Rifondazione, separati in casa

Rifondazione, separati in casa Primo duello fra i leader in segreteria: restano le divergenze sul giudizio verso il governo Rifondazione, separati in casa //partito verso il congresso straordinario ROMA. «Dopo di noi, il diluvio». La riunione della segreteria nazionale di Rifondazione, dopo tre ore e passa, è terminata, e Bertinotti s'infila in macchina, osserva la pioggia, e scherza parodiando il Re Sole. «E' andata bene, oggi è stata una buona giornata per noi», commenterà poi con i suoi uomini. E, naturalmente, è vero. All'uscita della riunione, dichiara alle telecamere: «Alzeremo il tiro, il governo non ha mantenuto i suoi impegni». Per Cossutta invece «restano all'interno del partito le divergenze, soprattutto per la valutazione delle conseguenze di un'eventuale rottura col governo». E chissà se ci crede, il presidente, a quell'aggettivo che pure lui stesso usa: «eventuale». Perché dentro la riunione, tra le porte chiuse al terzo piano, non si sono scambiate strette di mano, ma sguardi gelidi. Tanti i momenti di «divergenza». Perché Bertinotti faceva notare che la politica sulla concertazione, la proposta Ciampi e quella di Treu sono inaccettabili, e Cossutta rispondeva: «Bene, allora facciamo su questo un ampio confronto nella maggioranza». Oppure Bertinotti attaccava nuovamente Nesi, «ma come si permette di dire che le 35 ore devono essere vincolate alla Finanziaria?», e Cossutta di rimando: «Ma se bocciamo la nota aggiuntiva, con quale strumento portiano a casa le 35 ore?». Solo un tentennamento dal segretario: «Vero, perché quel che contano sono gli indirizzi. Ma ormai un indirizzo questo governo l'ha preso, con Ciampi, e non va certo bene per noi». Non che Cossutta si sia accontentato: «Ma perché respingi quello che potrebbe essere lo strumento?». Il presidente non ha rinunciato agli affondi, ma non c'è stato nulla da fare: Bertinotti è rimasto sulle sue posizioni. Tra i due, il mo- mento colloquialmente più aspro si è registrato quando Cossutta ha chiesto al segretario di arrivare a una sintesi, cercando di stringerlo a una politica chiara verso il governo. Ma come si fa, gli ha risposto Bertinotti, ad arrivare a una sintesi in questa fase? «Si fa come si fa in un partito, Fausto, perché Rifondazione non è un club», ha sibilato Cossutta. Di fatto, dunque, Bertinotti ha respinto punto su punto tutte le ipotesi che divergessero dalla sua linea politica, dopo che Cossutta l'aveva pubblicamente accusato di impostarla ormai in modo assai diverso dal mandato datogli dall'ultimo congresso. E ha lasciato l'impressione, Bertinotti, di essere più favorevole a una rottura col governo, come del resto va ripetendo ai giornali da giorni. Ma dalla segreteria si è usciti con uno scadenziario di ferro: se sarà svolta o rottura, lo si deciderà in un Comitato politico nazionale che verrà convocato appena la Finanziaria verrà resa nota dal governo. Poi, i giochi interni al partito si vedranno al congresso, l'anno prossimo. E dunque, quel che sarà della crisi di governo che potrebbe verificarsi se davvero mancassero i voti di Rifondazione alla Finanziaria, è difficile dirlo. La gestione del gruppo di Rifondazione alla Camera è stata attaccata dal fedelissimo bertinottiano Franco Giordano: e questo perché Cossutta aveva ricordato che alla Camera seggono 21 parlamentari cossuttiani. Dichiarazione interpretata da molti giornali come una «messa a disposizione» di quei voti che peraltro non basterebbero a salvare il governo: i deputati dell'udr sono invece 29. Ma l'attacco che i cossuttiani hanno sferrato in questi mesi alla linea politica del segretario potrebbe anche puntare a un cambio di segreteria: ed essendo oltretutto circolato il suo nome, ieri Diliberto ha smentito, «escludo un cambio di segreteria». Ma questo non vuol dire: al congresso potrebbe accadere di tutto, si potrebbe perfino arrivare a una «segreteria colle- giale». Intanto la distribuzione dei pesi tra le due correnti è una girandola di dati: «Nessuna regione si è ancora pronunciata», protestava ieri il bertinottiano segretario della Liguria, Marco Nesci. Ieri sono stati diffusi i dati di fonte bertinottiana. Che coincidono con quelli degli altri su un punto: in Comitato politico Bertinotti ha la maggioranza. Chi si dice convinto, pur avendo esortato a farlo, che Bertinotti non romperà col governo, è uno dei due leader della minoranza. Marco Ferrando fa notare che Bertinotti «a fronte di tagli per 9 mila miliardi, e a una pioggia di privatizzazioni, chiede piccole cose, anche ridicole. Gli basta la riduzione dei ticket, qualche agevolazione sui libri di testo, sull'Agensud non chiede più nemmeno sulle assunzioni». Dice Ferrando che Fausto il Rosso «farà come nel '96, come nel '97, si prenderà il poco che gli danno per poter dire che la svolta è iniziata grazie a lui». Speriamo bene, speriamo che sia davvero così. Un segnale «tranquillizzante» è anche che ieri Bertinotti ha fatto sapere che, fuori o dentro la maggioranza, Rifondazione non lascerà solo l'Ulivo quando sarà il momento di eleggere il presidente della Repubblica. Antonella Rampino Il SEGRETARIO «Va bandita l'idea della scissione anche se la divisione non sarebbe traumatica E ora una verifica nel centrosinistra perché il piano Treu non ci soddisfa» Il PRESIDENTE «Permangono tutte le differenze anche sull'andatura del nostro partito sulla sua funzione e sul suo carattere Dovrà essere un forte partito comunista di massa o deve cambiare?» A sinistra il segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti A destra il presidente del partito Armando Cossutta

Luoghi citati: Liguria, Roma