E in Italia la legge non piace

E in Italia la legge non piace E in Italia la legge non piace Industria e sindacati: dobbiamo trattare ROMA. Le 35 ore, in Italia, sono un capitolo del confronto a tutto campo che da domani metterà di fronte governo, sindacati e imprenditori. Si parte con la Finanziaria per toccare i grandi temi del lavoro, dei contratti, del Meridione, del «sommerso», prologo alla verifica generale che all'inizio del '99 arriverà con il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. I temi sindacali veri e propri arriveranno in discussione giovedì, con l'avvìo della verifica sull'accordo di luglio '93 e di 35 ore si parlerà martedì 8, in coincidenza con la riapertura delle commissioni parlamentari. La riduzione, per legge, dell'orario di lavoro, ha scatenato dibattiti e polemiche fin dall'autunno scorso, quando è scaturita dall'intesa fra governo Prodi e Rifondazione comunista. In teoria, la legge dovrebbe essere approvata entro l'anno. Ma sulla bozza presentata a febbraio dal governo non c'è ancora intesa, anche se proprio ieri, dalle colonne della Stampa, la Confindustria ha dato la sua disponibilità a discutere globalmente il piano Ciampi, a patto che si tratti anche sulla riduzione dell'orario di lavoro. Grande scoglio da superare, l'introduzione «per legge» delle 35 ore. In ogni caso, gli industriali hanno già promesso che, se la legge divenisse realtà, raccoglieranno le firme per un referendum abrogativo. In realtà, il ghiaccio delle 35 ore è stato rotto un mese fa, con il contratto dei 280 mila dipendenti dei ministeri, che ha rivisto radicalmente la struttura delle qualifiche professionali ed ha abbassato l'orario di lavoro da 36 a 35 ore. E, a livello europeo, Italia e Francia hanno strappato all'Ecofin, in giugno, un mezzo «sì» alla proposta di orario ridotto. Ma i sindacati, con sfumature diverse e divisi inizialmente sull'opportunità di trattare con il governo, non hanno mai concesso grandi aperture alla legge. In sintonia con Confindustria, pur respingendo sempre l'ipotesi di un asse con gli industriali, continuano a sostenere che gli orari vanno affidati alla contrattazione. D'Antoni, leader della Cisl, ricorda che la legge può decidere l'orario legale «e non quello che la gente farà» e che il modello francese non può essere preso a confronto perché la Francia, non avendo la contrattazione nazionale, stabilisce l'orario per legge. Punto di riferimento del sindacato è l'accordo del '93, uno schema contrattuale «felicemente praticato». Quindi Sergio Cofferati, numero uno della Cgil, insiste sulla coerenza con quel patto: se alla legge si dovrà arrivare, precisa, «questa dovrà incentivare la contrattazione collettiva e riferirsi all'orario legale, così come è sempre stato». E Pietro Larizza, segretario generale Uil, prende a cuore gli interessi del Sud, che verrebbero penalizzati dalla legge, mentre una riduzione graduale dell'orario, tutta da contrattare, eviterebbe l'assurdo di produrre contemporaneamente licenziamenti e aumento di straordinari. [r. e. s.] Il ministro del Lavoro Tiziano Treu

Persone citate: Ciampi, D'antoni, Pietro Larizza, Sergio Cofferati, Tiziano Treu

Luoghi citati: Francia, Italia, Roma