«Ancora liberi 7-8 rapitori» di Paolo Colonnello

«Ancora liberi 7-8 rapitori» «Ancora liberi 7-8 rapitori» //pm Nobili: ma la banda è la stessa INTERVISTA IL GIUDICE CHE CONDUCE L'INCHIESTA MILANO OTTOR Nobili, da 1 a 100, quanto si ritiene soddisfatto per come sono andate le cose? «Per la liberazione di Alessandra Sgarella, ovviamente, sono soddisfattissimo. Per come sono andate le indagini, direi al 70-80%». Alberto Nobili, il magistrato antimafia che insieme con il collega Alfredo Robledo (in questi giorni in ferie) ha coordinato l'inchiesta sul sequestro di Alessandra Sgarella, osserva dalla sua auto la folla di giornalisti che, 20 metri più in là, assedia la casa dell'imprenditrice appena rientrata nel suo appartamento. Nobili, uno dei più impegnati nella lotta alla criminalità a Milano, scende dell'auto, si appoggia al cofano, accende una sigaretta. Il volto è scuro, pensieroso. Ma come, non è questo il momento più bello per un magistrato che indaga su un sequestro? «Certo è bello, ma sono stanco. E poi a Reggio Calabria, durante la conferenza stampa, si è sentita subito aria di polemica». Beh, francamente non ci crede nessuno che Alessandra Sgarella sia stata liberata senza il pagamento di un riscatto. «Capisco. Ma io devo attenermi ai fatti: il blocco dei beni della famiglia Sgarella è tutt'ora in atto. A me non risulta in alcun modo che sia stato pagato un riscatto e così ci hanno detto i famigliari. Non vedo perché non dovremmo credergli. In ogni caso queste sono le apparenze ed è chiaro che non ci limiteremo ad esse. Ci saranno ancora indagini, interrogatori». Dottore, l'impressione è che voi stessi siate stati colti alla sprovvista. E' così? «Non proprio. Anche se nessuno poteva sapere il giorno preciso in cui sarebbe avvenuta la liberazione, avevamo capito che era imminente. Mi creda: non c'erano state indicazioni. E da quando abbiamo arrestato parte della banda, il 26 giugno, non ci sono stati altri contatti, nessuna richiesta, niente». Forse non lo sapevate voi, ma il marito di Alessandra, Pietro Vavassori, ha dimostrato di sapere benissimo quale sarebbe stato il giorno: era addirittura nel paese dove sua moglie è stata liberata. Come si spiega? «Non lo so. Dovremo sentirlo. Ma posso dire che il signor Vavassori era ben al corrente delle indagini che stavamo svolgendo e che erano concentrate proprio nella zona dove è stata liberata la signora Sgarella. Erano nove mesi che non la vedeva. Può aver deciso autonomamente di spostarsi in loco e aspettare, dopo aver intuito l'imminenza della liberazione. E poi voglio aggiungere una cosa: Vavassori si è dimostrato un uomo eccezionale, collaborativo, molto forte. E così, per quel poco che le ho parlato, mi è sembrata anche Alessandra, due persone straordinarie». Scusi, dottore, ma lei quando ha saputo che il signor Vavassori era in Calabria? «... Ieri sera». E pretende che si creda alla favola delle «intuizioni»? «Mi rendo conto. Ma è andata così. E poi, se davvero fosse stato pagato un riscatto, la presenza o meno del marito, non avrebbe cambiato nulla. Anzi, forse la sua presenza in Calabria dimostra proprio la buona fede di chi non sapeva fino all'ultimo come sarebbero andate le cose». Voi inquirenti, invece, quando avete capito che stava per succedere qualcosa? «In questi ultimi giorni. Il "pressing" a cui avevamo sottoposto la banda era ormai fortissimo. Molto utili sono stati i confidenti che ci hanno permesso di individuare la zona dove Alessandra Sgarella era probabilmente tenuta in ostaggio». Che è la Locride, la più classica per i sequestri di persona. Soprattutto lontana dalla zona dove avevate arrestato parte della famiglia Lumbaca. «La zona non siamo noi a sceglierla. Comunque è chiaro che Alessandra Sgarella è stata spostata più volte, almeno due o tre». E sempre dai componenti della stessa banda? «Noi crediamo di sì». Nonostante il cervello del gruppo fosse stato, secondo voi, catturato? «Pensiamo che a gestire questa seconda parte del sequestro siano stati altri sette o otto elementi ma sempre dell'area Lumbaca. Gente che aveva avuto indicazioni precise, ma che poi non ha potuto reggere la nostra pressione». Esclude che Alessandra Sgarella sia stata «venduta» ad un altro gruppo criminale? «Ancora non si può esclduere niente. Però bisogna considerare che normalmente un ostaggio "passa di mano" quando diventa remunerativo. Normalmente quando i famigliari hanno già pagato una parte del riscatto. Ma così non è successo. E Alessandra Sgarella, data la presenza massiccia delle forze dell'ordine in Calabria, era diventata perciò un ostaggio difficile da gestire. No, non credo sia stata "venduta". Se così fosse stato, questo sequestro sarebbe andato avanti ancora per un altro anno». Dottor Nobili, lei è convinto che la linea della fermezza, del blocco dei beni fino all'ultimo, sia quella giusta? «Io sono per la linea della ragionevolezza. Fin quando c'è la speranza di poter intervenire, di catturare i sequestratori, di liberare l'ostaggio, allora bisogna essere duri, mantenere il blocco. Ma quando ci si rende conto che la partita è perduta è meglio pagare. Prima di tutto c'è la salvezza e la vita dell'ostaggio». E questo che caso è stato? «Il blocco dei beni è ancora in atto no? Giudichi lei». Paolo Colonnello

Luoghi citati: Calabria, Milano, Reggio Calabria