Marini: no a maggioranze variabili di Guido Tiberga
Marini: no a maggioranze variabili Mancino: non c'è spazio per un centro autonomo, non mandiamo all'aria l'alleanza Ulivo-Prc Marini: no a maggioranze variabili I Popolari puntano ancora su Cossiga «Non ha chiuso la porta al dialogo» SAN POLO D'ENZA DAL NOSTRO INVIATO «Fatemi vedere che cosa ha detto Cossiga...». Franco Marini, al suo arrivo alla festa dell'Amicizia, non rinuncia alla sceneggiata: occhiali sugli occhi, sigaro in bocca, scorre il testo dell'intervento di Cossiga a Telese. Punta il dito su una frase, come se l'avesse scoperta in quel momento: l'allargamento della maggioranza «non è un'idea fuori dalla realtà». Tanto basta perché il leader dei popolari sorrida di fronte al «grande centro» rilanciato dall'Udr, lo stesso che poche ore prima Gerardo Bianco aveva bollato come una «pretesa assurda, fatta soltanto per compiacere il pubblico». Per Marini non è cambiato niente: il no di Francesco Cossiga al centro-sinistra è soltanto apparente. Quelle che contano non sono le affermazioni dell'ex presidente, ma i significati che si possono leggere tra le righe: «tra le parole», come dice lui. «Non mi aspettavo che l'ex capo dello Stato accettasse inviti che nessuno gli ha fatto - spiega -. Per quanto ci riguarda, di fronte alle posizioni irragionevoli di Rifondazione, il dialogo con l'Udr può andare avanti. Cossiga non ha chiuso la porta. Vedremo...». «Dialogo». Ecco la parola d'ordine di Marini, che va di pari passo con il distacco quasi irreversibile da Bertinotti: «Io non ho voglia di maggioranze variabili - dice -. Ma sarebbe sbagliato dimenticare che abbiamo un alleato scomodo, che per tre volte ha minacciato la crisi per difendere le sue posizioni. Noi siamo più forti di loro, abbiamo più deputati. Potremmo fare come loro, ma non è questo il modo di fare politica...». Il nome di Cossiga, dal palco di San Polo, non arriva neppure una volta. Ma si capisce che Marini si sente in una posizione di forza. Quando allude all'«inevitabile fallimento» di chi pretende di «costruire una forza politica su posizioni personali». O quando ribadisce il no dei popolari a «chi ci viene ad accarezzare, chiedendoci di cambiare passo e linea». Il segretario dice che «dalla festa di Telese non sono arrivate parole chiare», ma il suo staff mostra con soddisfazione un'altra frase di Cossiga, quella in cui il leader dell'Udì'propone «una lista unica o liste collegate» in vista delle prossime Europee. Marini insiste: «Noi invitiamo chi si trova scomodo dall'altra parte. Se qualcuno capisce che la strategia del centro sinistra è più giusta, allora allarghiamo. Che male c'è?». Più o meno le stesse parole di Nicola Mancino, il presidente del Senato venuto in Emilia a dire "che le maggioranze non si cambiano in corsa e che «non c'è spazio» per le formazioni autonome. «Però non vi nascondo - confida ai cronisti - che chi è collocato in una posizione di centro aspira legittimamente a rafforzarsi all'interno di una strategia di alleanza e di programmi». Dal palco sarà ancora più chiaro: «Guai a immaginare che un governo debba ri¬ manere all'interno della logica di partenza - dirà nel suo saluto conclusivo al popolo del ppi -. L'allargamento ad altri soggetti è di per sé un successo per la maggioranza: e un forte centro dentro l'alleanza sarebbe un vantaggio per la stessa alleanza». «Però», ecco la seconda parola d'ordine. L'Ulivo va difeso a tutti i costi: «Prima di fare un passo audace è il caso di conservare quello che c'è», dice Mancino. Però lo scoglio di Bertinotti va superato. «Rifondazione pone con toni sbagliati un problema giusto - aggiunge il presidente del Senato, istituzionalmente prudente -. Ma noi non siamo indifferenti quando si parla di lavoro e di occupazione». Marini colpisce più duro: «Ripetono da settimane "o svolta o crisi" - attacca -. E poi quando vai a vedere che cosa è la svolta ci trovi l'Ici sulla prima casa, i libri gratis per gli studenti, qualche piccolo taglio sui ticket sanitari. Questa è la ragione per cui mettono piombo nelle ali del governo. Per queste tre cosette vogliono far saltare la Finanziaria». Meglio l'Udr, allora, anche se Cossiga dice che una finanziaria senza Rifondazione porterebbe dritta alla crisi? «Non ho più voglia di commentare quello che dice Cossiga - conclude Marini -. Non siamo qui per far contento lui. Quello che interessa a me è far passare la Finanziaria, per rafforzare il governo Prodi». Guido Tiberga Il segretario del Partito popolare Franco Marini
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