«Sbagliato accordarsi con Cossiga» di Cesare Martinetti
«Sbagliato accordarsi con Cossiga» «Sbagliato accordarsi con Cossiga» Occhetto: il Pds non s'illuda, lui è più furbo BOLOGNA DAL NOSTRO INVIATO Aspetta, Achille. Dice di essere tranquillo». Ma aspetta sulla riva del fiume che (massi il cadavere» della «vecchia politica del piccolo cabotaggio e delle piccole furbizie» e si capisce che pensa al cadavere del campione di questa politica, Massimo D'Alema, bersaglio virtuale di un'ora e un quarto di requisitoria del vecchio segretario al nuovo leader. Occhetto torna a Bologna, fa vibrare la memoria e raccoglie un trionfo: «Io qui ho dato la mia vita, la mia intelligenza, la mia cultura per fare la svolta, non per entrare nel salotto buono italiano». Applausi. L'ultima «furbizia», spiega Occhetto, è l'apertura a Cossiga di cui Achille chiese V impeachment quand'era al Quirinale e picconava. «Piccola furbizia» anche questa perché il «vero furbo è Cossiga» che non vuole fare l'ago della bilancia, ma sfilare le forze cattoliche dal centrosinistra e diventare il vero leader del centrodestra. Occhetto riconosce all'ex Presidente di essere stato il primo a dire che la De era «finita» e dice che lui lo ha sempre visto come un avversario «intelligente», ma che in un'ipotesi di Italia bipolare, Cossiga si sarebbe collocato dall'altra parte. Immaginare di imbarcarlo a sostegno del governo, è un'«illusione», è il frutto di un «dslirio di onnipotenza», di una politica che tende ad «assorbire tutta la paccottiglia italiana», dei partiti trasformati in «comitati elettorali». Achille Occhetto gira per la Festa dell'Unità di Bologna e ricorda che da queste parti, alla Bolognina, annunciò la «svolta», nove anni fa. Arriva nell'area dei dibattiti e incontra il vecchio Cesare Masina, segretario di quella sezione dell'Anpi che lo bacia e lo abbraccia: «Achille, quando vieni di nuovo da noi? I compagni mi chiedono: sono passati quasi dieci anni e cosa pensa Achille?». Occhetto dice che tornerà, ma per sapere cosa pensa basta aspettare pochi minuti. Paolo Franchi, editorialista del Corriere, dovrebbe interrogarlo su «governare il mondo», si finisce per parlare quasi subito di Italia e di quelle «due sinistre» nelle quali Occhetto non si riconosce. La sinistra «opportunista» e quella «velleitaria», quella di D'Alema e quella di Bertinotti, quella che si è «accontentata di andare al governo e quella che come i vecchi pugili suonati si mette in guardia appena sente suonare un campanello pensando che sia il gong». E' capitato, dice Occhetto, con il voto sulla Nato in cui Rifondazione ha fatto scattare un vecchio riflesso da guerra fredda. Con il partito di BertinottiCossutta, Occhetto non è tenero: «Non è capace nemmeno di fare mia battaglia di alternativa vera». Vecchi, troppo vecchi. Tra gli «opportunisti» e i «pugili suonati» sta succedendo, dice Occhetto tra gli applausi della Festa, che la sinistra sta perdendo idealità e identità. E lo dice alzando la voce, ricordando la «sua» svolta come se volesse dire: io qui ho fatto la storia. Adesso - aggiunge - tutti si candidano a tutto: si dice che Violante voglia fare il Presidente della Repubblica e D'Alema (citato per nome solo in questa circostanza) il presidente del Consiglio. «Io - dice Occhetto - mi accontento di fare il presidente della bocciofila. E aspetto...». Il congresso del partito («Da tanto tempo non ne facciamo mio vero») e il referendum sulla legge elettorale per il quale ha raccolto firme con Segni e Di Pietro: «Se la Corte Costituzionale non ci blocca, e non ce n'è ragione, i sì vinceranno a man bassa». E allora passerà il «cadavere»? Achille firma autografi e sorride. Cesare Martinetti Il fondatore del Pds Achille Occhetto: ieri sera era alla festa nazionale dell'Unità di Bologna
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