« Bertinotti vuole la rottura »

« Bertinotti vuole la rottura » « Bertinotti vuole la rottura » Cossutta è sicuro: ormai ha già deciso RETROSCENA ^FONDAZIONE SFIDA FINALE ROMA ERITNOTTI vuole fare di Rifondazione «un partito a-istituzionale, una cosa a cavallo tra un grande partito radicale, un sindacato cangiante, una moderna cooperativa», e invece noi siamo comunisti. Bertinotti ha già deciso la rottura, per lui rompere con Prodi è una cosa che ha valore in sé, e invece noi vogliamo essere una grande forza capace di incalzare il governo sospingendolo a sinistra. Ed è per questo che il Bertinotti che ha approvato la Finanziaria di primavera adesso minaccia di passare per le armi quella d'autunno: perché lui ama lo sfascio tout-court. Anche interno al partito. E allora, tanto vale contarsi. Non le manda certo a dire Armando Cossutta nell'editoriale che oggi pubblica Liberazione. Dopo un mese e passa di silenzio stampa, Cossutta ha preso carta e penna per dire come la pensa, proprio lui che se n'era stato zitto, in quel di Bonassola, osservando assieme alla moglie Emi giorno dopo giorno la bufera che s'addensava dentro Rifondazione, i dissensi e poi i litigi esplicitati al limite dell'insulto tra membri autorevoli delle due fazioni, di qua i cossuttiani, di là i bertinottiani. E' una cosa che fa spesso Cossutta, quella di parlare solo al momento di mettere la parola «fine». Ma stavolta ha scritto di proprio pugno un piccolo pamphlet, una dozzina di cartelle vergate a mano, e le ha rese pubbliche il giorno prima della segreteria nazionale di Rifondazione. L'abbrivio è di marnerà, «Settembre è iniziato: si apre una fase importante per la vita politica del Paese e per il nostro partito». E le buone maniere, che sono da sempre nello stile del vecchio comunista che scelse di sostituire il primo segretario di Rifondazione, Fausto Garavini, con Bertinotti proprio «perché lui non è un cossuttiano», restano in tutto il testo. Nel quale però Bertinotti non viene mai nominato: l'unico riferimento diretto che Cossutta fa a Bertinotti, e non alla sua politica, è quando scrive che «altri, non io, ha probabilmente votato le risoluzioni unitarie pensando diversamente». Altri, cioè Bertinotti e i bertinottiani, che di fat to Cossutta accusa di malafede. Il presidente ricorda che «è cosa ovvia che un partito comunista possa mettersi all'opposizione di un tale governo», e cioè di un governo ben lontano da una politica di sinistra, insensibile al disagio sociale e alle esigenze dei lavoratori. Ripercorre il ragionamento che aveva tenuto unito il partito in tutte le sedi assembleari: ma dice chiaro e tondo che l'ultima volta forse non è stato così. In sostanza, che Bertinotti la rottura l'ha decisa a tavolino: «Ho la sensazione che una parte ampia del gruppo dirigente, a partire dal segretario (...) abbia già maturata la decisione di arrivare comunque alla rottura e di passare all'opposizione». Che Bertinotti voglia a tutti i costi far cadere il governo è una convinzione che Cossutta e i cos¬ suttiani coltivano da sempre: pur sapendo, e confidando a mezza bocca, di non ritenere che poi, alla fine, Bertinotti «avrà il coraggio di rompere davvero». Ma il rischio c'è, ed è evidente. Soprattutto, su questo rischio si consuma la conflittualità interna: che, a dispetto delle apparenze, non riguarda tanto l'atteggiamento da tenere con la maggioranza, i rapporti con Prodi, la Finanziaria, quanto la concezione e la stessa identità del partito. E da questo punto di vista, l'articolessa che Liberazione pubblica oggi è una vera e pro¬ pria dichiarazione di guerra, da parte del capo dell'armata. Il generale Cossutta, che ha trascorso una vita a colloquiare, tentando per giunta di influenzarle, con le vecchie volpi del Cremlino, e che si è visto per tutta l'ostate menar fendenti a mezzo stampa attorno al partito. E infatti, il testo prende anzitutto le difese di Nerio Nesi. Il potente presidente della Commissione industria della Camera, l'uomo che spiega il fenomeno Rifondazione ai banchieri d'affari inglesi e americani, è stato infatti in agosto duramente bacchettato da Bertinotti, che pure lo aveva scelto come suo consigliere economico, per aver proposto che la Finanziaria avesse come collegato un testo politico, un nuovo documento di programmazione economica, come fu per il primo centro-sinistra nel 1962. Perché - era il ragionamento di Nesi - la politica della svolta non si fa in un documento di programmazione economico-finanziaria. «Stai zitto» era stata la pubblica e brutale risposta dei colonnelli bertinottiani, e di Bertinotti medesimo. Questo pubblicamente, perché poi le cronache sarebbero piene di gustosi episodi: come la lettera che Rina Gagliardi, fede¬ lissima bertinottiana, avrebbe scritto a Nesi rimproverandolo di averlo visto a cena con Cossutta, in evidente complotto contro la persona del segretario. E' proprio dalla difesa di Nesi, ormai arruolato nelle file dei cossuttiani, che Cossutta muove per sferrare il suo attacco a Bertinotti. Ma tanto più la resa dei conti dentro Rifondazione si avvicina, tanto più per il governo si inaugurano fosche giornate. Sperando che il prossimo 9 ottobre non ci sia aria di crisi, com'è stato l'anno scorso. Antonella Rampino Un lungo articolo su «Liberazione» per difendere Nesi e lanciare al leader la dichiarazione di guerra: «E' giunta l'ora di contarci» stro Flick, proprio ilanciato l'azione giustizia, parlanvedimenti già ap ancora non se ne annunciando che documento sulla economica, l'o verrà posto allo 'obiettivo occupa- ,ggloja, Azzolini, Tajani. Tutti, trail vicepresidente della Camerafredo Biondi, nonché membro l'ufficio di presidenza di Fi, chefatti se la prende a male. «Trstrano che non abbia invitatoche me, che fra l'altro mi trovSardegna», dice risentito. Maria Grazia BruzzoUn lungo articolo su «Liberazione» per difendere Nese lanciare al leader la dichiarazione di guerra: «E' giunl'ora di contarci»

Luoghi citati: Bonassola, Roma