Di Bella, segnali di pace
Di Bella, segnali di pace Il fisiologo modenese apre alla Bindi, ma ribadisce: «La mia terapia anticancro non è fallita Di Bella, segnali di pace «Accordo serio e torno a collaborare» LECCE. «La sperimentazione non è fallita: il numero di casi esaminati non dice nulla perché solo da qualche centinaio di casi non è possibile estrapolare una regola generale: quindi o vi è malafede o ignoranza. Tuttavia, potrei anche fare con il ministero della Sanità una nuova sperimentazione sulla mia terapia anticancro a patto che non mi si prenda per il naso». Sarà il calore della gente, saranno gli applausi che lo accolgono all'arrivo davanti alla pretura di Maghe, ma Luigi Di Bella usa toni concilianti. Soprattutto, si rivela disponibile a una nuova sperimentazione. Non poco, dopo le dichiarazioni di guerra, le accuse che avevano accompagnato l'esito deludente dei primi risultati dei test del ministero sulla sua terapia anticancro. Secondo Di Bella - che prima è stato in procura a Roma, poi dal pretore Madaro - il protocollo da lui sottoscritto «non è stato osservato»; non sarebbero stati somministrati a suo dire la vitamina D3, «fondamentale per tutti i tumori», né il ciclofosfamide, il medicinale chemioterapico. In particolare la miscela vitaminica indicata dal professore modenese «non corrispondeva» alla sua terapia, così come la somatostatina, «gran parte della quale proveniente dalla Grecia e dalla Ci- na», sarebbe stata «in una maniera o nell'altra difettosa provocando effetti secondari tali da far smettere ai pazienti l'assunzione». Ma quello indicato dal prof. Di Bella come uno degli elementi prioritari dei risultati «deludenti» della sperimentazione è «l'eccessivo tecnicismo» che contraddistingue i medici di oggi. «Il medico di oggi - ha detto con il suo tono da vecchio saggio - non sa più come si fa a diagnosticare in un certo modo, non sa più usare un endoscopio perché la meccanica si è talmente evoluta da trascurare le capacità raziocinanti». E questo - ha aggiunto - «non è un difetto solo dei medici italiani, ma un difetto mondiale, anzi delle nazioni tecnicamente più evolute». Così l'anziano professore si è scagliato contro la «potenza economica, finanziaria e scientifica degli Usa, tale da far ruotare tutto intorno ad essa: se un medico non va in America ha rivelato - o non pubblica qualcosa in quel Paese, non è riconosciuto come tale dalla comunità intemazionale». Forte della sua concezione medica, il prof. Di Bella ha detto con rammarico di non aver visto «neppure imo dei malati inclusi nella sperimentazione che invece andrebbero visitati, analizzati, seguiti». E si è rammaricato anche del fatto che nessuno dei sette medici incaricati di seguire la sperimentazione, ai quali tenne nell'ospedale di Roma due ore di lezione per spiegare la sua metodologia, si sia mai recato nel suo studio per qualche consiglio. 11 prof. Di Bella ha escluso qualsiasi tossicità della sua terapia: «Sono io un animale da sperimentazione perché la terapia io la faccio su di me da 40 anni». «Dovremmo allora farla tutti» ha commentato alla fine il pretore Madaro. Il professore modenese è stato sentito per un'ora e mezzo dal magistrato che, più di ogni altro, lo ha sostenuto nella sua battaglia. Di Bella ha promesso al pretore che gli fornirà circa un migliaio di cartelle cliniche di suoi pazienti che avrebbero tratto giovamento dalla sua terapia. La documentazione, insieme con tutta quella che il magistrato sta già raccogliendo da medici e malati provenienti da molte regioni italiano, sarà inviata anche al ministero della Sanità perché venga valutata. Proprio nell'udienza scorsa del primo settembre, il direttore dell'Istituto superiore di sanità, Giuseppe Benagiano, aveva annunciato che sarà fatto «un ulteriore studio descrittivo di tutti i pazienti che ritengono di aver avuto benefici dal trattamento Di Bella». ls. t.J «Sono pronto a sperimentare ancora con il ministero a patto però di non essere di nuovo preso per il naso» Il professore modenese Luigi Di Bella
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