YEHOSHUA

YEHOSHUA YEHOSHUA IO appartengo a coloro che credono sia ancora possibile imparare dalla Storia. E' vero, storici rispettabili ci mettono in guardia dal trarre dal passato conclusioni valide per il presente. Forse proprio perché le loro conoscenze storiche sono così dettagliate e Lprecise temono analisi semplicistiche consigliando di esaminare il presente unicamente in base ai suoi dati effettivi e non a formule del passato. Ma ci sono naturalmente anche studiosi che la pensano diversamente e sono bravissimi nel dimostrare come determinati modelli storici si ripetano, sistemi geopolitici si ricreino, determinando il destino di interi popoli, e annosi problemi d'identità si trascinino irrisolti da un secolo all'altro. [...] In Viaggio alla fine del Millennio ho rinunciato alla corda che mi legava al presente immergendomi liberamente nelle profondità della storia ebraica. La contiguità alla fine del secondo millennio mi spronava a volgermi all'indietro, alla fine del primo, un periodo particolarmente significativo per la storia del popolo ebraico - il declino del centro d'autorità spirituale babilonese e l'inizio Ldella divisione tra ashkenaziti e sefarditi, o tra ebrei che vivevano nelle terre dell'Islam, dove era concentrata la maggior parte degli israeliti, e tra ebrei che vivevano nelle terre dei cristiani, che rappresentavano una sparuta minoranza. Alla fine del primo millennio si vennero a delineare due nuovi centri di cultura ebraica quello nordafricano e spagnolo, che conobbe un periodo di grande fioritura in simbiosi con la cultura arabo-cristiana dell'Andalusia e, parallelamente, quello vicino al Reno dei saggi di Ashkenaz, con la loro forte autorità in materia di dogma. Anche in questo romanzo ritorno su un tema che ultimamente non mi dà pace: la scissione tra Oriente e Occidente o, in termini moderni, la tensione e lo scontro tra il Sud e il Nord che a mio avviso è destinato a diventare uno dei più cruenti del secolo prossimo. Sbagliano coloro che ritengono che in questo libro abbia parlato degli ebrei sefarditi, che conosco pochissimo. H mio vero interesse si concentra sull'interazione tra Oriente e Occidente non solo in quanto nella mia personale identità israeliana, come in quella di molti altri, sono presenti entrambe queste culture, ma in quanto noi tutti, come collettivo, come Stato, confiniamo con l'Oriente e una delle grandi questioni della pace verterà su come definire la nostra nuova identità. In Viaggio alla fine del Millennio ho voluto affrontare il dialogo, o il contrasto, tra il Meridione e il Settentrione attraverso la lente dell'altra mia componente sefardita, quella materna. Mia madre giunse in Israele agli inizi degli Anni Trenta con suo padre, Abraham Rehilio, un ricco mercante di Mogdor, città sulla costa atlantica, colpito da uno strano raptus sionista che lo portò ad emigrare in Israele. Dico «strano» in quanto non fu certo l'antisemitismo, inesistente nel Marocco coloniale d'inizio secolo, a spingere mio nonno ad emigrare. In quel periodo erano pochissimi coloro che lasciavano il Marocco alla volta della terra d'Israele. Quando prese questa decisione mio nonno era già anziano, molto benestante, religioso nel senso tradizionale del termine e gran parte dei suoi figli erano ormai sposati e accasati. Ed ecco che in uno stadio della vita in cui si sogna la tranquillità e i giochi con i nipotini lui decise di abbandonare la sua grande casa e i suoi beni, di lasciare i suoi floridi affari nelle mani dei figli e di partire con la moglie alla volta della terra di Israele. La moglie però morì improvvisamente poco prima della partenza, quando già tutto era imballato e pronto ad essere spedito. Ciononostante mio nonno, malgrado il grande dolore per la morte dell'amatissima moglie, Ldecise di mantenere la promessa fatta. Divise le sue proprietà tra i figli, prese con sé le due figlie adolescenti e venne a stabilirsi nella Palestina del mandato britannico. Le figlie poi si sposarono con ebrei sefarditi residenti qui da generazioni e lui morì alcuni anni dopo il suo arrivo, pochi mesi prima della mia nascita. Per questo motivo mi venne dato il suo nome - Abraham. Ebbi l'occasione di respirare l'atmosfera della casa marocchina di mio nonno quando, nell'estate del 1950, i numerosi zii e zie ci invitarono per una visita alla città natale di mia madre. Il Marocco era allora ancora sotto il dominio francese e noi vi potemmo entrare con il nostro passaporto israeliano nuovo di zecca. Fu incredibile e sconvolgente ad un tempo passare improvvisamente dal severo regime di razionamento israeliano, seguito alla guerra d'indipendenza, all'abbondanza delle case degli ebrei marocchini. Avevo allora circa quattordici anni e ricordo che mi aggirai emozionato e incuriosito tra i vicoli della Casbah e le botteghe degli arabi marocchini, che non erano nemici, esaminando con attenzione gli enonni depositi per le messi del mio defunto nonno nella grande casa di pietra in cui ancora abitava mia zia. E così come nel vecchio cimitero sefardita sul Monte degli Ulivi durante la se¬ poltura di mio padre nel 1982 germogliò il seme de II Signor Mani nell'estate del 1950, durante un viaggio di alcune settimane in quella bella città sulla costa Latlantica, si piantò nel mio animo il seme di Viaggio alla fine del Millennio che germogliò quarantacinque anni dopo nella figura del mercante Ben-Atar che era solito salpare da Tangeri per i suoi viaggi d'affari.!...] Io non sono praticante e non credo nell'esistenza di un'entità soprannaturale divina, non Lperché rifiuto la religione ebraica in sè bensì in quanto una tale credenza contrasta la mia visione razionale del mondo che respinge concetti quali: santità, redenzione, aldilà ecc. Tuttavia, per mia fortuna, in gioventù ho avuto l'opportunità di conoscere da vicino le usanze religiose ebraiche, di prendere parte ai riti di culto e di mantenere uno stretto contatto con un nonno rabbino. Non vi è alcuna possibilità di scrivere un romanzo storico sugli ebrei senza sapere come la religione si intreccia nel quotidiano, quali sono i suoi obblighi rituali e quali le sue norme. La grande resistenza manifestata Abraham B. Yehoshua CONTINUA A PAG. 2 SECONDA COLONNA npzcs Anno 999, un mercante ebreo salpa da Tangeri verso Parigi, di 11 arriverà fino a Worms: nelle due città, un doppio processo per bigamia con diversa sentenza, un confronto serrato tra fede e cultura, dentro e fuori la comunità ebraica. E' il filo del «Viaggio alla fine del Millennio», nuovo romanzo di Abraham B. Yehoshua pubblicato da Einaudi, nella traduzione di Alessandra Shomroni (pp. 376, L. 34.000, in libreria da domani). Lo scrittore lo ha presentato in un giro di conferenze negli Stati Uniti. Anticipiamo qui parte della sua relazione, che apparirà in una raccolta di suoi sag- to lontana, sia necessario per definire e arricchire l'identità di ogni popolo, nel rispetto reciproco: solo cosi si possono prevenire i conflitti del nuovo millennio.

Persone citate: Abraham Rehilio, Alessandra Shomroni, Einaudi, Viaggio, Worms, Yehoshua