L'ex Presidente e la metamorfosi Ds

L'ex Presidente e la metamorfosi Ds FUORI DAL CORO L'ex Presidente e la metamorfosi Ds ONOREVOLE D'Alema, che ingrigisce migliorando, è davvero un bel tipo. Di Cossiga pensava il peggio che si potesse pensare. Ai tempi uveui Achille Occhetto e il suo stato maggiore, di cui lui faceva parte, proponevano di processare il Capo dello Stato per tradimento della Costituzione, D'Alema era tra i duri che non volevano sentire ragioni. Quel processo poi non si fece perché era soltanto parte di un apparato retorico fatto di «speroni di legno e segni di gesso per simulare li accampamenti», per dirla con Machiavelli. Dunque, per D'Alema a quell'epoca Cossiga era un criminale, oltre che matto come un cavallo (dove sono finiti tutti coloro che sostenevano una forma di pazzia per eccesso di liquerizie?). E poi golpista in quanto capo confesso di Gladio spacciata dal partito di D'Alema e da altri come la madre di tutte le stragi e dei misteri d'Italia, cosa che poi non è risultata nei fatti. Altro frastuono e poi nulla: soltanto effetti speciali. Cossiga era però ancora, nella mente del vertice del Pds, il diavolo in persona. Ma poi, ecco che Cossiga fonda l'Udr con il dichiarato proposito di «rottamare» gli attuali poli considerati entrambi inadatti per servire il cittadino elettore. U commento sarcastico del segretario del Pds fu: «Non mi sembra decoroso che un ex Presidente della Repubblica si metta a fare politica». Questo finché sembrava che Cossiga volesse banalmente contendere la leadership del centrodestra a Berlusconi con il quale D'Alema pensava di aver formato una strana coppia e per di più fissa. Non è chiaro se il segretario del Pds volesse poi davvero intimidire il Senatore a vita minacciandolo di riaprire tutti i tormentoni d'un tempo, ma comunque riuscì a recapitargli almeno un fortissimo segnale di non-gradimento. Il giudizio non era dunque cambiato. Ma ecco che si arriva ai giorni nostri: l'Udr sostiene il governo Prodi sull'allargamento della Nato e poi arriva a prospettare un voto «responsabile» per la Finanziaria. Ed ecco che accade il miracolo: Cossiga viene scortato fuori dall'inferno dei cattivi e traslocato nell'anticamera limbica del paradiso di cai sostiene il governo. Si arriva così a ieri l'altro, quando abbiamo visto Massimo D'Alema parlare dell'Udr nel parco termale di Telese in modo del tutto medito: pacato, sereno e ragionevole. Il partito di Cossiga era I di colpo diventato degno della più I scrupolosa attenzione e del mas¬ simo rispetto. E non già per banali calcoli tattici, ma proprio per le sue profonde potenzialità politiche, la sua ipotesi di progetto e di consenso. U giudizio di D'Alema su Cossiga si era dunque capovolto: l'orditore di trame era ormai un bravo ragazzo con un onesto disegno sotto il braccio. Ma, sorpresa: rientrato in casa, il segretario del Pds si è trovato di fronte una parte dei suoi invelenita, a cominciare dalla coppia ProdiVeltroni che vede molto bene il grave pericolo della strategia dell'Udr che consiste proprio nel tentare di mettere in crisi il governo e la sua maggioranza sostituendosi nei voti a Bertinotti proprio per lasciare il Re se non nudo almeno in mutande. Ma a questo punto, e purtroppo, il segretario del Pds non se l'è più sentita di ripetere a Roma ciò che aveva detto a Telese ed ha stiracchiato i termini della questione riducendoli al ragionamento del mucchio: ben vengano i voti di chiunque, purché finiscano nel cemento del centrosinistra. Ora la domanda ci sembra questa: perché un uomo intelligente oltre che pratico come il segretario del Pds non ha trovato la forza di ripetere in casa ciò che aveva detto in trasferta? La risposta sembra ovvia: per non avere grane, per scontentare il meno possibile, e per incassare il massimo. Ma questa condotta ci sembra che serva soltanto a collezionare occasioni perdute, con abbondante decadimento della politica delle idee e della dignità. Esattamente ciò che è già accaduto e seguita ad accadere con i giudizi espressi sulla Lega da Berlusconi nel '94, poi dal Pds all'epoca del ribaltone e oggi dalla stessa Udr che confessa per altro il suo interesse puramente tattico: i giudizi sulla Lega sono sempre stati e restano schizofrenici, funzione dell'ultima scampagnata di Bossi il quale è ora buono («costola della sinistra»), ora «grand vilain» soltanto in vista del possibile utilizzo dei suoi voti. La politica è anche questo. Ma che si riduca solo a questo non ci sembra un buon segnale. Paolo frizzanti

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