«Riforme, ma con giudizio» di Francesco Manacorda

«Riforme, ma con giudizio» «Riforme, ma con giudizio» La Ue: l'iper-liberismo a Mosca I MINISTRI DEI QUINDICI Ék SALISBURGO SALISBURGO DAL NOSTRO INVIATO Sì alle riforme in Russia, ma non necessariamente a quelle proposte dal Fondo monetario internazionale e soprattutto no alle ricette iper-liberiste che arrivano dagli Usa. Al tennine del loro consiglio informale di due giorni a Salisburgo, i ministri degli Esteri dell'Unione europea programmano una missione a Mosca ma intanto chiedono «stabilità politica ed economica» come «prerequisito per la crescita economica in Russia» e domandano a chi prenderà il potere di muoversi verso una «coesione sociale e istituzioni credibili, efficienti e trasparenti» per stabilire «un'economia sociale di mercato». Se queste condizioni verranno soddisfatte «i programmi esistenti delle istituzioni internazionali dovranno essere rivisti». «Sì - conferma il ministro degli Esteri italiano Lamberto Dini -, il Fini naturalmente dovrà rivedere i suoi programmi alla luce degli avvenimenti per capire se sono ancora realistici». La mette giù in modo ancora più crudo Wolfgang Schuessel, che come ministro degli Esteri austriaco rappresenta la presidenza di turno dei Quindici: «Non abbiamo mia grande opinione di quei ragazzi di Harvard con i loro computer portatili che vogliono spingere programmi irrealizzabili dal punto di vista politico». Insomma, aggiunge Schuessel: «Crediamo che gli aiuti finanziari debbano essere rivisti per tener conto della dimensione sociale». E anche il suo collega francese Hubert Vedrine dice che «non possiamo imporre prmeipi di economia di mercato che hanno impiegato due secoli per affermarsi nei nostri Paesi». Al di là di formule vaghe, come appunto quella dell'«economia sociale di mercato», la paura dell'Europa è che una terapia sul genere di quella adottata in America Latina, applicata in Russia possa avere effetti disastrosi sulle condizioni di vita della popolazione, e Una rivolta sociale non solo rischierebbe di affossare la difficOe ricerca di un governo stabile, ma potrebbe anche tradursi rapidamente in nuovi flussi migratori verso un'Unione europea sempre più aperta ad Est e proprio per questo sempre più spaventata da un possibile contagio della crisi russa. Anche per questo tra i Quindici non trova particolare accoglienza l'idea ripetuta ancora ieri da Dini che molto presto sarà «inevitabile una moratoria o un riscadenzamento del debito internazionale russo» che ammonta secondo le stime più accreditate a 150 miliardi di dollari. Rigetta per esempio l'ipotesi il ministro tedesco Klaus Kinkel: «Dobbiano dare tutto l'aiuto possibile alla Russia in questi momenti difficili, ma non penso che una moratoria sia la strada giusta». E non lo dice per caso: le banche tedesche sono le più esposte - con 54 miliardi di marchi - verso Mosca e la maggior parte dei loro crediti sono coperti da garanzie governative. Anche se non saranno esattamente nella formula prevista dal Fondo monetario intemazionale, comunque, le riforme secondo l'Europa sono l'unica via percorribile, anche perché senza riforme dall'Occidente non potrà venire alcun aiuto. Pur non dando a Eltsin e Cernomyrdin l'appoggio esplicito che la Germania avrebbe voluto, il comunicato finale dei ministri Ue sostiene che «la responsabilità delle riforme è della Russia» e confida che Mosca «non torni ùidietro a un'economia dirigista, ma proceda lungo la strada delle riforme strutturali». Un chiaro sostegno al presidente in carica e al primo ministro designato di cui oggi si saprà la sorte. Prima di esprimere il loro appoggio al massimo livello i prudentissimi Quindici aspettano comunque di capire con chi dovranno trattare davvero. «L'Ue è pronta a inviare a Mosca una troika a livello ministeriale appena sarà possibile», dice il comunicato, ossia «appena ci sarà un governo stabile», spiega Dini. Per ora, mercoledì 9, arriverà in Russia una delegazione composta dai direttori politici degli Esteri di Austria, Germania e Gran Bretagna. Una missione già prevista che assume però un significato più importante alla luce di quello che è accaduto nelle ultime settimane. Se sulla Russia l'Europa fa sentire una timida voce discordante da quella degli Usa, sul Kossovo altro argomento hi agenda ieri tutto sembra essere affidato all'i¬ niziativa di Washington, nella speranza che questa volta il dialogo provalga. 1 Quindici confidano infatti nella proposta del mediatore statunitense Christopher Hill e sul comunicato congiunto di Eltisn e Clinton che, dice Dini, «contiene un forte richiamo a Milosevic, ma allo stesso tempo condanna le violenze dell'Armata di liberazione del Kosovo». Ma di fronte a questa posizione attendista i ministri Ue non accettano le accuse dello stesso Hill, che sabato aveva parlato di un'Europa «che ha voltato le spalle ai Balcani». Stizzite le reazioni di Kinkel e dei diplomatici francesi, mentre il ministro spagnolo Abel Matutes ricorda che hi Bosnia l'Europa «ha dato anche la vita dei suoi soldati». Ma probabilmente il mediatore americano ha toccato un nervo scoperto: ieri tra i Quindici c'è stato un largo consenso sulla necessita di nominare un mediatore che affianchi il rappresentante della Ue in Bosnia Polipo Gonzàlez, una sorta di Hill - appunto - in chiavi; europea. Francesco Manacorda La proposta di Dini per una moratoria del debito russo trova freddi i partner europei Dini con il collega austriaco Schuessel (sinistra) a Salisburgo