Marca-Relli, nomade fra due continenti

Marca-Relli, nomade fra due continenti Trascurato dalle mode, un maestro dell'astrattismo è riscoperto a Venezia Marca-Relli, nomade fra due continenti Amico di Pollock e modello di Burri nella battaglia dei colori pi I VENEZIA I > OME ha ragione Fred Licht I nel presentare questa moI i stra che celebra il dono alla _MJ Collezione Guggenheim di due bellissime opere (una andrà a Bilbao): «Ci sono momenti nello sviluppo dell'arte contemporanea in cui gli "ismi" smettono di spintonarsi a vicenda fuori scena, il che consente di tirare il fiato per prestare attenzione all'opera di artisti che non si aprono a gomitate la via della fama». Magnifico. Proviamo a fare un esercizio illuminante. Prendiamo alcune, anzi tutte le inutili recenti storie dell'arte contemporanea e cerchiamovi il nome di Conrad Marca-Relli, quest'affascinante artista italo-americano, imprescindibile per il rapporto fra i due mondi culturali. Tra nomini insignificanti eòto page, tra Mainolfi e Merz Marisa (perfino!) nulla. Semplicemente Marca-Relli non era alla moda. Nella ridicola tabellina delle mode e del glamour, Pollock lo conoscono tutti, anche i polli, perché il mercato ha decretato il suo status di star triste. Il suo amico e compagno di studi Marca-Relli, che pure sta al Guggenheim di New York, che si è meritato una memorabile mostra al Withney, e che ha esposto più volte in Italia, «grazie, ripassi più tardi». Questo inflessibile ottantacinquenne che l'altr'anno ha deciso di trapiantarsi a Parma, ritornando in una patria in cui non è mai nato (infatti è di Boston), è stato fondatore del Club di Eighth Street, attivo accanto agli amici Kline e Motherwell, Pollock e Rothko che soltanto hanno avuto più visibilità di lui, protagonista di anni terribili ma veri in cui fare pittura in America era fare la fame. «Credo che fosse comunque una fortuna essere un pittore odiato. La popolarità può fare male alla ricerca di un artista che corre il rischio di sedersi per ascoltare i complimenti che gli vengono fatti». Da allora la «pittura» di Marca-Relli non ha smesso mai di camminare, evitando di «sedersi». Ammirato, Harold Rosenberg ha parlato di lui come di un «nomade fra due continenti», ma è come un ibrido fecondo, nato in aereo sull'Oceano trafficato delle due culture. Artista nomade, o meglio in perenne cammino inquieto, MarcaRelli si profila nella storia mai davvero studiata dell'arte come un Grande Suturatore, che contamina la Roma Anni 50 di via Margutta con la febbre Action Painting, ma che aiuta anche Afro e Burri a scoprire e vincere il respiro sconfinato dell'Espressionismo Astratto della New York School. Come si fa a sentenziare su Burri senza conoscere Marca-Relli? Burri è appena uscito dal campo di concetramento americano quando ha la ventura decisiva di incontrare i suoi decoupage (attenzione, è un errore chiamarli collage); in MarcaRelli non ci sarà mai, però, quella densità dolorosa, di bende in decomposizione e suture cliirurgiche, che contamina l'italiano. In lui si combatte una «battaglia» molto meno esistenziale tra forme e colori, che si stagliano quasi architetture cieche, lagunari, sansovinesche, come certi zoccoli marmorei delle pale d'altare di Bartolomeo Montagna. Il colore deve «sedurre»: quel colore architettonico scoperto in Messico, di bianchi caldi e freddi. Dunque non il collage di impronta cubista, ma un decoupage, mi ritaglio contrappuntistico di superfici dipinte che si accavallano e combattono in una polifonia armonica e «sempre fresca», viva dopo anni, «come se io fossi nell'aria del dipinto stesso». Come al computer: puoi correggere all'infinito senza lasciar traccia dei tuoi dilemmi. «Corpi sepolti ma non negati» come scrive Luca Massimo Barbero, il curatore della mostra e della monografia Electa. La musica canta dietro la tela. Marco Vallora Marca-Relli Venezia, Museo Guggenheim, nei pressi della Basilica della Salute Sino al 24 settembre Orario continuato 11-18 Il museo è chiuso il martedì Marca-Relli, «The Windmill», 1972, simbolo del percorso dell'eclettico artista