: ma, per limitarci al dominio della poesia, dove non temiamo confronti, chi non preferisce i Silenti (Rebora, Sbarbaro, Montale, Caproni, Betocchi) ai Loquaci? E, tra i prosatori, non sono i Terribili Scontrosi e Silenziosi (i Gadda, i Landolfi, per hmitarci a due solo esempi) a suscitare la nostra incondizionata ammirazione? E, per gettare un'occhiata Oltralpe, due dei massimi scrittori francesi del nostro tempo non sono Paul Valéry («Tutto può nascere quaggiù da un'attesa infinita...?») e quel gigantesco Asceta del Silenzio, che è Samuel Beckett? Ad ogni buon conto, è da trentant'anni che da noi, in letteratura, si parla troppo: già il Gruppo 63 fece un'inutile sfoggio d'enfasi: e con buona pace dei suoi due ultimi ostinati agiografi, senza nessun risultato: che anzi valse a far nascere, per contrario, lo Scrittore che Parla sempre e sempre a sproposito, attraverso le due «normali rubriche» d'ogni scrittore che si rispetti, quella di corrispondenza coi lettori e quella di critica televisiva. Guido Davico Bonino