«Italia addio, l'Irlanda è più civile». La Chiesa del Concilio

«Italia addio, l'Irlanda è più civile». La Chiesa del Concilio LETTERE AL GIORNALE «Italia addio, l'Irlanda è più civile». La Chiesa del Concilio tili emigrante in cerca di onestà e rispetto Sono un ragazzo italiano di 23 anni che vive a Derry, nel Nord Irlanda. Scrivo perché vorrei parlare con la gente in Italia sul perché in una bella nazione come la nostra si viva così male. Per questo ho deciso di vivere a Derry. Infatti a 22 anni, dopo aver vissuto come tanti altri miei coetanei, non ce la facevo più a vedere disonestà e mancanza di rispetto. Nel catechismo il prete anziché dare un esempio di educazione era il primo a comportarsi da persona ineducata; nelle caserme i graduati rubavano a più non posso, negli uffici pubblici la gente cerca di rubarti il posto in fila e infine sul lavoro non si è trattati da persone. Nella fabbrica dove ho lavorato per un anno e mezzo ho visto fare di tutto. Persone insultate dal datore di lavoro solo per aver commesso uno sbaglio o persone che con un contratto a breve scadenza venivano messe in soggezione quando chiedevano di andare in bagno, e ovviamente erano sfruttate più del dovuto. Un'altra cosa scandalosa in Italia, se paragonata a questo posto, è tutto ciò che riguarda le inesistenti misure di sicurezza adottate nelle piccole fabbriche. I sindacalisti si vedevano solo quando passavano a chiedere i soldi per le tessere. Era molto facile capire chi erano i sindacalisti, visto che ogni sindacalista aveva almeno 5 familiari e non so quanti amici che lavoravano là dentro. Dopo aver sopportato tutte queste ingiustizie per 15 mesi ho detto basta; così ho iniziato a schierarmi contro chiunque cercava di violare i diritti del lavoratore in mia presenza. Il risultato è staco quello di essere lasciato a casa perché ero in scadenza di contratto. Però tuttora sarei pronto a ringraziare il mio ex datore di lavoro, visto che da quel momento c'è stata una svolta nella mia vita. Qui a Derry ho trovato gente che mi tratta da persona. Penso che alla base di tutto ci sia l'istruzione. In Italia abbiamo un livello molto basso di istruzione grazie alle persone che hanno il potere, che ci mantengono nella non conoscenza per poterci cosi raggirare come vogliono. Gli onesti sono costretti a lasciare l'Italia: posso dire che sono comunque tante le persone che non sopportano la situazione italiana visto il gran numero di emigranti. E pensare che si parla di Derry solo per l'Ira e gli attentati: io penso di aver trovato gente stupenda che ogni giorno mi insegna qualcosa e che soprattutto mi accetta per quello che sono ovvero un semplice ragazzo italiano che ha ricominciato a sognare. Mi piacerebbe capire se in Italia ci sono ancora persone che la pensano come. Raffaele raphael74@usa.net Cattolici, l'importante sono chiarezza e verità Caro «cattolico devoto e praticante» Maurizio Benino di Torino. La Chiesa del cardinale Giordano di Napoli è la Chiesa del post-Concilio nel senso anti-conciliare. La Chiesa del Concilio di papa Giovanni XXIII è stata relegata nel soffitto vaticano 20 anni fa con l'elezione dell'attuale papa Giovanni Paolo II, il papa del capitalismo moderato. Un altro dei vescovi della Chiesa Liberista wojtyliana è l'arcivescovo lituano Marcinkus, allontanato con premura anni fa in America, la patria dei «liberisti». Tra la Chiesa pre-concihare di Pio XII e quella post-concihare di papa Wojtyla c'è quella conciliare di papa Giovanni, imbavagliata e congelata negli archivi vaticani wojtyliani. Un suo precedente cardinale di Torino, uno dei principali fondatori della Chiesa del Concilio, padre Michele Pellegrino, il cardinale «rosso», silurato all'ultimo conclave dalla corrente di destra del card. Wojtyla, rilasciava dopo pochi mesi, il 10 maggio 1981 a Gian Mario Ricciardi de La Stampa, parlando anche dei preti sposati cui era favorevole: «Sta rinascendo un centralismo romano. Bisogna riconoscere che certe recenti nomine (non faccio nomi) hanno sorpreso. E non sono state fatte per garantire l'attuazione del Concilio». La Chiesa di papa Wojtyla, del vescovo Marcinkus e del card. Giordano è post-conciliare, non «concibare»: prima la chiarezza e la verità e poi il servilismo dei cattolici devoti e praticanti! Sac. Antonio de Angelis, Genova Prete sposato del movimento conciliare «Noi siamo Chiesa» Libero arbitrio e cinture di sicurezza Condivido in pieno l'indignazione di chi invoca più multe per chi sfreccia nel completo disprezzo dei limiti di velocità, parlando al telefono e fumando e, aggiungo io, non rispetta la distanza di sicurezza in autostrada. Quanto alla violazione dell'obbligo delle cinture mi pare che la decisione dovrebbe rientrare nella sfera del Ubero arbitrio, così come vi rientra quella di indossare o no la maglietta di lana, di viaggiare a 90 km/h piuttosto che a 130, di prendere la pillola contro il mal di testa.Né vale a questo proposito l'argomentazione che i danni derivanti dagli incidenti non colpisco¬ no solo l'individuo ma hanno anche un costo sociale. Non esiste nessuna legge che impedisce di arrampicarsi su di una parete di sesto grado, o immergersi in mare a decine di metri di profondità o lanciarsi col deltaplano. Eppure si spendono mihoni e si rischiano vite per salvare i nostri moderni «eroi»! Andrea Botto Rapallo (Genova) Teniamoci il vero inno nazionale Ciclicamente si ripresenta la ridicola querelle sull'inno di Mameli. Inutile pensare di sostituirlo con un'opera di Verdi o Mascagni: se fosse orecchiabile, cosa ci direbbe? La concepiremmo come una canzone, ma non ci ricorderebbe la Patria; sarebbe come i successi dell'estate, ma allora perchè non adottiamo una canzone degli 883, o Vita spericolata di Vasco Rossi? Finiamola con queste idiozie e teniamoci il vero Inno d'Itaba. Carcassola Filippo Trezzo sull'Adda (Mi) «Signor ministro non mi nasconderò mai» Ho letto sulla Stampa di ieri, in un articolo dal titolo «Divide l'Uhvo l'apertura all'Udr», che il ministro Bindi è inquisita perché nell'Udr c'è una classe dirigente nascosta. E che il ministro parlasse ai me è fin troppo chiaro dal momento che ha chiamato in causa una mia intervista su Tangentopoli nello scorso numero di Panorama. Vorrei subito tranquillizzare la mia vecchia compagna di partito. Non mi sono mai nascosto né mi nasconderò mai, perché, come ha dimostrato la magistratura dopo ben 20 processi, non sono un corruttore né un corrotto e la mia unica colpa è quella di non aver dichiarato alla Camera dei deputati i contributi ricevuti per le campagne elettorali. In questi anni, come è noto, ho continuato a parlare e a scrivere di politica su alcuni quotidiani nazionali, non ho mai spento la mia pas¬ sione politica ed ho dato, e continuerò a dare, il mio contributo di pensiero e di parola all'Udr che ritengo sia la proposta politica più interessante di questi ultimi anni. Vorrei, però, chiedere una cortesia a Rosy Bindi di cui ho sempre apprezzato il grande acume politico (non a caso il Ppi è invidiato da molti). Avendo violato la legge sul finanziamento ai partiti vorrei avere una pubblica mortificazione. Vorrei che Rosy Bindi spiegasse a me e ai lettori come finanziò la sua campagna elettorale dell'89 nella lista della De capeggiata da Giuhb Andreotti. E' una cortesia che peraltro non le fa correre alcun rischio (come si sa in giro ci sono molti magistrati che tifano per il centro-destra) perché sino a tutto ottobre '89 tutti i finanziamenti illeciti sono stati amnistiati. Ma la risposta della Bindi consentirebbe a chi scrive una pubblica mortificazione avendo io finanziato con contributi non dichiarati la campagna elettorale del capogruppo De al Parlamento Europeo negli anni in cui la stessa Bindi faceva parte di quel gruppo. Io, Severino Citaristi, Arnaldo Forlani e tanti altri amici saremmo lieti di una sua risposta che probabilmente ci farebbe capire sempre più i nostri errori. Se poi volesse addirittura ricevermi, le direi in un orecchio le modalità di finanziamento della sinistra De anche se di questo può chiedere al consigliere nazionale del Ppi e suo antico compagno di corrente Marcello Pagani, persona di grande perbenismo, che fu destinatario, per conto terzi, di 300 milioni della famiglia Ferruzzi così come dimostrò l'indagine sul processo Enimont. Paolo Cirino Pomicino, Napob Le lettere :'%^anno inviate, -rV a LA STAMPA\ 1 1 #'Vio Marenco 32,10126 TORINOYJ W fax 011 - 6568924 1 e-mail lettere@lQstampa.it I