Genocidio, prima condanna di Francesco Manacorda

Genocidio, prima condanna E' un ex sindaco: c'era la volontà di sterminare una etnia Genocidio, prima condanna Alprocesso sulle stragi in Ruanda BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Cinquantadue anni dopo il processo di Norimberga una corte internazionale torna a emettere una verdetto di colpevolezza per genocidio. Il Tribunale penale internazionale per il Ruanda creato dalle Nazioni Unite ha dichiarato ieri colpevole di questo crimine l'ex sindaco della cittadina ruandese di Taba Jean-Paul Akayesu, accusato di aver incitato i suoi conrittadini al massacro di oltre duemila tutsi nel 1994.1 tre giudici del Tribunale (Tpr) hanno riconosciuto Akayesu colpevole di genocidio, di incitamento diretto e pubblico al genocidio e di crimini contro l'umanità come lo sterrninio la tortura e la violenza sessuale. E' la prima volta nella storia del diritto internazionale che una Corte applica la Convenzione internazionale sul genocidio del 1948. Nella sentenza del Tpr il genocidio viene definito come un atto «commesso con l'intenzione di distruggere, integralmente o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in quanto tale». E lo stermìnio in Ruanda, dall'aprile al luglio del 1994, di oltre mezzo milione di cittadini di etnia tutsi da parte di gruppi di estremisti hutu rientra secondo il Tpr proprio in questa fattispecie: «C'era l'intenzione di eliminare i tutsi nel loro insieme - dice tra l'altro il verdetto - perché nemmeno i neonati venivano risparmiati». La pronuncia del Tribunale stabilisce anche per la prima volta che 10 stupro può essere un atto di genocidio «allo stesso titolo di altre azioni, nella misura in cui esse sono commesse con lo scopo di distruggere un gruppo particolare» e 11 Tpr ha stabilito che la violenza sessuale, comprese «le minacce, le intimidaziom e le estorsioni» di atti sessuali è stata «parte integran¬ te» della campagna di distruzione dei tutsi. Si tratta di un precedente importante anche per l'attività dell'altro Tribunale penale internazionale istituito dalle Nazioni Unite, quello per la ex Jugoslavia, che si è trovato in più di un caso a trattare casi di imputati accusati tra l'altro di violenza sessuale. La pena che verrà comminata a Akayesu, oggi quarantacinquenne, non è stata ancora decisa. Verrà stabilita in una nuova udienza del Tribunale e potrebbe arrivare fino all'ergastolo, la massima pena prevista dalle norme che regolano il Tpr. Una scelta troppo «morbida» secondo il Ruanda, che quattro anni fa aveva infatti votato contro la risoluzione dell'Orni che istituiva il Tribunale e che fino a oggi ha già condanno a morte 108 persone cat¬ turate nel suo territorio e processate per genocidio. Ancora più importante della condanna di Akayesu, per il suo peso politico, sarà la sentenza che lo stesso Tpr renderà pubblica domani, stabilendo la pena da infliggere all'ex primo ministro ruandese Jean Kambada, che si è già dichiarato colpevole di genocidio il 1° maggio scorso. Adesso il Tribunale, che nella sua caccia ai responsabili di crimini commessi in Ruanda ha ottenuto la collaborazione di undici Stati nei quali sono state arrestate trentun persone, dovrà trovare Paesi disposti a mettere a disposizione le loro carceri per i condannati. La Norvegia e la Danimarca hanno già dato la loro disponibilità. Le due pronunce del Tpr sono state accolte con estremo favore dal Segretario dell'Orni Kofi Annan, anche perché le Nazioni Unite sperano che in qualche modo esse ridiano fiato al Tribunale per la ex Jugoslavia, spesso al centro di critiche per le difficoltà incontrate nel catturare i ricercati e nell'emettere sentenze. Molto soddisfatti anche i promotori della Corte penale internazionale permanente, la cui istituzione è stata decisa in luglio a Roma. Il Commissario europeo Emma Bonino parla di un «avvenimento di straordinaria importanza nella storia della giustizia internazionale» che ((rappresenta un incoraggiamento per una rapida ratifica» da parte di tutti i firmatari del trattato per la nuova Corte. Francesco Manacorda

Persone citate: Emma Bonino, Jean Kambada, Kofi Annan, Taba Jean