«Una donna al Quirinale»

«Una donna al Quirinale» L'ex presidente del Consiglio lancia la sfida a Cernobbio dinanzi al «Gotha» dell'economia «Una donna al Quirinale» Amato: il Paese ha bisogno d'una svolta «Fate un Presidente della Repubblica donna». Giuliano Amato, il Dottor Sottile della politica italiana, lancia la sua sfida politico-istituzionale dinnanzi ai big della politica e ai guru dell'economia internazionale riuniti a Cernobbio per il summit annuale dello Studio Ambrosetti. Lo sguardo attonito dei presenti riesce a dare ancora più vigore al suo intervento: è tempo di fare qualcosa incalza l'ex presidente del Consiglio e ex presidente dell'Antitrust - per incidere concretamente «su un cambio di cultura del Paese». Finalmente donna? La prima volta al Quirinale dell'«altra metà del cielo»; il potenziale settennato d'una «regina», con o senza «principe consorte». Ricordava Nilde lotti, la prima donna a occupare la terza poltrona dell'Italia repubblicana: «Può sembrare paradossale; ma oggi, che hanno conquistato diritti e consapevolezza, direi che le donne sono più scontente... Siccome hanno il senso della parità e uguaglianza, non accettano più un rapporto subalterno». Dal ruolo di «First Lady» a quello di Capo dello Stato? Nella prima metà degli Anni 80, tocca a Tina Anselmi la sorte di lambire il Colle e di sentirsi acclamata come erede naturale di Sandro Pertini al Quirinale. «Tina for president», è il coro dei de al congresso biancofiore di Treviso. Prima donna a diventare ministro, nel 77; poi, donna più celebrata d'Italia come presidente della Commissione d'inchiesta sulla Loggia P2. Proposte di matrimonio, migliaia di telegrammi, inviti e pubbliche benedizioni. «Prendi subito la ramazza e fai pulizia una volta per tutte nella vita politica italiana», la incita da Catania Aurelio Bono, «socialdemocratico puro». «Ho l'impressione che, ancora una volta, dobbiamo ripensare alla ridefinizione che noi maschi ci diamo di "sesso forte" - le scrive Luigi Bettazzi, vescovo d'Ivrea e presidente internazionale di Pax Christi -. Lei, come donna, ci ha dato l'esempio di coerenza, di tenacia, di coraggio, sfidando ogni sorta di complicazione o di minacce». Una consacrazione che va al di là delle intenzioni e delle speranze della stessa parlamentare democristiana, già staffetta partigiana, poi sindacalista, infine politica. Un trionfo a furor di popolo; ma, fra i politici, Tina si fa molti nemici, anche nel suo partito. Il Quirinale deve attendere. A fine giugno del '79, invece, è una donna - Leonilde lotti, detta «Nilde», la comunista uscita con la laurea dall'Università Cattolica di Milano - a occupare lo scranno più alto di Montecitorio. «Prima Signora» della Repubblica a titolo personale e non per matrimonio. Una donna tra i «padri della Patria»; dal '46 alla Camera, senza interruzioni. Raccoglie oltre 15 mila preferenze in quel fatidico 2 giugno, nel suo collegio di Parma. E sono i tempi in cui - come ricorda Massimo Caprera, già segretario di Palmiro Togliatti, quel «Migliore» di cui Nilde è discussa compagna - nel pei la «questione femminile» si esaurisce nelle iniziative dell'Udì, a metà strada fra l'assistenza all'infanzia e la propaganda antifascista, con rigorosa esclusione di ogni tema spinoso come l'aborto e il divorzio. Subito dopo la elezione a presidente della Camera, Nilde lotti commenta schiva: «La vivo come un fatto simbolico, me ne sento orgogliosa per tutte le altre donne. Come presidente, mi piacerebbe venir giudicata come un uomo: mi piacerebbe che critiche o commenti non tenessero conto dell'indulgenza o del pregiudizio riservati alle donne». Altro che pregiudizio! Nel marzo '87, nel pieno della crisi di governo, e della lite fra Bettino Craxi e Ciriaco De Mita, è proprio Nilde lotti, l'ex «ragazza rossa» a ricevere dal Quirinale un mandato esplorativo. Dicono le cronache che l'idea arriva da Amintore Fanfani, presidente del Senato: «Per far smettere di litigare quei due, non c'è che Santa Teresa d Avila. Fu lei a dire saggiamente che le questioni di prestigio non si risolvono mai». Così, una crisi fatta di figure stanche e consunte mette sul proscenio una donna (e una comunista). L'empasse si sblocca. «Cattolica, leghista, donna». La gerarchia esistenziale denunciata da Irene Pivetti nel '94 conferma l'altra metà del cielo come regina di Montecitorio, «fl» Presidente. Alla Camera c'è qualcosa da conservare, molto da innovare e parecchio da scrostare. Ma è roba d'altri tempi... Mario Tortello Nilde lotti primo presidente donna della Camera A sinistra Giuliano Amato Qui sopra Tina Anselmi primo ministro donna nella Repubblica

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