«Non perdonerò mai quei vigliacchi»

«Non perdonerò mai quei vigliacchi» Domodossola, l'imprenditrice racconta la prigionia: subito temevo che volessero violentarmi «Non perdonerò mai quei vigliacchi» Sgarella: sono cattolica, ma mi hanno fatto troppo soffrire DOMODOSSOLA. «Quando mi hanno presa, sotto casa, ho temuto che volessero violentarmi. Ero terrorizzata, ho tardato a realizzare che si trattava di un rapimento. Quando ho capito, sono rimasta sotto choc per diversi giorni. Per un mese intero non ho praticamente dormito. Sono stati i momenti peggiori della mia prigionia». Sotto i pini del bel giardino della villa di famiglia, in via Ida Braggio a Domodossola, dove ha trascorso tranquillamente la prima notte di libertà dopo 266 giorni di segregazione, Alessandra Sgarella racconta alcuni brandelli della sua terribile esperienza. Lo fa senza sfiorare aspetti che possano riguardare l'inchiesta giudiziaria, non parla dei luoghi della prigionia e di modalità del rilascio. Le è accanto il marito, Pietro Vavassori, che le tira la maglietta se le domande riguardano particolari sul rapimento. Ma non ce n'è bisogno: Alessandra dimostra di sapere con esattezza che cosa dire e a che punto fermarsi nel racconto. E' serena, sorridente, si concede perfino qualche battuta. Ieri mattina, si è alzata abbastanza presto, attorno alle 7,30. Dopo ima veloce colazione, è scesa in giardino con i nipotini, Lorenzo e Margherita, e l'inseparabile cagnetto Bic che non smette un attimo di l'arie festa. Trova cronisti e telecamere appostate fuori dai cancelli, rientra un po' contrariata. Poco dopo le 10, l'imprenditrice esce dai cancelli della villa sulla Mercedes scura della famiglia per andare dal parrucchiere, di fronte alla sta- zione internazionale di Domodossola, a due passi dalla sede legale dell'Italsempione, l'azienda di famiglia. Con il parrucchiere parla dell'acconciatura e del suo cane, non una parola sul sequestro. Poi un pranzo col marito e i genitori in un ristorante sul lago di Mergozzo, a 30 chilometri da Domodossola. E al rientro accetta di raccontare quello che può. Signora Sgarella, come si sente dopo la prima notte a casa? «Mi sento fortissima, piena di vita e di ritrovata energia. Vede quel pino alto? Potrei arrampicarmi fino alla cima in pochi secondi. Credo di essere stata forte anche durante la lunga prigionia. Lo sono stati, forse più di me, i miei familiari. Ne ero sicura, questa convinzione mi ha aiutato ad andare avanti nei momenti più difficili. La persona che ha sofferto di più è stato mio padre. An¬ che di questo ero sicura». A Natale in questa villa di Domodossola c'è stato un breve, triste pranzo fra i suoi familiari. Lei come l'ha passato? «A Natale mi hanno dato da mangiare una mozzarella. Era gelata. Non è stato un bel Natale, non poteva esserlo». Ha pianto? «No, non in quel giorno. In altre occasioni sì, ho avuto momenti di ce¬ dimento anche se sono sempre riuscita a riprendermi. Sapevo che non potevo lasciarmi andare». Che cosa pensa dei suoi rapitori? «Esattamente quello che pensavo prima di finire nelle loro mani. Sono dei disgraziati, non hanno la minima idea di che cosa possa essere la vita umana. Non potrò mai giustificare quello che hanno fatto, quella di strappare una persona ai suoi cari per nove mesi e un azione vigliacca. Io sono cattolica, ma non mi sento di perdonare. C'è qualcuno più in alto di me che può decidere se perdonare». Come è stata trattata? «I miei rapporti con i carcerieri, che non erano i rapitori materiali, sono stati civili. Non c'è mai stata violenza né crudeltà da parte loro. Il dialogo è stato quello che può esserci fra un sequestrato c i suoi seque- stratori. Io li ho martellati spesso parlando in continuazione dei miei affetti familiari. Non so cine quale sia stata la loro reazione, avevano le facce coperte dai pasòainoutagna. Per l'alimentazione non no patito molto, mi davano Iruua e verdura, che mi hanno fortificato, e anche formaggio. Per un celio periodo ho avuto regolarmente un quotidiano e qualche rivista. Nel primo mese, ho sofferto molto freddo, non posso dire di più. Ultimamente sono stata anche male mi hanno procurato e puii.dn. dei me dicùiali con i quali ho potuto supe rare le crisi. Ho peiso comunque qualche chilo, anche se adesso mi sento veramente in ibi za». Questa sera sarà alla Messa di ringraziamento per la sua linerazione nella Chiesa Collegiata di Domodossola? «Non credo di poter partecipare, anche perche pei uggì ho altri appuntamenti ufficiali. Suini multo selvatica e propnu questa mia natura mi ha permesso di sopravvivere noi momenti più terribili. Ma pei la stessa ragione non diventerò inai un personaggio puimiicu, avi eie capito che sono piuttosto allergica ai riflettori. Ho saputo che a Domodossola ci suno state molte iniziative di solidarietà, anche da pane di persone che non conosco, che Hanno dato coraggio ai miei familiari. Ringrazio tutti, veramente ai cuoi e, sono rimasta colpita dalla sensibilità dei Domesi», Adriano Velli li RICORDO «Per il pranzo di Natale ho avuto una mozzarella gelata. Nei momenti di cedimento scoppiavo a piangere ma poi mi dicevo che non potevo lasciarmi andare alla disperazione Loro comunque con me sono stati sempre civili» LA FAMIGLIA «Mi sento fortissima e lo sono stata anche durante la prigionia Non avevo dubbi che a casa chi provava più dolore era mio padre Ho martellato i miei carcerieri parlando in continuazione dei miei cari» 1

Persone citate: Adriano Velli, Alessandra Sgarella, Pietro Vavassori, Sgarella

Luoghi citati: Domodossola, Mergozzo