«Da 5 anni collezionavo bambini»

«Da 5 anni collezionavo bambini» IL RACCONTO DI UN ORRORE «Da 5 anni collezionavo bambini» Confessa in carcere il medico di Catanzaro CATANZARO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Da cinque anni passava parte del suo tempo ad aumentare queUa sua passione. Cinque anni. Si dice che nel giro mondiale dei pedofib telematici, per essere presi in considerazione dagb altri occorre possedere almeno cUecimila immagini di creature in pose hard. Lui, allora, era diventato sicuramente un'autorità. Più di 110 mila immagini collezionate su Cd-Rom, dischetti, nell'hard disk del computer davanti al quale faceva le ore piccole. E adesso che tutto è finito nelle mani della pobzia, lui, Guido Ferreri, il ventottenne laureato in medicina, arrestato a Catanzaro neU'inchiesta contro i pedofili via Internet che ha interessato mezza Europa, sembra avere una sola preoccupazione: non perdere per sempre quel patrimonio. Già, nelle due ore passate ieri a rispondere alle domande di un magistrato della procura di Catanzaro, Ferreri non pareva avere grosse preoccupazioni per altro. Non certamente per le conseguenze che quel suo patrimonio particolare potrà portargli né per quelle sul piano della libertà. «Sì, è tutto vero, confermo quello che ho raccontato alla polizia, ieri, quando mi hanno arrestato», ha detto in buona sostanza Ferreri al sostituto procuratore Simone Luerti. E di fronte alla premura del suo avvocato, Nino Gimighano, nel sm- cerarsi che quelle confessioni alla polizia fossero state davvero spontanee, Guido Ferreri non ha battuto ciglio: «Sì, ho detto la verità, spontaneamente». Ferreri ha raccontato di quegli scambi attraverso Internet, ha detto dei suoi contatti con le altre due persone arrestate (l'ingegnere di Napob e l'impiegato di Roma), ha ammesso di avere acquisito da Internet immagini «pedo-pornografiche» (come dicono gb investigatori della pobzia postale), scaricandole nel suo hard disk, e ha confermato, con identico candore, di averne immesse lui stesso in rete, Spesso, Ferreri, passava cinque o sei ore per notte davanti al monitor del suo pc, a godere di quelle bambine in posa e a condividere con altri navigatori telematici quella sua insana passione. Passione insana, per lui solo passione. Di insano, nel gusto di cliccare con lente d'in- grandimento del computer sulle parti più intime di una creatura di quattro anni, Ferreri, evidentemente, non ci trova nulla. Visto che durante l'interrogatorio ha trovato persino naturale sorridere, quasi scherzarci su, come quando tra sedicenni si commentano le grazie dell'insegnante particolarmente procace. Nessun problema,, nessun segreto. Ferreri ha fatto i nomi di molti suoi compari, davanti al magistrato. Laureatosi in medicina, aU'Università di Catanzaro, il 18 marzo scorso, Guido Ferreri aveva accesso anche al computer deUa Cattedra di Farmacologia del capoluogo calabrese, tant'è che gb investigatori ne hanno sequestrato la memoria di massa e la stanno analizzando. La madre del giovane fa la spola tra Catanzaro e Torino (dove la famiglia aveva vissuto fino a venti anni fa) pare per problemi di salute. Il padre, un ingegnere, è morto sei anni fa. Una sorel¬ la vive con lui a Catanzaro. Durante l'interrogatorio, Guido Ferreri, in una stanza del carcere di Catanzaro, non si è mai scomposto, non ha mai mostrato segni di turbamento, neppure di fronte alle contestazioni più pesanti su quella sorta di «scambio culturale» (come evidentemente lo intende lui) che la polizia ha portato fuori dall'infinito eppure ristretto mondo di Internet. A tratti il giovane è sembrato persino orgoglioso di tutta quell'attenzione riservata a quel suo mondo, a quella dimensione che ritrovava ogni volta che poneva mano al mouse, sul tavolo della sua stanza, nella villetta a due piani con giardino in cui vive nel quartiere Santa Maria, zona di mezzo tra Catanzaro e la sua Marina. Che c'è di strano, dov'è il male in quel patrimonio di «bellezza», in quella immagini che mi scambiavo, si sarà chiesto tante volte Ferreri nelle ultime ventiquattr'ore. La legge? Sì, quando è entrata in vigore quella nuova sulla pedofilia telematica - ha ammesso davanti al magistrato - ce lo siamo chiesti, tra noi, se era il caso di distruggere davvero quel nostro patrimonio. «Ma una raccolta così ricca, così profondamente bella...», dev'essersi risposto Ferreri. Visto che fino alla sera prima dell'arresto pare abbia continuato a scambiarsi quei file proibiti. Rocco Valenti Nel suo archivio custodiva centodiecimila foto di ragazzini costretti in atteggiamenti erotici «Scambiavo le immagini ma non ho mai ripreso minorenni in pose particolari»