Stelle, strisce e tricolore

Stelle, strisce e tricolore Le rassegne parallele al festival cambiano: ma soltanto di nome Stelle, strisce e tricolore Una squadra di divi Usa e molta Italia VENEZIA. «Mezzanotte» è diventata «Notte e Stelle», «Prospettive» sostituisce tutto insieme l'ex «Mezzogiorno», l'ex «Panorama italiano», l'ex «Finestra sulle immagini», insomma è un calderone onnicomprensivo che raccoglie lunghi e corti, fiction e documentari, prodotti nazionali ed esteri. Come «leggere» il programma parallelo della Mostra? All'insegna gattopardesca del «tutto cambi perché tutto rimanga invariato»? Oppure la sostanza è davvero cambiata? Nel caso di «Notti e Stelle» la formula è quella di sempre (perché rivoluzionare una formula che funziona?): film spettacolari e divi, ovvero Hollywood, Hollywood, Hollywood, e tanto valeva chiamare la sezione «Stelle e Strisce». Su 11 titoli, 8 sono americani e attesissimi: da «The Truman Show» di Pe- ter Weir con Jim Carrey a «Ronin» di John Frankenheimer con Robert De Niro e Jean Reno, da «A Perfect Murder», remake dell'hitchcockiano «Delitto perfetto», con Michael Douglas e Gwyneth Paltrow a «He Got the Game» di Spike Lee con Denzel Washington, da «Out of Sight» con George Clooney a «Another Day in Paradise» con Melarne Grrffith. A confrontarsi con cotanto squadrone scende in campo per il resto del mondo un trio: «The Red Violin» di Francois Girard, il regista canadese di «32 piccoli film su Glenn Gould», che inaugura stasera la rassegna, «Lautrec» del francese Roger Planchon e in chiusura «Radiofreccia», debutto di Luciano Ligabue. Per le «Prospettive», è cambiato il modo di fruizione. Firmate da altrettanti curatori, le varie sezioni avevano una loro filosofia, che non c'è più: ora prevale l'idea «insieme allo sbaraglio», ognuno per sé. Per esempio, nonostante le polemiche, i lungometraggi nostrani alla fine sono così numerosi che nessuno potrà ragionevolmente lamentare l'abolizione della tradizionale vetrina tricolore: «La seconda moglie» di Ugo Chiti, «Ospiti» di Matteo Garrone, «Viol@» di Donatella Maiorca, «L'anniversario» di Mario Orfini, «Vite in sospeso» di Marco Turco sugli esuli politici a Parigi negli Anni 80 e «Onorevoli detenuti» di Giancarlo Pianta su un protagonista di Tangentopoli impersonato da Massimo De Francovich (per l'argomento, sugli ultimi due c'è curiosità). Un tempo la rassegna era autoreferenziale: mentre le singole pellicole sparse in un programma internazionale che compren¬ de film provenienti da Russia, America, Giappone, Algeria, Israele, ex Jugoslavia, Taiwan, Cina eccetera rischiano con più facilità di far rilevare le eventuali debolezze. Insomma, il discusso «ghetto» funzionava anche da guscio protettivo: sarà un bene averlo cancellato? L'unica sezione rimasta uguale a se stessa, non a caso, è l'autonoma «Settimana internazionale della critica» gestita dal sindacato critici italiani e diretta da Andrea Martini: opere rigorosamente prime (6) e seconde (1, l'italiano «L'odore della notte» di Claudio Caligari), una sensibilità alla novità del linguaggio e un'attenzione alle cinematografie minori e ai prodotti indipendenti. Alessandra Levantesi I PREMI / dieci premi della Mostra, senza possibilità di ex-aequo, sono: Leone d'oro per il miglior film; Gran Premio Speciale della Giuria; Leone d'argento per la migliore regia; Coppa Volpi al miglior attore; Coppa Volpi alla migliore attrice; Premio Marcello Mastroianni a un'attrice o un attore giovani emergenti; Osella d'oro per la migliore sceneggiatura originale; Osella d'oro per la migliore fotografia; Osella d'oro per le migliori musiche originali; Medaglia d'oro della Presidenza del Senato. LA GIURIA La giuria presieduta da Ettore Scoia, regista italiano, è composta da: Hector Babenco, regista brasiliano; Sharunas Bartas, regista lituano; Kathryn Bigelow, regista americana; Reinhardt Hauff, regista tedesco; Danèle Heymann, giornalista e critica francese; Ismail Merchant, produttore e regista indiano; Luis Sepùlveda, scrittore cileno; Tilda Stvinton, attrice e regista inglese.