E il governo resta a guardare

E il governo resta a guardare DALkA FkiMA PAGINA E il governo resta a guardare D'Alema: ci bastano i voti di Cossutta | due che una volta erano I una coppia affiatatissi9 ma ora o si ignorano, o si guardano in cagnesco: il primo parla del secondo come di un traditore, di uno che «colpisce alle spalle senza preavviso»; l'altro, quando si trova tra quattro pareti amiche, per definire l'excompagno ricorre al termine pazzia e a tutti i suoi possibili sinonimi. Insomma, non si fidano più l'uno dell'altro tanto che da ieri nella sede di. Rifondazione ci sono due capi uffici stampa, uno per Bertinotti e un altro per Cossutta. Purtroppo con questo litigio che da politico diventa sempre più personale dovranno fare ì conti un po' tutti. Romano Prodi e Walter Veltroni potranno legare il loro nome a quella strana invenzione che è l'Ulivo mondiale nell'incontro con Clinton e Blair del 21 settembre, ma poi in Italia dovranno mettere da parte queste strategie planetarie e riprendere il filo del discorso con Bertinotti. Lo stesso vale per Massimo D'Alema che si appresta ad aderire alla politica del nocciolo duro della socialdemocrazia europea, il nuovo asse franco tedesco Jospin-Schoroeder di cui ha parlato ieri questo giornale, in un convegno sull'occupazione organizzato dal Psf il 3 ottobre a Parigi di cui sarà uno dei relatori. Come farà il segretario diessino ad utilizzare argomenti che pottrebbero anche piacere a Rifondazione Comunista (si parla anche dell'introduzione di una sorta di «criterio di Maastricht» anche sull'occupazione), quando i neo-comunisti italiani sono impegnati in uno scontro interno tanto violento? Eh sì, il dibattito internazionale si muove con una velocità doppia rispetto a quanto accade in Italia. Da noi il confronto appare asfittico, confuso e, soprattutto, senza sbocchi. Tante polemiche, riunioni e incontri per lasciare tutto esattamente come prima. Alla fine dopo l'ennesimo braccio di ferro sulla finanziaria non ci sarà nessuna crisi di governo o, se ci sarà, basterà un rimpasto a rimettere insieme i cocci di questa maggioranza. In fondo è quello che pensano un pò tutti. Anche Prodi e D'Alema. Ieri in un colloquio telefonico i due hanno detto che bisogna fare il possibile per tenere dentro il governo tutta Rifondazione Comunista, ma hanno anche convenuto - per usare un'espressione del segretario della Quercia - che «i voti dei cossuttiani bastano a far passare la finanziaria». Del resto tutti e due i capi dell'Ulivo sono convinti che la vicenda si sta trasformando sempre più in uno scontro che ha una sola posta in gioco: la leadership dentro Rifondazione. Stando così le cose è probabile che da qui ad un mese lo stesso Bertinotti ci ripensi, che si individui un espediente per farlo rientrare, magari prendendo a pretesto la necessità di fare un congresso di chiarimento. Per motivi diversi tutti lo vogliono, da Prodi a D'Alema: semmai il meno interessato, sembrerà strano solo a chi è a digiuno di logiche comuniste, è proprio Cossutta. La sfida dell'Armando al Fausto, quella minaccia di «una conta» sembrano fatte apposta per aizzare il segretario a fare l'ultimo passo. Cossutta in ogni caso non avrebbe problemi: se Bertinotti farà la crisi con lui rimarranno la maggioranza dei parlamentari (dai 21 ai 24 deputati e quasi tutti i senatori); se non la farà, come è più probabile, lui appa- rirà come il vincitore dello scontro interno. Ad essere sintetici questo è il succo delle vicende di questi giorni. Visto che Bertinotti è un sindacalista ma non un kamikaze, alla fine si troverà, quindi, il modo per riaggiustare il tutto dopo che si saranno consumati fiumi di parole. Ma il problema è proprio questo: fin a quando il nostro paese potrà sopportare delle liturgie politiche così estenuanti? «La verità - osserva Giorgio La Malfa - è che da noi nulla cambia, ci si muove sempore in una situazione sfilacciata. Bertinotti, anche se volesse, non avrebbe la forza per fare la crisi. Massimo D'Alema alle prese con Silvio Berlusconi non ha un interlocutore all'altezza per tentare un'altra politica. E lo stesso Prodi vivacchia dato che nessuno lo sfida. Insomma, tiriamo a campare». Appunto, si tira a campare, ma intanto il divario tra i discorsi che i nostri politici fanno all'estero e quello che avviene nel nostro paese si allarga: tra quindici giorni negli Stati Uniti si parlerà di Ulivo mondiale, tra un mese a Parigi di una nuova socialdemocrazia europea, ma a Roma il governo italiano e la sua stabilità continueranno ad essere legati alle beghe tra il Fausto e l'Armando. Beghe che conoscendo gli odii che da sempre si consumano nella sinistra italiana sono destinate a durare. Augusto Minzolini La Malfa: «La verità è che da noi nulla cambia ci si muove in una situazione sfilacciata Anche se volesse Fausto non avrebbe la forza per fare la crisi. Il premier vivacchia e nessuno lo sfida. Insomma si tira a campare» Ieri una telefonata tra Prodi e il leader della Quercia «Meglio se restano insieme, ma noi siamo tranquilli» Il segretario del Pds Massimo D'Alema

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