Ferrerò e il pupa di Murili: è guerra di Flavia Amabile

Ferrerò e il pupa di Murili: è guerra Scontro in aula, «avevo mille possibilità di scaricare le responsabilità su altri» Ferrerò e il pupa di Murili: è guerra L'imputato: finirà di guardarmi con odio ROMA. L'istante più drammatico giunge quando Salvatore Ferrara è già da oltre due ore esposto al fuoco di fila delle domande del pubblico ministero prima e degli avvocati di parte civile, poi. I capelli corti, il volto lievemente abbronzato dalle partite a pallone in carcere, fino a quel momento Ferrara ha risposto senza mai esitare. «Dottor Ferrara dove è la pistola che ha ucciso Marta Russo», chiede l'avvocato di parte civile Luca Petrucci. Sull'aulabunker del Foro Italico cala un cupo silenzio. L'avvocato Petrucci rimane immobile, in attesa. Al suo fianco vi sono i genitori di Marta Russo, la studentessa uccisa, i volti induriti da sedici mesi di dolore. Il volto di Salvatore Ferrara si contrae in una smorfia. Disappunto? Stanchezza? Sconforto? Il silenzio si popola di congetture, poi Ferrara risponde, il tono accorato: «Guardi, io voglio che questa storia finisca presto. Sono sicuro che prima o poi la verità verrà fuori. Sono certo che chi l'ha uccisa prima o poi si consegnerà. Oggi devo fare la parte di elli ha collaborato. Ma quel giorno, quando la verità verrà fuori, anche il padre di Marta finirà di guardarmi con odio e con disprezzo come sta facendo oggi e mi abbraccerà». Il padre di Marta Russo non riesce a trattenersi: «Voglio la verità», urla. Ferrara afferra il microfono con entrambe le mani, gira la testa e guarda Donato Russo dritto negli ocelli: «Posso dire con estrema forza e serenità che questo mio sacrificio di quest'anno l'ho fatto anche minimamente per sua figlia. Capirà che avevo mille possibilità per scaricare la responsabilità su altri». Il presidente della Corte tenta di riportare la discussione all'oggetto della domanda, ma Ferrara protesta: «Lei non sa quanto mi fa soffrire questa cosa. Mi viene da piangere». A questo punto interviene la madre di Marta Russo, per la prima volta in aula dall'inizio del processo: «Lasciamo stare, lasciamo perdere queste sceneggiate», commenta. Il presidente della Corte riprende la parola, in tono più conciliante: «Dottor Ferrare sa dove è andata a finire la pistola? Che cosa sa?» Ferrara allarga le braccia: «Purtroppo non so nulla. Mi addolora profondamente quanto sta accadendo ma non so che cosa fare». Termina qui il primo scambio di battute diretto fra i genitori di Marta Russo e uno dei presunti assassini della figlia. Resta intatto il mistero che da oltre sedici mesi avvolge la vicenda. Da allora due sono i volti di Salvatore Ferrare Secondo l'accusa è un mostro, il teorico del delitto perfetto, il compagno fedele di un crudele gioco. Secondo la difesa è la vittima innocente di un errore, il protagonista di un dramma senza motivo, come ha spiegato ieri per oltre due ore lo stesso Ferrara. «Per me oggi è un giorno importante. Dopo 450 giorni di carcere ho la possibilità di parlare alla Corte che dovrà giudicare se sono innocente o colpevole. L'attesa di questo giorno ha fatto crescere in me il terrore di non essere stato compreso. Oggi ho bisogno di parlare e di parlare tanto», annuncia. E' una dichiarazione spontanea quella che Ferrara intende consegnare alla Corte prima dell'inizio dell'interrogatorio vera e proprio. Ma si avverte soprattutto la sete di libertà nel torrente di parole che segue, la voglia di avere uno spazio per esprimersi per la prima volta senza la gabbia delle domande. Il torrente procede senza interruzioni, la voce sempre più sicura, per quasi un'ora. Racconta la storia della sua indagine e il dramma di un ragazzo entrato in carcere ancora «ottimista che la verità prima o poi sarebbe venuta fuori» e che poi ha assistito, da prigioniero, «allo scempio che hanno fatto di me i media». Attraverso le notizie riportate da giornali e televisioni, Ferrara ha appreso le accuse lanciate da amiche, colleghe e ha visto crescere a poco a poco un altro Salvatore Ferrara. «Sì, è vero, ero e sono una persona appassionata di studio. Mi piaceva il diritto e il linguaggio. Mi piaceva andare all'Università, suonare con amici e scrivere. Questo ero prima del 14 giugno. Dopo, tutti questi sono diventati elementi contro di me». Accuse - prosegue Ferrara - basate su «uno spettacolo terribile»: Gabriella Alletto e Francesco Liparota - dalle cui parole si è giunti all'arresto di Ferrara - che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. «Io aspetto questa gente perché la famiglia Russo ha diritto al massimo della chiarezza». Ferrara ammette di «aver pensato, con vergogna, solo per uscire dal carcere, cB fare dichiarazioni contro Scattone. Mi sono anche state fatte offerte in questo senso». Accadde il giorno dell'arresto, il 14 giugno: «Sono stato preso a pugni e sputi da due alti funzionari della Squadra Mobile. Tre sputi: l'ultimo, mi dissero, da parte del padre di Marta Russo. Poi mi fecero tintinnare davanti agli occhi le manette, mi mostrarono l'ordinanza e mi dissero: confermi quest'assunto e questa sera se ne va a casa». Non lo ha fatto. Quella sera non è andato a casa. Né le 450 successive. Ancora molte sere dovrà trascorrere dietro le sbarre Salvatore Ferraro, accompagnato dalla condanna della madre di Marta Russo: «Un grande attore, mi ha dato molto fastidio». Flavia Amabile

Luoghi citati: Ferrara, Roma