Marco Boato

Marco Boato Marco Boato «Sì alla sessione straordinaria» ROMA. «Condono, indulto, amnistia: per provvedimenti del genere occorre il voto dei due terzi dei componenti del Parlamento. Sarebbero stati possibili dopo la Bicamerale, nel cui testo il quorum necessario era stato ridotto al 51%. Ma ora come ora, chiunque ne parli, sa di parlare di una cosa irrealizzabile». Il senatore verde Marco Boato, già relatore in materia di giustizia nella Bicamerale, boccia l'ipotesi di condono per i reati di Tangentopoli avanzata da Antonio Di Pietro. E della proposta di una sessione speciale del Pai-lamento sulla giustizia, cosa ne pensa? «Cosi come l'aveva formulata Veltroni, limitata alle nonne anticorruzione, la ritenevo positiva ma riduttiva. Sono stato il primo a lanciare l'idea di una sessione straordinaria delle Camere, ma si trattava di una cosa ben più ampia di un mero dibattito sulle norme anticorruzione. L'obiettivo doveva essere giustizia in sé: tutto ciò che può far uscire l'Italia dalla bancarotta della giustizia nella quale ci troviamo, secondo il parere concorde di tutti. Mentre le norme anticorruzione sono provvedimenti che la Camera ha già definito e votato. Basta che il Senato le approvi e si chiude lì». Anche Di Pietro ha proposto di allargare la sessione straordinaria a tutte le questioni aperte in materia. «Ho visto, ma ritengo che il confronto col Polo vada riaperto. A mio parere si dovrebbero fare tre cose». Quali? «Una è la sessione straordinaria sulla giustizia in generale. Due: la commissione di inchiesta su Tangentopoli, con i paletti che ormai tutti riconoscono, cioè il divieto di interferire nei processi e la sospensione dei lavori nella fase precedente all'elezione del presidente della Repubblica. Tre: riprendere il cammino delle riforme istituzionali. Ne ha parlato Scalfaro, ne hanno parlato al coordinamento dell'Ulivo, ma non vedo ancora un percorso. Io ho presentato una proposta di Assemblea costituente». Come quella che vorrebbe Cossiga? «No. Penso a un'assemblea che abbia l'obiettivo di rivedere solo la seconda parte della Costituzione, come la Bicamerale. Potrebbe essere eletta nello stesso giorno delle votazioni europee, e avere una scadenza di 18 mesi: in tempo per la fine della legislatura». Fallita la Bicamerale, perché dovrebbe avere successo un'assemblea? «Perché verrebbe eletta dal popolo. Visto che tre tentativi parlamentari non sono andati in porto». Anche per D'Alema la commissione di inchiesta non è alternativa alla sessione straordinaria. Secondo lei perché è importante farla? «Intanto perché lo chiede una parte del Parlamento: non solo il Polo ma anche i socialisti, Rinnovamento, e una parte dei popolari, mi pare. E nel 1993 la proposero i Verdi, mentre il governo potrebbe anche rimanere estraneo». Poi? «Credo che potrebbe dare un utile contributo conoscitivo sulla natura e le cause della corruzione politica e finanziaria. Coi paletti previsti poi, i rischi si attenuano. Che un indagato come Previti possa interrogare un Borrelli, come dice Di Pietro, è una favola». Non teme, come Veltroni, che per mesi sarebbe tutto un velenoso proliferare di dossier e pseudorivelazioni? «E' accaduto anche per altre commissioni. Ma sia l'antimafia sia la commissione stragi hanno permesso per esempio di chiarire vari depistaggi. L'Ulivo poi, con Prc, avrebbe la maggioranza e forse la presidenza e potrebbe vigilare su indebite strumentalizzazioni». Chi la chiede è in effetti convinto che anche in questo caso si sia indagato solo in un senso, mentre altri settori, soprattutto a sinistra, siano stati risparmiati. «Sarebbe l'occasione per dimostrare che non è vero». [m.g. br.]

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