Prodi: una Finanziaria per il Mezzogiorno di Raffaello Masci

Prodi: una Finanziaria per il Mezzogiorno E Rifondazione alza il prezzo: non ci basta più l'inserimento delle 35 ore nella manovra Prodi: una Finanziaria per il Mezzogiorno Su 80 mila miliardi di investimenti, 36 mila al Sud ROMA. La nuova legge finanziaria sarà «leggera», «di qualità», e «punterà soprattutto al Sud», secondo le definizioni che ne ha dato lo stesso presidente del Consiglio Prodi. Si tratterà cioè di una manovra essenziale di circa 13 mila miliardi, per un terzo provenienti da entrate e per due terzi da tagli. Di più non è dato sapere, in quanto Prodi, nella prima riunione ministeriale dedicata alla manovra di fine anno, non è andato oltre una illustrazione delle linee generali, stando almeno a quanto ha riferito il ministro Berlinguer all'uscita da Palazzo Chigi. Nei dettagli - ha sempre detto Prodi nella riunione di ieri - entrerà poi il ministro del Tesoro Ciampi, ieri assente per i funerali del fratello. Come punti fermi della nuova finanziaria restano i tagli già rnnunciati (alle spese sociali degli enti locali, alla sanità, ai bilanci ministeriali) e restano soprattutto confermati il varo dell'Agensud e i nuovi massicci investimenti in infrastrutture che il ragioniere ge- nerale dello Stato Andrea Monorchio ha confermato essere di circa 80 mila miliardi di cui 36 mila solo al Sud. Insomma, quella che si va delineando dovrebbe essere una finanziaria che punti ad aggredire la disoccupazione: giovanile e meridionale in particolare. I sindacati hanno chiesto di essere ricevuti e di poter dire la loro nel merito dei tagli e degli investimenti (lo ha riferito Cofferati). Le organizzazioni dei medici hanno battuto cassa per avere maggiori investimenti nella Sanità. Ma tutto questo appartiene alla routine. Si è ancora, dunque, alle prime schermaglie, anche perché Ciampi non ha ancora detto di quanto limerà i 100 mila miliardi di trasfe- rimenti richiesti dai vari dicasteri, e soprattutto non ha detto a carico di chi lo farà. Possiamo concluderne che la battaglia di merito è rinviata a dopo il 27-28 settembre, data in cui la finanziaria sarà pronta per essere presentata alle Camere. Anche perché ora è una pregiudiziale politica a gravare sull'intera manovra, ed è quella presentata da Rifondazione. Bertinotti aveva chiesto «una svolta», un salto di qualità forte e visibile in materia di occupazione. L'altro ieri il suo responsabile economico Neri Nesi aveva fatto balenare l'ipotesi che se le 35 ore avessero trovato posto nel collegato alla finanziaria, quella si sarebbe configurata come una onorevole mediazione per recuperare i voti dei neocomunisti alla causa del governo. Ieri invece Bertinotti ha fatto capire che una mossa del genere non basterebbe più: «Non si può vendere al mercato sempre la stessa merce» ha detto, e poiché sulle 35 ore l'impegno del governo c'è già stato - «anzi doveva già essere tutto risolto entro luglio» - la questione è chiusa, non resta che vidimarla. E a questo punto «noi -. ha detto ancora Bertinotti - alzeremo il tiro chiendo un grande impegno, una grande svolta politica». E Franco Giordano, bertinottiano responsabile per i problemi del lavoro, ha lasciato intendere che cos'è che il Prc vuole e cosa non vuole: «La logica che si sta au¬ mentando - ha dichiarato - anche ccn la propostra Ciampi sul patto sociale, è quella della flessibilità. E iscrivere la riduzione dell'orario di lavoro in questo contesto per noi è sbagliato e controproducente». In sostanza, nemmeno con le 35 ore nel collegato, la finanziaria potrebbe contare sul voto del Prc. Il governo - secondo i neocomunisti - dovrebbe rinnegare il «patto» Ciampi - flessibilità in cambio di investimenti - che aveva avuto buona accoglienza da Confindustria e sindacati. E così Bertinotti va a «rompere le uova nel paniere» nell'altro tavolo parallelo che pure ieri si è aperto a Palazzo Chigi, quello sul rinnovo della politica dei redditi e che vede impegnate le parti sociali e il ministro del Lavoro Treu. La finanziaria del dopo Euro, dunque, rischia di venire abortita prima ancora di essere presentata. E questo viene guardato con preoccupazione dai guardiani dell'ortodossia monetaria europea. Il ministro delle Finanze tedesco Theo Waigel, in una intervista al «Mondo», elogia la politica dell'Ulivo, ma invita a non derogare dalla linea del rigore: «L'Italia ha messo a segno prestazioni notevoli - ha detto - ma bisogna che questa linea continui. Bisogna mettere sul tavolo il programma di stabilità e applicarlo». Che a Bertinotti piaccia o meno: va da sé. Raffaello Masci I presidente del Consiglio Romano Prodi

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