«Mediatori? Non so nulla»

«Mediatori? Non so nulla» Domodossola, la famiglia: «Non ci risultano patti segreti». La donna: «Finita la tensione, sto per crollare» «Mediatori? Non so nulla» Alessandra: penso al bimbo che voglio adottare DOMODOSSOLA DAL NOSTRO INVIATO «Ma quale trattativa, quali intermediari!», si sfoga alle 8 di sera Pietro Vavassori. Sul sagrato della chiesa collegiata dei Santi Gervasio e Protasio la messa di ringraziamento per la liberazione di Alessandra Sgarella è appena finita. Il vescovo di Novara, monsignor Renato Corti, ha commentato una lettera di Paolo a Filemone e un brano tratto dal Libro della Sapienza: «I ragionamenti dei mortali sono timidi, e incerte le nostre riflessioni...». Fuori, i giornalisti che da due giorni assediano Alessandra Sgarella aspettano che lei esca per metterla al corrente di ciò che ha raccontato Alberto Nobili, sostituto procuratore a Milano e titolare dell'inchiesta sul sequestro. Allora signora Sgarella, ha sapulo? Persino il magistrato ammette che lo Stato ha condotto una trattativa. Lei adesso non risponde più, presa com'è a piangere e ad abbracciare la gente di Domodossola che è venuta per salutarla. Ma il marito non si tira indietro. Trattative? Accordi con i boss della 'ndrangheta? Patti segreti? «Non ne so nulla direttamente, io le parole di Nobili non le ho sentite». Sì, ma le risulta? «Non posso dire nulla perchè non ne so nulla. Per quanto riguarda me e la mia famiglia, l'unica trattativa di cui siamo a conoscenza è quella che abbiamo avuto attraverso gli annunci sui giornali: fallita quella, abbiamo perso ogni contatto con i rapitori». E i soldi del riscatto? Qualcuno ora sostiene che ci sarebbe stato anche un pagamento. «L'ho detto e lo ribadisco: vi assicuro che non è stata pagata ima lira». E la sua presenza a Locri il giorno della liberazione? Davvero casuale? «Mi ripeto un'altra volta: parlando con gli inquirenti avevo intuito che stava succedendo qualco¬ sa. Così sono partito». E adesso basta con i giornalisti, basta con le spiegazioni. Pietro Vavassori e Alessandra Sgarella posano per un'ultima foto promessa a un settimanale («Dio mio, dovrete farla ritoccare», sorride lei e si passa una mano sugli occhi e si aggiusta un po' nella camicetta verde che indossa su un paio di pantaloni di tela neri), poi si infilano nella Mercedes e scappano a Milano. Non li aspettano giorni facili. La signora deve sottoporsi a una serie di esami medici: «Sta per arrivare il crollo - raccontava alle 2 del pomeriggio, dopo la messa al santuario di Re, Val Vigezzo, e il pranzo con i familiari in un ristorante del centro, agli immancabili giornalisti sul marciapiede -. Ieri mi teneva in piedi l'adrenalina, ma ora mi sento addosso tutto il peso di questi mesi di tensioni. Ho dei lividi sulle gambe. E guardate l'occhio destro: si è gonfiato, non riesco neanche a guardavi in faccia». Poi, dopo i medici, ci sarà da affrontare l'interrogatorio con il magistrato, e una probabile trasferta in Calabria: «Ne approfitterò - ride Alessandra Sgarella, rispondendo alla battuta di un cronista - per andare al santuario di Polsi. Sono devota alla Madonna e poi mi hanno detto che è un posto bellissimo». La interrompono: guardi che quel santuario viene anche definito la Madonna della 'ndrangheta, lì si svolgeva la processione con i pellegrini incappucciati e avveniva l'affiliazione alle cosche. E lei: «Ah, allora è dai lì che hanno preso quei maledetti passamontagna...». Adesso, davanti alla chiesa della collegiata, la Mercedes si fa largo fra la folla. Pietro e Alessandra salutano tutti, il cane Bic annusa dal finestrino leggermente abbassato un microfono tivù che qualcuno cerca di infilare a forza nell'abitacolo. «Quando tutto finirà - pro¬ mette Vavassori - convocheremo una conferenza stampa e vi forniremo tutti i particolari che ancora non possiamo rivelare. Ma dovete assicurarci che dopo ci lascerete davvero in pace». Improbabile. Si sa già, per esempio, che entrambi hanno voglia di riprendere al più presto l'iter per l'adozione di un bambino in Russia. Sono loro stessi a confermare la notizia, stremati da tanta invadenza ma commossi. Lui: «Pensate che il 22 dicembre saremmo dovuti partire per andare a conoscerlo». Lei: «E' un bambino di sei anni, si chiama Ivan». Ancora lui: «Doveva tornare con noi in Italia a gennaio. Povero Ivan: sono no- ve mesi che ci aspetta, partiremo non appena sarà possibile». E lei, senza più forza per mascherare le lacrime: «Quando ero in quei covi in Calabria, ho pensato tante volte a lui: come sarà di aspetto, come ci troverà come suoi genitori. E poi tutti gli aspetti pratici che comporta un figlio. E' anche grazie a quel mio bambino che non conosco se sono riuscita a sopportare questi mesi sotto sequestro». Gianni Armand-Pilon IL SANTUARIO DI POLSI ■ Alessandra Sgarella ha annunciato il desiderio di andare a visitare il Santuario di Polsi, forse in occasione dei sopralluoghi che dovrà compiere in Calabria. ■ Polsi è una località dell'Aspromonte a due ore di cammino da San Luca, meta di pellegrini e fedeli. Purtroppo è anche crocevia di esponenti della 'ndrangheta e della malavita. ■ Alessandra Sgarella con il marito Pietro Vavassori durante la messa