Strehler come Clinton nella parodia di Piera di Sandro Cappelletto

Strehler come Clinton nella parodia di Piera Una provocatoria Degli Esposti a Spoleto Strehler come Clinton nella parodia di Piera Piera Degli EspSPOLETO. La locandina dello spettacolo lo chiama semplicemente «Lui» ma la regia di Piera Degli Esposti ha preferito togliere ogni dubbio: capelli argentati, maglione nero, perfino i suoi gesti. Quel regista verboso, cacciator di femmine, iper-eccitato, appassionato d'opera linea, assomiglia troppo a Giorgio Strehler, e incombe anche alla fine, quando la sua immagine riflessa, avvolta in un satanico manto rosso, si erge rapace sopra di Lei, così fragile. Quasi una vendetta si è consumata sul palcoscenico del Caio Melisso, dove è andata in scena in prima esecuzione (.Le parole al buio», opera in un atto di Paolo Furlani, trentaquattrenne vincitore del Concorso Internazionale Orplieus (giuria presieduta da Luciano Berio), promosso dal Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto. Nelle dichiarate intenzioni di Paolo Puppa, docente di Storia del teatro all'Università di Venezia e autore della commedia che ha ispirato il libretto, bersaglio della satira doveva essere Gabriele Lavia, considerato il campione delia categoria dei registi teatrali vittime del complesso di Narciso. La Degli Esposti che, stando al curriculum, con Strehler non ha mai lavorato, ha deciso di cambiare obiettivo e ha perseguito il suo scopo anche contro le indicazioni del compositore, che non sentiva alcuna necessità di così realistica trasparenza in una vicenda dove i piani della realtà e dell'immaginario più intimo si confondono di continuo. Siamo in un teatro, Lui e il regista, Lei l'aspirante attrice che ha appena perduto il fidanzato e vorrebbe parlargli, l'Altro un attore, greve, ina non insensibile, complice. Sullo sfondo, le prove di una commedia goldoniana, «La famiglia dell'antiquario» (altro riferimento Ma peril Narcis sti 'autore o è Lavia strehleriano?), mentre in primo piano appare talvolta la proiezione di un volto di giovane donna, detta la Voce, alla quale Lei si rivolge. Racconto senza trama, «Le parole al buio» vive di trasalimenti, di confidenze tremanti, ma narrare l'interiorità su un palcoscenico musicale è impresa ardua. Come per compensare, irrompono allora degli eccessi contrari: dialoghi i più quotidiani possibili, Lui che telefona e telefonina senz.a risparmio, che sparolaccia a gran gusto e - doveva accadere! - Lei-Monica che si fa Lewinsky ai piedi di Lui-Bill. La musica di Furlani risente di questa schizofrenia drammaturgica. Sconcerta per scelte vecchie, quasi citazioni del primo Menotti cinquantanni dopo. Non si può più sentire in un teatro d'opera un personaggio declamare, avvinghiato ad un telefono: «Mi richiami fra cinque minuti». Fa male al cuore, significa nascere già anziani, ed è una tendenza che si sta diffondendo con gran pericolo, perché la copia è sempre più pallida dell'originale. L'unico personaggio credibile è Lei e il compositore, aiutato dall'interpretazione di Francesca Rinaldi, le regala le invenzioni migliori, i suoni e i ritmi più intensi, un'aria finale che richiama, con sapiente, gradito pudore, la scena della pazzia della Lucia di Lammermoor. Il gesto del direttore Enrique Mazzola ricorda quello ipnotico degli arcaici maestri egizi: senza bacchetta, le mani disegnano intrecci misteriosi, curve, spirali, rette, tangenti, ma i ragazzi dell'orchestra del Teatro Lirico Sperimentale decifrano tutto con prontezza, e le intenzioni sono chiare. Come, fin troppo, quelle di Piera Degli Esposti, assecondata dalle scene di Gianni Carluccio, dai costumi di Tatiana Lerario. Sandro Cappelletto Ma per l'autore il Narciso è Lavia Piera Degli Esposti

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