Albanese, riso triste

Albanese, riso triste Albanese, riso triste La violenza firmata Taviani UVENEZIA NA risata crescente plana su Roma notturna quieta come un presepe, su monumenti e vicoli antichi, borgate tristi, case borghesi, architetture littorie. «Felice di nome e infelice di fatto», cantante privato della voce, artista degradato a contabile, nella violenza ordinata dell'oppressione esistenziale degli Anni Trenta fascisti, tutte le notti Antonio Albanese ride nel sonno: scoprirà con disperazione che il suo riso non è una memoria di felicità erotica né una compensazione dello squallore quotidiano, ma il suono dell'irrisione dei deboli che lo rende simile ai peggiori prepotenti simboleggiati da Luca Zingaretti, un sovrintendente teatrale fascista truccato e vestito come un sosia di Galeazzo Ciano e insieme di Silvio Berlusconi. Sulle montagne di due Sicilie, la violenza insopportabile del sequestro di persona si raddoppia: in un albergo invernale chiuso, malfatto e come non finito, si consumano la prigionia e la morte feroce d'un bambino d'oggi rapito, ucciso, disciolto nell'acido per vendetta contro il padre criminale divenuto informatore della polizia, e si evoca il meno disumano sequestro d'un dottore di cent'anni fa, il grande Turi Ferro. La violenza è il tema contemporaneo profondo di «Tu ridi» di Paolo e Vittorio Taviani, presentato fuori concorso, ispirato a due racconti molto rielaborati di Luigi Pirandello, lo scrittore alle cui novelle i registi avevano già dedicato «Kaos» nel 1984. Il film ha invenzioni memorabili: una Roma mai vista, straordinaria; la lunga scalinata su cui s'inerpica ogni mattina con fatica la gente comune, umiliata dal protervo dinamismo fascista; il viale lungo il quale i cantanti lirici s'avviano piano nel crepuscolo all'arena del loro modesto spettacolo; la prigionia ferina e insieme rispettosa di Turi Ferro che diventa maestro e quasi padre dei suoi carcerieri, impartisce loro insegnamenti subito accolti, gioca con i loro bambini; il ballo goffo e appassionato di Lello Arena, custode del bambino sequestrato, che seguita indifferente e stupido ad esercitarsi per una gara anche dopo aver ammazzato con un colpo di pietra in testa la vittima con cui ha riso, mangiato, giocato a calcio. E la bellezza struggente del mare, tomba liquida per l'infelicità di Albanese non riscattata dall'incontro vitale con Sabrina Ferilli, luogo dell'autocondanna a morte d'un uomo privato della propria essenza, della capacità d'esprimersi, di se stesso. [1. t.] Un'opera ispirata a due racconti di Pirandello, come «Kaos» nell'84 Un crudele sequestro di oggi e un rapimento di cent'anni fa Sabrina Ferilli insieme con Antonio Albanese in una scena di «Tu ridi» dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani

Luoghi citati: Roma