La morte a un passo dalla salvezza

La morte a un passo dalla salvezza Diretto a Ginevra, il pilota tenta un atterraggio d'emergenza a Halifax: «C'è La morte a un passo dalla salvezza S'inabissa il jet Swissair da New York, 229 vittime NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Ancora sette, otto minuti di volo e sarebbe arrivato all'aeroporto di Halifax, già pronto ad accogliere il suo atterraggio d'emergenza. Ma non ce l'ha fatta, ì'Md-11 della Swissair partito mercoledì sera da New York e diretto a Ginevra, a portare a termine quell'ultimo tratto di volo verso la salvezza. Quando il pilota, Urs Zimmermann, 50 anni, ha segnalato che c'era del fumo in cabina, che doveva scendere il più presto possibile e che aveva già cominciato a liberarsi del carburante per evitare che l'incendio si espandesse, era a 11.000 metri di altezza. Quando è «scomparso dai radar» era a meno di 3000 metri. Non si sa (non si saprà fino al ritrovamento della «scatola nera»), perché l'aereo non è riuscito a continuare la sua discesa regolare verso Halifax e si è invece inabissato al largo di Peggy's Cove, un tranquillo e ameno villaggio della Nova Scoria dove in questa stagione i pescatori cessano di fare il loro mestiere per trasformarsi in intrattenitori dei turisti. Ma si sa che il comandante era preparato alla possibilità di non arrivare alla pista di Halifax. Le 36 vittime, su un totale di 229, recuperate fino a ieri pomeriggio avevano tutte i salvagente, che evidentemente erano state invitate a indossare. La gente del villaggio se l'è sentito passare sulla testa, l'aereo. «I motori erano in funzione, ma mandavano un rumore strano, una specie di prolungato, profondo mormorio», dice Claudia Zinck-Gilroy. «Non si vedeva nulla perché era buio, ma ho notato che sono passati un paio di secondi fra il momento in cui il rumore dei motori è cessato e quello dello scoppio», aggiunge Darrell Fralick, pescatore di 27 anni. «In quel preciso istante ho guardato l'orologio, non so perché l'ho fatto: erano le 10.35». Molti di loro hanno subito preso il mare con le loro barche nella speranza di salvare qualcuno e sul posto si sono subito recate alcune navi della Marina Militare canadese e della Guardia Costiera, nonché elicotteri e aerei, mentre il centro di pronto soccorso di Halifax, messo in piedi tanto tempo fa ma mai «resosi necessario» finora, entrava in azione con un'efficienza prodigiosa. Nel giro di una ventina di minuti, tutte le squadre previste erano al loro posto, compresi centinaia di volontari, gli ospedali della zona erano pronti ad accogliere i feriti e decine di ambulanze si erano allineate sul molo, pronte a prendere in consegna le persone raccolte dalle navi militari o dalle barche dei pescatori le cui luci si vedevano in lontananza, ogni tanto cancellate dalle onde. Erano complessivamente una trentina, una piccola città sul mare, i natanti che facevano su e giù, sotto la pioggia, nel punto in cui si supponeva l'aereo fosse caduto. A un certo punto si è sparsa anche la voce che ci fossero dei sopravvissuti. Perfino il viceconsole svizzero di New York, Manuel Saga, corso subito all'aeroporto Kennedy da dove l'aereo era partito, aveva confermato la notizia, e al centro di Halifax si erano ancora di più galvanizzati. Non era vero, c'era stata confusione perché qualcuno, nel parlare dei primi corpi che erano stati trovati, non se l'era sentita di definirli con l'u¬ nica parola ormai rimasta per loro e li aveva chiamati «pazienti». Ma la speranza non voleva cedere e si è andati avanti fino al mattino nel tentativo di avere una conferma di qualche sopravvissuto. Solo dopo le ripetute segnalazioni via radio di quelli che erano laggiù, sulle navi, ci si è dovuti rassegnare: nessuna delle 229 persone a bordo si era salvata. Non i due neonati di nazionalità ancora non nota, non Jonathan Mann, eminente figura della ricerca contro l'Aids che si stava recando a Ginevra con la moglie Mary Lou, anche lei ri¬ cercatrice, per partecipare a un convegno dell'Organizzazione mondiale della sanità, non i dieci esponenti di varie organizzazioni dell'Orni (quel volo della sera da New York a Ginevra, cioè le due sedi principali delle Nazioni Unite, è da sempre il preferito del loro personale), non i 28 cittadini svizzeri, i tre italiani, i 30 francesi, i sei inglesi, i tre tedeschi, i due greci. Poi c'erano, una per Paese, persone dell'Arabia Saudita, della Yugoslavia, dell'Afghanistan, dell'Iran, della Spagna, della Russia e dell'isola caraibica di St. Kitts. Terrorismo? E' stata la prima domanda che tutti si sono posti, appena appresa la notizia della tragedia. Ma lo stesso Presidente Bill Clinton, che si trova in Irlanda ma è stato continuamente tenuto al corrente, a un certo punto ha detto formalmente che non c'era il minimo indizio che indicasse una possibilità del genere e anche l'Fbi ha detto la stessa cosa. Da New York è comunque partita una squadra di dieci specialisti della Federai Aviation Administration per «aiutare i colleghi canadesi» nell'indagine che è già cominciata. Franco Pantarelli ILTIMI imam. PASSEGGERI 229 (215 PASSEGGERI, 14 EQUIPAGGIO) TRE ITALIANI, 136 AMERICANI RESTI DI AEREO SPARSI PER SEI MIGLIA. NEL PUNTO IN CUI IL JET E' PRECIPITATO IL MARE E' PROFONDO UNA CINQUANTINA DI METRI RICERCHE M SONO IMPEGNATE UNITA' NAVALI CANADESI, 11 ELICOTTERI E PESCHERECCI DELLA VICINA CITTADINA DI PEGGY'S COVE europa?' canada OCEANO T LAN Ti CO GINEVRA! L'AEREO SWISSAIR ERA DECOLLATO DA NEW YORK, DOVEVA ARRIVARE A GINEVRA ALLE 9,30 DI GIOVEDÌ1 MATTINA. IL PILOTA DELL'AEREO AVEVA TENTATO UNA MANOVRA DI ATTERRAGGIO AD HALIFAX MA NON E' RIUSCITO A RAGGIUNGERE L'AEROPORTO. E' PRECIPITATO IN MARE AL LARGO DEL VILLAGGIO DI BLADF0RD. 1 Africa J A sinistra, una motovedetta ai largo di Peggy's Cove in cerca di possibili sopravvissuti Sotto, il corpo di una delle vittime trasportato in barella A destra, investigatori canadesi al lavoro su alcuni frammenti recuperati dell'aereo

Persone citate: Bill Clinton, Claudia Zinck-gilroy, Darrell Fralick, Franco Pantarelli, Jonathan Mann, Kennedy, Manuel Saga, Mary Lou, Urs Zimmermann