La politica monetaria non uccida lo sviluppo di Alfredo Recanatesi

La politica monetaria non uccida lo sviluppo F OLTRE LA LARA ^1 La politica monetaria non uccida lo sviluppo I fronte alle turbolenze finanziarie e, soprattutto, al rischio che la recessione, dal Sud-Est asiatico, dal Giappone e dalla Russia si spanda per il resto del mondo, tutti attendono che nei Paesi industrializzati i tassi di interesse vengano ridotti. In questi Paesi c'è un potenziale di crescita sufficiente per compensare, non solo gli stessi Paesi, ma, a livello mondiale, le conseguenze delle crisi asiatica e russa; un potenziale che potrebbe realizzarsi se fosse stimolato da politiche espansive in grado di invertire il segno, ora alquanto pessimista, delle aspettative che governano la domanda e gli investimenti. Ma di siffatte politiche, o almeno di un segnale che questa economia globale non è abbandonata a se stessa, ancora non si vede neppure l'ombra se non in Italia, dove la decisione di rimborsare già a fine anno il 60% dell'Eurotassa costituisce il migliore impiego che possa essere fatto in questo momento del gettito addizionale che le imposte stanno producendo. Ma l'Italia, sulla scena del mondo, è ben poca cosa; altri dovrebbero muoversi, ma non si muovono Il primo che dovrebbe muoversi e non si muove è Greenspan. Negli Stati Uniti la finanza pubblica è a posto e l'inflazione molto bassa; cionondimeno il numero uno della Federai Reserve Bank non ritiene necessario ridurre i tassi perché considera il ridimensionamento delle quotazioni aziqnarie a Wall Street del tutto fisiologico e, perciò, non indicativo di una necessità di intervento. Le azioni americane, del resto, quotano attualmente al disopra del livello al quale erano quando, non senza sollevare stupore, dichiarò che erano gonfiate. Se, dunque, nella situazione di oggi riducesse i tassi, cadrebbe in contraddizione con se stesso, sarebbe come ammettere che allora si era sbagliato. E quindi non si muove, e per quanto sia persona saggia e preparata, non è escluso che questa coerenza con se stesso gli stia facendo velo nel considerare che, qua e là per il mondo, sono accadute cose che hanno modificato non poco il suo quadro di riferimento di allora. Non si muove neppure l'Europa. Qui la situazione è più confusa perché, a quattro mesi dall'avvio di Euro, le banche centrali sono ancora giuridicamente autonome, ma non è possibile ipotizzare iniziative che non siano state concertate. Se dunque c'è mia banca che possa prendere una iniziativa in questo senso non può essere che la tedesca. La quale, però, non ci pensa neppure lontanamente, come Tietmeyer ha confermato non più tardi di giovedì scorso. Evidentemente la Bundesbank, e le banche centrali ad essa più vicine, I continuano ad interpretare riI duttivamente i rischi di conta¬ gio che possono correre le economie europee, al punto da abbandonarsi neppure tanto larvatamente al compiacimento per la debolezza del dollaro e dello yen perché prelude alla nascita di quell'Euro forte, fortissimo, che loro vogliono. Il rischio implicito nella rigidità di queste posizioni è duplice. Il primo e più immediato è che si lasci avvitare una spirale deflattiva della quale non è prevedibile immaginare la fine. Molti prezzi nel mondo stanno crollando e con loro il reddito di intere popolazioni. E' nell'interesse di tutti che chi può - l'Europa in primo luogo attui politiche che, sostenendo la domanda, difendano quei prezzi e quei redditi perché, come si vede ogni giorno di più, i guasti della deflazione non sono affatto minori - tutt'altro - di quelli dell'inflazione. Su entrambe le sponde del Nord Atlantico c'è un potenziale di crescita che può compensare, o almeno ammortizzare, le crisi asiatica e russa. I governi possono far poco, bloccati come sono dai vincoli imposti ai bilanci pubblici. Poiché quei vincoli sono stati voluti dalle banche centrali, a maggior ragione ricadono su di esse maggiori responsabilità nel governo dell'economia. Il secondo rischio è meno immediato, ma forse anche maggiore. Se le autorità monetarie rimarranno ancora inerti in contemplazione di prezzi che, seppure rovinosamente, continuano a scendere, e vagheggiando un Euro forte, sì, ma in un mondo di macerie, la politica si riapproprierà dello spazio che le è stato sottratto. In Russia sta già avvenendo con la decisione di controllare la disperazione della gente stampando rubli. In Europa mancano ovviamente forme cosi radicali, ma l'alleanza tra la Spd tedesca ed il governo francese di Jospin per «contrastare» il potere e gli orientamenti delle banche centrali testimonia un accumulo di tensione sociale e politica che neppure il più ortodosso dei banchieri centrali, se non altro per un minimo di pragmatismo, può permettersi di ignorare. Se la politica monetaria si ostinerà a rifiutare ogni considerazione per le esigenze dello sviluppo e di una equilibrata distribuzione del reddito tra le grandi aree economiche ed all'interno di esse, può venire il momento in cui queste esigenze si affermeranno non più insieme a quelle della stabilità monetaria, ma travalicandole. Alfredo Recanatesi BSÌ 1 noeo, si o, si eti en

Persone citate: Greenspan, Jospin, Tietmeyer

Luoghi citati: Europa, Giappone, Italia, Russia, Stati Uniti