L' ultimo nemico di Clinton, i democratici
L' ultimo nemico di Clinton, i democratici Tutti dal fronte interno i siluri al Presidente. Il capo dei Battisti: è immorale, se ne vada L' ultimo nemico di Clinton, i democratici Un altro alleato lo attacca: valuteremo l'impeachment NEW YORK NOSTRO SERVIZIO E' sempre più solo, Bill Cinton, e a giudicare dal suo silenzio sempre più incerto sul da farsi. Il suo destino, del resto, ormai non sembra neanche più dipendere dalle iniziative che il Presidente può prendere ma da come si comportarenno quelli che dovrebbero essere i suoi naturali difensori: i democratici. E proprio da questo fronte ieri sono venute tante conferme che sono ben pochi, ormai, i democratici disposti a rischiare la loro rielezione per lui. Per un Charles Rangel, il deputato di Harlem, che si affanna a ricordare ai suoi colleghi che «noi siamo stali mandati al Congresso come legislatori, non come consulenti matrimoniali. Quello di mentire sull'adulterio è davvero un problema sul quale i membri del Congresso dovrebbero dire chi è senza peccato scagli la prima pietra», sono numerosissimi quelli che invece parlano apertamente della necessità di «liberarsi» di questo Presidente. La questione che si porrà ai parlamentari, quando il procuratore , Kenneth Starr consegnerà finalmente il suo rapporto, è la scelta fra «impeachment», cioè cacciata del Presidente, e «mozione di censura», cioè tutto resta come prima ma la sua «autorità morale» viene in qulche modo dimezzata. E' una scelta delicata, nessuna maggioranza, almeno per ora, si intravede sull'una o l'altra soluzione e oltre tutto la discussione avviene senza che ancora nessuno sappia, almeno ufficialmente, cosa esattamente ci sarà nel rapporto di Starr. Una cosa sicura però è che i democratici contro Clin¬ ton aumentano ogni giorno. Da ieri fra loro c'è anche il senatore di New York Daniel Moynihan, un personaggio importante del Partito democratico. «Abbiamo una Costituzione - ha detto - e dobbiamo vivere alla sua luce. Io non so come voterò perché prima ovviamente voglio vedere il rapporto di Starr, e non so se i due terzi dei senatori decideranno di licenziare il Presidente. Dico però che dobbiamo fare il nostro dovere e quella del'impeachment dobbiamo considerarla una possibilità. Senza paura. Fare giustizia non significa il crollo di nulla. Prepariamoci con coscienza e cer¬ chiamo di fare la cosa giusta». Moynihan fu il primo, l'altro giorno, ad andarsi a congratulare con l'altro senatore, Joe Liebermann, che ha praticamente dato la stura alle inquietudini democratiche con il suo discorso sull'«immoralità» del comportamento di Clinton. Ma ieri Liebermann è sembrato, se non «pentito» di quel discorso, certamente preoccupato all'idea che si possa arrivare all'impeachment. «E' stata la cosa più difficile che abbia mai fatto in tutta la mia carriera politica - ha detto - perché il Presidente è mio amico». Secondo lui Clinton ha il grande merito di avere «ri¬ messo il Partito democratico nella carreggiata centrale del sentimento americano, da cui era uscito» e questo merito gli deve essere riconosciuto. «Ho fiducia che lui riesca a restaurare la piena autorità morale della sua presidenza e di andare avanti con onore fino alla fine del suo mandato». E a proposito di autorità morale, ecco ieri anche Paige Patterson, il capo della Southern Baptist Convention, la più numerosa delle denominazioni protestanti alla quale, per inciso, appartiene anche Clinton, chiedere apertamente le dimissioni del Presidente «prima che diventi lo strumento di corruzione di tutti i nostri giovani». Deve andarsene «per il bene del Paese», ha tuonato Patterson, dicendo che poi potrà essere trattato come tutti gli altri peccatori che cercano il perdono. «Se si pente e riconosce Gesù come il suo salvatore, potrà essere perdonato e potrà finalmente capire il vero senso della vita». C'è il problema, come si sa, che i sondaggi hanno continuato a dire che alla maggioranza della gente interessano poco le scorribande sessuali di Clinton e molto di più il fatto che l'economia va bene. Ma questo a Patterson non piace proprio per niente. Anzi, gli ri- corda addirittura «la schiavitù nei confronti del materialismo», che «è esattamente la ragione della caduta di Roma, per non parlare delle 21 grandi civiltà che l'hanno preceduta». Se non si corre ai ripari, questo materialismo «finirà per distruggere anche noi». Meno apocalittici, i deputati e senatori americani meditano sulle elezioni di novembre e aspettano il rapporto di Starr. La prima a «valutarlo» sarà la commissione Giustizia della Camera, poi l'aula al completo e poi, se si deciderà che l'impeachment è da considerare, passerà al Senato per il procedimento conclusivo. [f. p.] Ma Liebermann attenua i suoi strali: ho fiducia che riesca a restaurare la sua autorità morale Ex senatore del New Jersey ed ex cestista del Simmenthal potrebbe coagulare la fronda anti-Clinton nel partito Qui accanto, Il presidente Bill Clinton, sempre più in difficoltà per le conseguenze del Sexgate A sinistra, il senatore Bill Bradley. del partito democratico
Luoghi citati: New Jersey, New York, Roma
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