Sospetti sui signori di Piatì
Sospetti sui signori di Piatì Sospetti sui signori di Piatì Ecco lefamiglie che sarebbero intervenute REGGIO CALABRIA. Sono legati da rapporti di parentela e comparaggio. I Barbaro e i Trimboli sono tra i «signori» di Piatì, così come di San Luca e di Natile di Careri, di quel triangolo d'Aspromonte, nella Locride, che è stata la centrale dei sequestri, ma anche un punto di snodo del traffico di stupefacenti. Affiliati a cosche che hanno trovato terreno fertile per i loro interessi in molte zone del Nord Italia, soprattutto in Lombardia. In alcuni settori del malaffare, in Lombardia, secondo gli investigatori, i Trimboli dettano legge. Soprattutto nel commercio di stupefacenti, che segue l'asse MilanoLocride. Milano: dove qualche esponente di rilievo della cosca, detenuto, sarebbe stato interessato per arrivare alla soluzione della «faccenda Sgarella». I contatti per una mediazione che consentisse la liberazione di Alessandra Sgarella potrebbero esserci stati in Lombardia. Una mediazione che comunque, in Calabria, si continua a pensare come improbabile senza una contropartita, in denaro. «A Piatì i clan si sposano tra di loro e gli intrecci sono sempre più fitti - dice un investigatore -, anche se molti affiliati sono in carcere o latitanti». Nella mappa criminale tracciata dai carabinieri del tenen¬ te Marco Zappala - comandante del Nucleo di Locri - ci sono sei gruppi di 'ndrangheta. Quattro sono i «filoni» dei Barbaro: quelli che fanno capo a Giuseppe Barbaro, classe 1956, detto «u castanu», latitante da più di 12 anni; quelli discendenti dal vecchio capocosca Antonio Barbaro, «u nigru», deceduto negli anni scorsi; e poi .ci sono i gruppi che avrebbero come pimto di riferimento altri due Barbaro: «u rosi» e «u pillaro». Giuseppe Barbaro, tra i 500 latitanti più pericolosi, deve scontare 20 anni di reclusione inflittigli dai giudici di Bologna e altri 4 anni e mezzo: condanna decisa dal tribunale di Milano proprio per sequestro di persona. Ci sono poi i Perre (con ramificazioni in Australia) e i Trimboli, al cui vertice ci sarebbe Francesco Trimboli, detenuto. Ad un tiro di schioppo da Piatì c'è San Luca, regno degli Strangiu (implicati anche loro nel sequestro di Cesare Casella) e non solo. I sequestri hanno rappresentato per lungo tempo una fonte primaria di guadagno: dal '75, anno in cui venne ucciso in un agguato ii «patriarca» di Siderno, Antonio Macrì (che di sequestri di persona e traffico di droga pare non ne volesse sentir parlare), fino ai primi Anni '90, quando sembrò che la 'ndrangheta avesse deciso di fare a meno di quel capitolo di bilancio per evitare che l'Aspromonte fosse pieno di forze dell'ordine. In poco meno di 20 anni i clan di Piatì, San Luca, Careri hanno firmato i sequestri di Giuseppe D'Amico, armatore, di Giuliano Ravizza, re delle pellicce, dell'imprendi¬ tore De Feo, di Casella. Molti dei signori di Piatì sono detenuti, ma anche dal carcere si può continuare a far sentire il proprio peso. L'uomo che gli mquirenti considerano come un elemento di primo piano della 'ndrangheta trapiantata in Lombardia, Domenico Papalia, ergastolano, continuerebbe ad avere il comando. Pare sia detenuto in Lombardia e sul suo «prestigio» in certi ambienti ci sarebbe poco da discutere. Così come incontestabile sarebbe il «prestigio» di altri uomini dei Trimboli e dei Barbaro. Un colloquio in carcere, una proposta di mediazione, una contropartita. Solo benefici previsti dalla legge? In Calabria ci credono in pochi. Rocco Valenti Ma in Calabria pochi credono che non ci siano state contropartite
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