L'altro Marco Polo
L'altro Marco Polo L'altro Marco Polo Un viaggio tra i suoni E, iniziato il ciclo dedicato alla Cina musicale che forma una delle maggiori attrazioni di Settembre Musica. L'altra sera al Teatro Carignano, l'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, diretta dall'autore, ha eseguito l'opera «Marco Polo» di Tan Dun, compositore quarantaduenne che ha completato i suoi studi in America. Nell'assurda oscurità della sala è stato impossibile seguire il libretto e rendersi conto di come questa musica si sposi ai poetici versi di Paul Griffits, pieno di attraenti indicazioni figurative: luci, atmosfere, profumi, paesaggi che mutano in continuazione tra città, deserti, marine, montagne, con la Muraglia che campeggia sullo sfondo. Men che mai è stato possibile raccapezzarsi nell'individuare due dei tre piani della vicenda indicati da Tan Dun: il viaggio fisico di Marco Polo in Cina e il viaggio spirituale come riflessione su passato, presente e futuro. Il terzo aspetto, quello del viaggio musicale che porta dalla musica cinese alla musica occidentale e viceversa, era invece percepibile col puro ascolto. «Marco Polo» è una partitura gradevole. Tan Dun scivola abilmente dal lin- guaggio orientale a quello occidentale e fonde il suono di pipa, tabla e sitar a ciucilo dell'orchestra sinfonica in cui è incastonato un trio di strumenti medievali per alludere all'epoca di Marco Polo. Questi slittamenti avvengono nel segno della dolcezza, della leggerezza, della discrezione. L'assunto dell'opera è essenzialmente lirico: sono quadri statici che si susseguono in quattro tappe: inverno, primavera, estate, autunno, tempo delle stagioni e tempo dell'anima. Ho detto «slittamenti», e non solo in senso metaforico. L'elemento più frequente nella partitura sembra infatti essere il «glissando», sia nelle voci che cantano sovente a bocca chiusa o in falsetto, con sibili, miagolii e suoni armonici tipici dell'emissione tibetana, sia negli strumenti che vaporano come nebbia, leggeri e iridescenti. Tan Dun persegue un ideale di leggerezza: i passi più belli sono quelli in cui sullo strisciare dei contrabbassi fluttuano suoni incantevoli, provenienti dal trio medievale, o i tintinnii leggeri della percussione o il pizzicato degli strumenti cinesi. Ben fuse sono anche le allusioni alla musica europea: si sentono Stravinskij, Debussy, Ravel, Puccini e si sente Mahler con una troppo lunga citazione dal «Canto della terra», scritto su poemi cinesi di Li Po, il quale entra nell'opera come personaggio insieme a Dante e Shakespeare. L'opera ha avuto notevole successo, nonostante le due ore filate di musica, e le innegabili zone morte: merito anche dei bravissimi cantanti tra cui i due in cui è spaccato il personaggio protagonista, il soprano Alexandra Montano (Marco) e il tenore Thomas Young (Polo). Tan Dun, che ha diretto l'Orchestra e il coro Cappella Amsterdam, era contentissimo e ha ringraziato più volte il folto pubblico di Settembre Musica che ha seguito l'esecuzione con concentrata attenzione. Paolo Gallarati Rappresentata al Carignano l'opera lieve e discreta del giovane compositore
Persone citate: Debussy, Mahler, Paolo Gallarati, Paul Griffits, Puccini, Ravel, Shakespeare, Stravinskij, Thomas Young
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