Operatori smaliziati e diffidenti di R. M.

Operatori smaliziati e diffidenti Operatori smaliziati e diffidenti Gli esperti si fanno cauti. Ipolitici: non vendete MILANO. I monitor che occhieggiano dalle «vetrine» delle banche continuano a attirare i passanti. Un curioso si ferma, ne arriva un altro, dopo un poco il gruppetto si infittisce, si scioglie, si riforma. La Borsa e la sua tempesta non sono ancora popolari come lo scudetto, ma diventano sempre più fenomeno di massa. Il popolo dei Bot, che da qualche mese si è trasferito armi e bagagli al listino, è meno bue di quanto si pensi. Molti hanno venduto massicciamente nei mesi scorsi, ai primi allarmi, molti ora scrutano i prezzi convinti che, tra breve, ci saranno di nuovo «occasioni d'oro». Nei Borsini delle banche il panico dei giorni scorsi sembra passato, anche se le piccole sale sono molto più affollate del solito. «La tendenza al ribasso? Ne avremo ancora per un bel pezzo» dice un signore attempato e aggiunge: «Si vede benissimo che buttano giù i titoli come l'Eni per ricomprarseli a prezzo di saldo». Il popolino della Borsa è più che mai so- spettoso, diffida dei grandi investitori, diffida delle previsioni degli analisti («che ne capiscono quelli? tutta gente da mandare in galera» è il commento acido di un altro). Dopo il tifone della scorsa settimana e il crollo di Wall Street, anche gli analisti rettificano le loro posizioni in senso più cauto: la sberla del Dow Jones di lunedì è stata un ful¬ mine a ciel sereno, meglio mettere le mani avanti. «Il rischio di una recessione mondiale è nettamente aumentato. Stimiamo che non sia lontano dal 50%» afferma Mike Dicks, economista della Lehman Brothers, mentre David Coleman, esperto che lavora per una banca canadese teme una «generale caduta» di fiducia, che potrebbe determinare «un ri¬ basso prolungato della Borsa Usa e una caduta dei consumi delle famiglie». Più ottimista David Kern, della National Westminster che osserva: «E' troppo presto per parlare di recessione mondiale, ma è chiaro che il segnale è verso un rallentamento dell'economia internazionale». Mark Miller, di Morgan Stanley, pur ammettendo di essere «preoccupato» aggiunge: «Allo stesso tempo vedo che le singole economie dei Paesi industrializzati sono tuttora solide». «L'attuale situazione azionaria aumenta le, probabilità di una recessione in Europa, ma non credo riuscirà a provocarla» gli fa eco Robert Barrie di Credit Suisse First Boston, banca d'investimenti che, pochi giorni or sono, ha indicato in un «rapporto» sull'economia europea un rallentamento della crescita del 2-2,5% nel 1999, sottolineando che, finora, «è stata proprio l'Unione Monetaria europea a proteggere il Vecchio Continente da un impatto più drammatico». Non sembrano particolarmente pessimisti i politici italiani. Interpellati, in coro consigliano: non vendete. «In momenti come questi bisogna fare come le canne al vento, piegarsi aspettando che passi la tempesta» consiglia il responsabile economico del Ds Lanfranco Turci e conclude: «I governi possono fare ben poco, possono però agire sul piano economico reale, e in questo senso l'approvazione della finanziaria e gli sforzi per realizzare il piano Ciampi per lo sviluppo sono la migliore risposta». Per Giulio Tremonti (Fi) «la globalizzazione dei mercati è stata molto più veloce della capacità di governo mondiaie dell'economia, le attuali istituzioni internazionali, a mio avviso, appaiono debolissime». Equilibrato anche Giancarlo Lombardi, impreditore laniero ed ex vicepresidente di Confindustria: «Il mio investimento non è di carattere speculativo» commenta «quindi non ho venduto proprio nulla». [r. m.]

Persone citate: Ciampi, David Coleman, David Kern, Giancarlo Lombardi, Giulio Tremonti, Lanfranco Turci, Mark Miller, Mike Dicks, Morgan Stanley, Robert Barrie

Luoghi citati: Boston, Europa, Milano, Vecchio Continente