Bertinotti: la crisi? Anche subito

Bertinotti: la crisi? Anche subito Bertinotti: la crisi? Anche subito «Nel Paese c'è disaffezione per questo governo» 1 MS" H BVtyijft IL DUELLO CON L'ULIVO G.~ ROMA L semestre bianco è già iniziato». Prego? «Il semestre bianco in sostanza è già in corso. E poi, scusi, lei ce lo vede questo capo dello Stato che scioglie le Camere, magari un mese prima deDa scadenza del proprio mandato?». Fausto Bertinotti dice, senza dirlo, che se la Finanziaria non segnerà «la svolta», Rifondazione potrebbe mollare Prodi anche subito, anche prima di quel fatidico giorno della fine di novembre a partire dal quale, se cade il governo, è tecnicamente impossibile andare alle elezioni. «Lo vede che, non appena il presidente del Consiglio attacca Rifondazione, Cossiga se ne viene a ricordare che i voti dell'Udr sono a disposizione? Li prendesse pure, quei voti, Prodi. Ma poi dovrà dirlo chiaro e tondo che il suo è un governo liberista, non di centro-sinistra», incalza Bertinotti. La sfida a Prodi continua. Dopo che il presidente del Consiglio ha invitato alla ragione il piccolo ma indispensabile partito antagonista, Bertinotti s'è infuriato. Ha reagito con parole dure, com'è suo costume, ma affidate stavolta a 22 telegiornali, radiogiornali, agenzie di stampa, quotidiani e quant'altro. Ma non ha mai pronunciato la parola «rottura». E così, nel tardo pomeriggio di ieri s'è addirittura diffusa in Transatlantico la voce che i due fossero sul punto di incontrarsi, forse a Palazzo Chigi, forse altrove. Come tutte le leggende del Palazzo, anche questa nasconde la sua verità: nonostante l'alzata di scudi, le dichiarazioni di bandiera, un accordo bisognerà trovarlo. Bertinotti, lei nei giorni scorsi ha pronosticato a Prodi un caldissimo autunno politico: non le sembra ovvio che il presidente del Consiglio abbia reagito? «No, davvero non m'aspettavo da parte di Prodi questo atteggiamento di autosufficienza, di autarchia. Di fronte al tasso di disoccupazione drammatico e in crescita, all'aumento dei dati sulla povertà, al disagio sociale, un presidente del Consiglio, quand'anche fosse molto sicuro di sé, dovrebbe misurare l'inadeguatezza delle risposte date ai problemi. Dovrebbe fare una riflessione autocritica: perché nel Paese c'è una disaffezione nei confronti del governo che non siamo solo noi a cogliere. D'Alema l'altro giorno ha detto parole molto impegnative, molto diverse da quelle di Prodi». Se non ci sarà la svolta, sarà il Paese a sancire la crisi. Parole che lei condivide, no? «Cosa vuol farmi dire? Che D'Alema ha una posizione più di sinistra di quella di Prodi? Beh, forse sì. Da D'Alema mi distingue la terapia d'intervento, ma è vero che, rispetto a quella di Prodi, la sua posizione mi sembra più avanzata nella percezione della crisi sociale». D'Alema ha anche detto che nel corso della verifica il rapporto tra governo e Rifondazione è stato chiarito. «No: nulla di quello che noi chiedevamo è stato deciso». Eppure la prossima sarà la prima Finanziaria di spesa, oltre che di tagli. «Già, i famosi 5500 miliardi. Ma quelli basterebbero sì e no a far partire la legge sulle 35 ore». E poi ci sono i 120.000 che arriveranno, tra il 2000 e il 2006 dalla Comunità europea, per aiuti allo sviluppo... «Guardi, la svolta si fa con una politica neo-keynesiana, e questa non esiste senza deficit spending. Quanto alla Finanziaria, noi vogliamo vedere se c'è l'eliminazione dell'Ici sulla prima casa, l'abbattimento dei ticket, la protezione sociale per i giovani disoccupati, il diritto allo studio». E poi non le piace il patto sociale proposto da Ciampi. «La proposta del ministro del Tesoro ha una fortissima venatura conservatrice: dice esplicitamente che la politica del patto sociale dovrebbe essere l'esplicitazione degli accordi del '92, del '93». Accordi che hanno spianato la via dell'ingresso in Europa, che oggi concorre a difenderci dalla tempesta valutaria e dalla crisi economica. (Accordi che, secondo noi, hanno aumentato il potere del padrona- to, e duiùnuito quello dei lavoratori. Accordi che hanno vanificato la lotta alla disoccupazione. Certo, essere nell'Euro è importante e, pur contrari ai contenuti del trattato di Maastricht, noi siamo sempre stati favorevoli all'Europa. Ma non necessariamente ci si doveva arrivare attraverso una politica che riducesse il potere contrattuale dei lavoratori». Ciampi ha chiesto ai sindacati la flessibilità del lavoro, ma anche alle imprese di porre un tetto ai profitti, il che è cosa senza precedenti. «La flessibilità che Ciampi propone, essendoci ormai in Italia un eccesso di flessibilità in entrata, è quella in uscita. Ed essa ha un nome diverso: licenziamento. Quanto al tetto agli utili, il ministro del Tesoro indica semplicemente agli industriali la strada del profitto attraverso l'allargamento della base produttiva, invece che con politiche di ristrutturazione». Il suo partito è diviso tra bertinottiani e cossuttiani. Si arriverà alla rottura? «Io lavoro perché non sia così. Ma uno dei modi per evitarla è quello di accettare le regole democratiche: se non si trova una posizione comune, la maggioranza decide per tutto il partito». Ersilia Salvato ha chiesto un congresso straordinario. «Sono disponibilissimo». Quando? «Non prima che questa fase politica sia stata superata, non prima che il comitato politico nazionale abbia deciso, a settembre o a ottobre, se con il governo saia svolta o rottura». Antonella Rampino Hi voti dell'Udr? Li prendano pure ma poi dovranno dire agli italiani che l'esecutivo è diventato liberista^ i6 La flessibilità proposta da Ciampi è soltanto un modo diverso di definire i licenziamenti J sp fi fi Lavoro per evitare rotture nel partito Se non si troverà una posizione comune sarà la maggioranza a decidere n

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