Tangentopoli, D'Alema dice sì alla commissione di Maria Grazia Bruzzone

Tangentopoli, D'Alema dice sì alla commissione Tangentopoli, D'Alema dice sì alla commissione ROMA. Di Pietro è incredulo, vuol sentirlo con le sue orecchie, il capogruppo Mussi e lo stesso coordinatore dei ds Minniti prendono le distanze dal presidente deUa Camera. L'apertura di Luciano Violante alla Commissione di inchiesta su Tangentopoli cara al Polo e bocciata da Walter Veltroni spacca l'Ulivo e gli stessi diessini. Finché D'Alema non spiega che, a suo parere, la proposta del vicepremier di una «sessione speciale sulla giustizia» come premessa per un'uscita politica da Tangentopoli, non è affatto alternativa alla commissione di inchiesta, sia pure a certe condizioni. Il segretario della Quercia dice di sì ad entrambe e invita il Polo, che esorta l'Ulivo a scegliere fra Violante e Veltroni, ad aiutare invece la maggioranza a decidere, finendola con gli attacchi ai magistrati. Un tema caldissimo e ormai urgente, quello della commissione di inchiesta su Tangentopoli, «congelata» a luglio quando l'Ulivo si accorse che rischiava di finire in minoranza. Ormai il voto incombe. Il presidente della Camera l'ha messo in calendario il 23-24 settembre (martedì prossimo approda in commissione Affari Costituzionali) e il Polo questa volta non ha nessuna intenzione di accettare ulteriori rinvìi. Così, il coordinamento dell'Ulivo che si riunisce stamattina alle nove e mezza e tra i tanti argomenti all'ordine del giorno ha anche la giustizia, non potrà certo fare a meno di affrontarlo, cercando una posizione comune. Non sarà facile. Il fuoco di sbarramento dei «contrari» ieri si arricchito di nuove autorevoli voci. Antonio Di Pietro rifiuta persino di credere che Violante abbia detto di quel che ha detto: ossia che alla commisione di inchiesta «è favorevole, soprattutto dopo che il Polo ha accettato certe condizioni» perchè «l'Italia ha diritto di conoscere le responsabilità politiche della corruzione». «Vorrei sentire esattamente le sue parole, non credo che Violante l'abbia detto così esplicito», si schermisce l'ex magistrato di Mani Pulite, che vede la commissione come fumo negli occhi e non vuol sentir parlare di dialogo con Berlusconi («Non ha senso tendere la mano a chi ti sputa in faccia»). Fabio Mussi è più netto a prendere le distanze dal presidente della Camera. «Violante fa il suo mestiere. Una commissione non si nega a nessuno. Ma lui non vota», dice. E torna a ribadire il suo no: «Per noi i contenuti e gli obiettivi di quella commissione sono inaccettabih». «Violante ha espresso una sua valutazione personale, che rispettiamo. Tuttavia continuiamo a ritenere non condivisibile lo spirito e l'impostazione con i quali il Polo ha affrontato la questione», gli fa eco Marco Minniti, segretario organizzativo della Quercia. Che considera invece «un riferimento che va nella giusta direzione» la proposta di Veltroni. «Si tratta ora di vedere quali provvedimenti dovrebbero essere inseriti nel confronto parlamentare». D'accordo con Violante, e favorevole alla commissione di inchiesta, è invece Rinnovamento Italiano. Marianna Li Calzi, responsabile giustizia, trova l'intervento del presidente della Camera «quanto mai opportuno e puntuale, vista la sua professionalità e competenza su queste cose». Per la responsabile giustizia di Ri «Non ci sono interferenze fra commissione su Tangentopoli e norme anticorruzione. Anzi, è quanto mai necessario che le due cose procedano in parallelo». Berlusconi tace. Ma il presidente dei deputati di Forza Italia Pisanu fa muro. «Non c'è nessun dialogo sulla giustizia, almeno finché il centrosinistra non deciderà una posizione comune». Quanto alla commissione, «se Mussi e Minniti non la vogliono, è sufficiente che votino contro. In ogni caso noi esigeremo che il calendario sia rispettato». «Abbiamo accettato gli emendamenti del diessino Soda e i ds hanno detto sì nelle sedi istituzionali - spiega il ecd Giovanardi -, Un nuovo voltafaccia sarebbe vergognoso». A tarda sera, dalla festa dell'udr a Telese, arriva il punto di vista di Massimo D'Alema, d'accordo con la commissione di inchiesta, «ma a certe condizioni», e con la proposta di Veltroni «di impegnare il Parlamento in una sessione riformatrice sulla giustizia». «E' vero che sull'istituzione della commissione nella maggioranza ci sono diverse posizioni: ma, proprio per questo, è l'opposizione che deve convincerci a sostenere la propria richiesta. Al contrario e D'Alema si rivolge a Gianfranco Fini, che gli aveva rimproverato uno scarso coraggio neU'imporre la propria tesi - ci state costringendo a dire di no con le vostre continue accuse ai magistrati». Maria Grazia Bruzzone

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