Blair: vi spiego perché serve un Ulivo mondiale

Blair: vi spiego perché serve un Ulivo mondiale IL PREMEER LABORISTA Oggi rincontro con Massimo D'Alema a Londra Blair: vi spiego perché serve un Ulivo mondiale Questa intervista con il primo ministro britannico Tony Blair è stata realizzata al numero 10 di Downing Street da Martin Kettle per New Perspectives Quarterly, che la pubblicherà assieme ad uno scritto del leader diessino Massimo D'Alema sulla globalizzazione, e apparirà integralmente nel prossimo numero di Aspenia, rivista dell'Aspen Institute Italia, diretta da Antonella Rampino. TALVOLTA Lei sembra considerare la presidenza democratica in Usa come la pietra angolare di tutto il New Labour, il termine di paragone su cui misurare quello che il New Labour è in grado di compiere e persino la precondizione per il raggiungimento dei suoi obiettivi. Ho ragione? «Penso che i moderni partiti socialdemocratici e i partiti di sinistra presenti in Europa abbiano molto in comune con il partito democratico americano. Questo non esclude la nostra provenienza da culture politiche differenti e l'esistenza di politiche differenti, ma significa che ci troviamo ad affrontare gli stessi problemi di cambiamento politico e sociale, di globalizzazione, di disintegrazione all'interno della vita familiare e comunitaria e di esclusione sociale. Dunque molte delle soluzioni che verranno adottate saranno simili. «Non sto proponendo di buttare alle ortiche l'Internazionale socialista o quant'altro sia alla base del pensiero della sinistra, ma credo fermamente che sia venuto il tempo di avviare un dialogo di idee con il partito democratico americano e, per esempio, con il Presidente del Brasile Fernando Enrique Cardoso e con la coalizione dell'Ulivo in Italia. «Dal punto di vista politico il mondo non fa che avvicinarsi sempre di più. Può sembrare una cosa strana da dire, lo so, ma se si ha l'occasione di sedere vicino al primo ministro cinese e di prendere in esame i problemi del settore pubblico in Cina - qualcosa di molto diverso dal nostro - si arriva poi alla conclusione che alcuni dei principi da applicare e delle azioni da intraprendere sono fondamentalmente gli stessi. «In Cina, così come in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, stiamo tutti cercando di fornire una serie di servizi pubblici efficienti senza spendere ingenti somme di denaro per cose di cui in realtà non c'è effettivo bisogno. Esistono alcuni problemi che sono gli stessi per ogni governo in tutto il inondo e sarebbe veramente folle da parte nostra non riconoscere che i democratici americani possono dare un notevole contributo in questo campo senza minare istituzioni consolidate in Europa e altrove nel mondo». In che modo pensa di poter procedere? Si tratta di un problema istituzionale? «E' certamente il modo migliore di cominciare se viene impostato sulla base di un dialogo di idee. «Cominciamo, ad esempio, con alcuni dei problemi propri delle realtà di centrosinistra, in trasformazione un po' ovunque nel mondo. Prendiamo ad esempio la prudenza nelle politiche finanziarie e l'autorevoiezza. Sono piìi che altro i governi di centrosinistra, anche se non sono i soli, ad attuare oggi politiche prudenti: i democratici negli Stati Uniti, così come il partito laborista inglese e la coalizione dell'Ulivo in Italia. «Lo stesso si può dire della sinistra in Portogallo e in Olanda. In Francia si sta attuando una politica monetaria piuttosto rigida. In tutto il mondo oggi la prudenza in materia finanziaria è sempre più associata alla sinistra. Da parte sua la sinistra, ormai un po' ovunque nel mondo, ha accettato il fatto che tecnologia, istruzione e specializzazione siano alla base dell'occupazione nel mondo moderno. Per quel che riguarda la criminalità è generalmente condivisa l'idea della necessità di un efficiente sistema giudiziario ma, al tempo stesso, bisogna affrontare le cause dell'esclusione sociale. «Un altro tema comune è quello dell'esigenza di riformare il Welfare State così come era stato concepito alla fine della Seconda guerra mondiale. Inoltre la sinistra accetta ormai la concezione di una politica di impegno internazionale da contrapporre ad una politica isolazionista. «Perciò ritengo che per noi sia una decisione saggia aprire il dibattito sulle possibili soluzioni a tutti questi problemi e dire: "Parliamone, discutiamone e impariamo gli uni dagli altri"». Si è saputo che lei ha tenuto un seminario con un gruppo di intellettuali per discutere l'idea di una «terza via». Questo significa che lei è ancora alla ricerca di una formulazione? «No. Ho le idee clùarissime a questo proposito. Non solo esiste una nuova via tra le politiche della nuova destra - il laissez/aire, lasciare fare tutto al mercato, l'indifferenza sociale - e la politica della vecchia sinistra - controllo statale, gestione interamente centralizzata - ma esiste un'altra via tra una sinistra basata su vecchi principi e una sinistra pragmatica che ha cercato eh trasformarsi gradualmente. «L'idea di una "terza via" è un tentativo di affermare una posizione di principio assolutamente ragionevole e praticabile. Si possono prendere i valori della sinistra - giustizia sociale, solidarietà, comunità, democrazia e libertà - e adattarli al nuovo mondo. «Guardi ad esempio come è possibile applicare gli schemi di questa "terza via" a ciascuna delle varie politiche. Prenda l'economia: essere all'interno del fenomeno della globalizzazione è non solo inevitabile, ma in realtà auspicabile, soprattutto in termini di maggiore commercio e scambi internazionali. «Questo significa che il ruolo di un governo non è quello di accumulare forti deficit di bilancio e sperare in bene, ma di gestire politiche finanziarie prudenti affiancandole con interventi che permettano ai cittadini e al mondo economico di sopravvivere e competere nel nuovo mercato globale. «In altre parole, la "terza via" non significa opporsi al cambiamento o più semplicemente facilitare il laissez faire, ma significa dire ai cittadini che verranno dotati degli strumenti necessari al cambiamento». Eppure, di fronte ai mutamenti causati dalla globalizzazione, cresce fortemente nella gente la preoccupazione per la propria sicurezza. «Sono d'accordo. Che risposta dare? In un senso molto tradizionale direi che occorre avere un governo molto attivo e presente mentre, in un senso più moderno, direi che il governo non dovrebbe essere concepito per impedire alle aziende di competere sul mercato globale. Questa, infatti, non è una risposta intelli¬ gente. Non funziona, in sostanza, perché siamo già nel mercato globale. «Se si cerca di proteggere le aziende dal mercato globale, allora non potrà accadere altro che questo: le aziende sopravviveramio per alcuni anni e poi falliranno. Quello che invece si può fare è fornire all'azienda e ai suoi dirigenti gli strumenti per meglio affrontare la dura realtà del mercato globale. Questa per me è la "terza via"». Prendiamo ad esempio la riforma del Welfare. Lei ritiene di poter andare avanti senza tener conto degli enormi ostacoli politici che vorrebbe tanto evitare? «E' vero, esistono ostacoli politici molto forti e difficili da superare. Ma sa che cosa dico al mio partito? Se non riusciremo a riformare il Welfare arriveranno i Tory e lo smantelleranno. I cittadini non accetteranno lo status quo perché sono proprio loro a finanziare il Welfare e si rendono conto che non sta funzionando a dovere. «Gli inglesi non finanzieranno un sistema di Welfare che non incoraggia i cittadini a disfarsi dei privilegi e ad entrare nel mondo del lavoro. Non finanzieranno un sistema che divora scorrettamente miliardi. Di conseguenza o saremo noi a riformarlo oppure sarà la gente a smantellarlo. La "terza via" vuole una. riforma del Welfare,.non lo status quo né lo smantellamento del sistema. Questa è una scelta intelligente. Ed è questa la scelta su cui hanno puntato i democratici negli Stati Uniti ed è quello che ha fatto il governo danese. Anche il governo italiano sta mettendo a punto una riforma del Welfare. Lionel Jospin, il premier francese, ha detto recentemente che i giovani devono disfarsi dei privilegi ed entrare nel mondo del lavoro. Tutti devono affrontare questo problema». La Gran Bretagna è tornata di moda. La gente parla di una «cool Britannici», di una straordinaria Gran Bretagna. Lei incoraggia questa visione. Qual è il suo obiettivo? «La definizione "cool Britannia" non è mia. Non lo è mai stata, è il settimanale Newsweek che l'ha coniata. Ma l'idea che sta dietro a questa definizione - vale a dire la Gran Bretagna come luogo dinamico, eccitante non è qualcosa di cui mi vergogno, anzi ne sono profondamente orgoglioso. «Il nostro è un popolo che ha molte qualità, ma non sono mai riuscito a capire veramente per quale ragione debba essere così cinico. Uh po' di salutare autocritica va certo bene, ma non bisogna mai esagerare. «Penso che si debba essere soddisfatti se molti oggi vogliono venire in Gran Bretagna, se la guardano in modo diverso: spero che la considerino come un Paese dal grande futuro e, al tempo stesso, dalla grande tradizione storica. Si tratta di qualcosa che dovremmo andare a gridare a gran voce dai tetti. «Quelli che ci attaccano perché lavoriamo molto con il design, con le industrie innovative e altamente tecnologiche, sono persone affette da nient'altro che una forma di "snobismo economico". Oggi in Gran Bretagna le industrie che puntano sul design, che hanno capacità creativa, non solo gestiscono affari multimiliardari, ma danno lavoro a centinaia di migliaia di persone. Se un giorno mi venisse in mente di lanciare un dibattito sull'industria del carbone in Gran Bretagna, qualcosa di molto importante nel nostro Paese che però dà lavoro soltanto ad alcune migliaia di persone, la gente giudicherebbe questa mia iniziativa come qualcosa di molto intelligente da fare. Ma se mi metto a parlare di industria del design allora si pensa immediatamente a qualcosa di bizzarro anche se, proprio in quel settore, è jL futuro, di moltissime persone. «Sono molti i giovani che, appena usciti dal college, decidono di aprire una loro azienda qui in Gran Bretagna. Fanno parte di sistemi diversi e hanno modi diversi di lavorare. Tutto ciò è estremamente differente dal passato e ne dovremmo essere felici. «Tutti possono dire ciò che vogliono su questo argomento, ma temo che effettivamente non li starei proprio a sentire. Non vorrei sembrarle arrogante, ma alla fine è quello che penso. Se si è alla guida di un partito politico o di un intero Paese è così che bisogna parlare: "Vedi, questo è quello in cui io credo. Questo è quello che sto facendo e spetta soltanto a te sostenerlo oppure no. E' una tua decisione". «Noi che nel mondo apparteniamo al centrosinistra - dal Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton al Presidente del Brasile Fernando Henrique Cardoso - abbiamo il dovere di essere in prima linea insieme a coloro che cercano di gestire il cambiamento sociale nell'economia globale. La vecchia sinistra oppone resistenza al cambiamento. La nuova destra non vuole gestirlo. Eppure per raggiungere solidarietà sociale e prosperità questo cambiamento deve essere gestito. «I principi fondanti del centrosinistra sono cinque. Data la natura globale dell'economia sono essenziali per i governi una gestione slabile e scelte economiche prudenti. In secondo luogo l'intervento del governo deve dirigersi, modificando i propri obiettivi, maggiormente verso i problemi dell'istruzione, della formazione e della costruzione di infrastrutture piuttosto che concentrarsi sulla politica industriale, la tassazione e la spesa. Dobbiamo poi riformare il Welfare State altrimenti sarà la destra a smantellarlo. I governi devono rafforzarsi attraverso un processo di decentralizzazione e di apertura applicando il criterio che ciò che conta è ciò che funziona. Dobbiamo infine essere internazionalisti e opporci all'atteggiamento isolazionista della destra». Martin Kettle £ il principi fondanti del centrosinistra sono: scelte economiche prudenti, istruzione, nuovo welfare, e lotta all'isolazionismo p p tifi L'eurosinistra ha molto in comune con il partito democratico di Bill Clinton ■■ & fi Nessuno dice di gettare alle ortiche l'Internazionale ma bisogna aprire il dialogo a altri j p La terza via? Prendere i valori della sinistra e adattarli al nuovo mondo mm ndra Qui accanto il primo ministro britannico Tony Blair A sinistra il segretario del Pds D'Alema é ale £ il princdel centrosscelte econistruzione, e lotta all'ivale ame lunogopedevachni"sin chhasoma pnd Qui accanto il primo ministro britannico Tony Blair A sinistra il segretario del Pds D'Alema