A 9 anni, violentata per due ore
A 9 anni, violentata per due ore Dramma in Puglia, l'uomo è stato arrestato: prima della cattura ha anche picchiato il padre della bambina A 9 anni, violentata per due ore Minacciata dal maniaco: se parli, ti uccido BARI. Nessuno potrà toglierle dagli occhi quell'uomo, il suo sguardo, le sue mani grandi. L'ha rapita e violentata dicendole: «Ti ammazzo». Paola ha 9 anni. Lui 40. «Se parli ti uccido» diceva. «Uccido te e i tuoi genitori». L'ha stuprata per due ore in campagna dopo averla rapita, trascinandola in auto mentre la sorella di 11 anni e un'amichetta di 13 guardavano immobili, impaurite. Tornata a casa, la piccola non ha parlato. Temeva che Domenico Di Pinto, un pregiudicato attaccabrighe che a Bisceglie conoscono col vezzeggiativo «Mimmoccio», potesse fare del male anche a papà e mamma. E' rimasta nella sua stanzetta, muta. Poi, le insistenze dei genitori, ai quali la sorellina aveva raccontato del rapimento, l'hanno indotta alla confessione. E' scoppiata a piangere e ha parlato della sua terribile avventura. Con la sorella e un'amica al mare, poi il ritorno a casa e l'incontro con «Mimmoccio», che, in auto, l'ha fermata portandola via, in campagna. La piccola ha ripetuto le accuse ai carabinieri e Di Pinto è stato così arrestato con l'accusa di sequestro di persona e violenza sessuale su minorenne. Ma prima che i carabinieri gli mettessero le mani addosso, le ha messe lui sul padre della bimba, che voleva dargli una lezione. Il pregiudicato ha da principio negato la violenza, poi l'ha pestato, calci, pugni. Il padre della bimba è finito in ospedale per ferite, contusioni e una costola rotta. A Bisceglie tutti ora rivolgono un ringraziamento ai carabinieri che hanno finalmente tolto Di Pinto di torno, dicono che «era ora che lo prendessero», ma lo dicono spesso sottovoce, perché qui «Mimmoccio» è un personaggio che fa paura. L'hanno arrestato in piazza. In compagnia di altri pregiudicati, stava facendo la spesa. «Mi avete rovinato» ha detto, mentre i carabinieri lo portavano via e i suoi amici si allontanavano in silenzio. La vicenda di Paola risale alla metà di agosto. Con la sorella e un'amica erano andate al mare, su una spiaggia frequentata da amici e vicini di casa. Erano al sicuro. Alle 17, dovendo tornare a casa, scelgono una scorciatoia, una stradicciola poco frequentata che costeggia il cimitero. E lì c'è il pregiudicato con «una grande automobile» ha raccontato Paola ai carabinieri. Il pregiudicato si avvicina alla ragazzina e la trascina con la forza nella sua Renault 21. La sorellina e l'amica urlano, ma non le sente nessuno. Così Domenico Di Pinto riesce a tenere in ostaggio per due ore la piccola. «Mi ha minacciata» ha raccontato la bambina ai carabinieri. «Mi ha detto che se mi muovevo mi avrebbe ammazzata». E amcora: «Piangevo, dicevo che volevo tornare a casa. Ma lui ripeteva: stai zitta». Paola Conosceva bene Di Pinto. Fino a qualche tempo fa era un vicino di casa, viveva a pochi metri dalla sua abitazione con la moglie e i due figli. Poco dopo le 19 il pregiudicato accompagna a casa la bambina, minacciandola ancora: «Non parlare. Uccido te e i tuoi genitori». Paola torna a casa, si chiude nella sua stanza. E da quel momento non mangia più, rimane in silenzio. La sorella racconta del rapimento, ma la madre non si insospettisce: pensa, spiegherà dopo, che Di Pinto, come avveniva quando era un loro vicino di casa, avesse semplicemente accompagnato nel suo appartamento Paola per farla giocare con i figli. Gli chiede spiegazioni e Di Pinto risponde che Paola era sì stata a casa sua, ma semplicemente per aiutarlo a spostare alcuni mobili. Poi la confessione di Paola. Il pianto. Anche-la sorellina conferma tutto ai carabinieri. Ma la prova decisiva sono le sue parole. Circondata dalle attenzioni delle assistenti sociali, dei militari che la coccolano donandole giocattoli, le permettono di giocare col computer e con un piccolo carabiniere di terracotta, la piccola parla. Lentamente si rasserena, e ricostruisce la sua terribile storia. «Io volevo tornare a casa, ma "Mimmoccio" mi diceva di stare zitta». Due ore di violenza che nessuno potrà mai farle dimenticare. [s. t.l Bloccata mentre tornava dal mare assieme alla sorella e ad una amica e costretta a salire sull'auto «Piangevo, gli dicevo che volevo tornare a casa Ma lui urlava che ci avrebbe ammazzati» *,»jh m m Un'immagine di Bisceglie, dove è avvenuta la storia di violenza. Sotto Ernesto Caffo
Persone citate: Di Pinto, Domenico Di Pinto, Ernesto Caffo, Fino
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