Tallone, tesori in tipografìa

Tallone, tesori in tipografìa A Parma un secolo di «arte stampata» Tallone, tesori in tipografìa BORGOTARO DAL NOSTRO INVIATO La «macchina ferroviaria caricata sempre a carbone, disponibile all'accensione per i ragazzi suoi e degli amici», insomma la locomotiva conservata in giardino e qui descritta da un celebre passo di Gianfranco Contini, hanno dovuto lasciarla ad Alpignano, nella storica stamperia. Ma il resto, e cioè i libri, le prove di stampa e persino il poncio rosso regalato da Pablo Neruda ad Alberto Tallone è da ieri, fino a lunedì, a Borgotaro, per un'esposizione molto bella dedicata a un maestro neanche troppo segreto del '900, di cui si ricorda quest'anno il centenario della nascita e il trentennale della morte. La mostra algidamente s'intitola «Esposizione d'arte tipografica A. Tallone», e rende bene la misura un po' elusiva di nitore eccezionale e pathos segreto, motore di tutto, che caratterizza non solo Alberto Tallone ma la sua «dinastia», all'opera nella tipografia di Alpignano. A Borgotaro il figlio Enrico e l'antiquario di Parma Emanuele Ferrari hanno portato libri e ricordi preziosi. C'è l'edizione della Divina Commedia del '39, la prima che firmò col suo nome, e quella della Vita Nova sempre dello stesso anno, che ancora figurava stampata, con caratteri Tallone, dal Darantière, il suo maestro parigino; ci sono i frontespizi e gli abbozzi di alcuni suoi libri, con le minutissime correzioni per avvicinare o distanziare i caratteri ed ottenere quell'effetto sottolineato da Ferrari, di «dare un'identità consona e inconfondibile a ogni voce», di aderire in modo totale, dal punto di vista della realizzazione del libro, alla voce del poeta. E poi ci sono i suoi famosi ca- ratteri, «figli» di quelli usati da Darentière e «creati» nel '49, che vengono usati ancor oggi dagli eredi. L'omaggio di Borgotaro nel «Museo delle mura», nasce anche, come ci spiega l'assessore alla Cultura, Ernesto Ferri, dal desiderio di sottolineare l'esistenza in paese d'una antica tipografia perfettamente retaurata, e in fondo anche dalla cocincidenza con il premio del Pen Club (l'associazione internazionale degli scrittori) che si assegna oggi nel castello di Compiano, pochi chilometri più a monte sulle strada che porta oltre l'Appennino, verso il mare. Una tappa per bibliofili sul cammino degli scrittori, ma non solo. Una tappa, anche (nel Parmense di Gian Battista Bodoni), per sottolineare come la stampa possa vibrare così all'unisono con il testo da diventare essa stessa un'opera d'arte. Nel caso di Tallone questa adesione è sempre totale. E come sapeva bene ad esempio Pablo Neruda (che scrisse e si fece stampare una Ode alla tipografia) a volte può essere un supplemento di verità. Senza aggiungere, solo ascoltando. Alberto Tallone, come ci ricorda il figlio Enrico, fu in questo severissimo. Ma qualche volta si lasciò tentare dai colori, e qui in mostra ci sono due delle rarissime occasioni: le edizioni di Racine e Molière illustrate dal francese Henry Lemarié e i Neruda interpretati da Ugo Nespolo. Sono i famosi «pochoir», dal nome delle mascherine che vengono usate per coprire parzialmente sezioni di disegno ed evitare sbavature durante la pittura con inchiostro di china. E a guardarli, moderni irripetibili incunaboli, si ha agio di riflettere sull'irrinunciabile necessità di Tentatori. (m. b.]

Luoghi citati: Alpignano, Compiano, Parma