E il Pc disse. o la va o la spacca

E il Pc disse. o la va o la spacca Rei KOS CENA E il Pc disse. o la va o la spacca Dietro le quinte del giorno più lungo BATTAGLIA ALLA DUMA MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Vuoi la chiave per interpretare l'inversione di rotta dei comunisti in queste ultime ore? La chiave sta nell'assenza, sempre più paurosa, del presidente Eltsin». E' l'opinione del direttore di uno dei più influenti giornali moscoviti. Che significa? «Che Ziuganov e i suoi non credo che ci sia una sostanziale divergenza, questa volta, tra di loro - hanno deciso di giocare va-bank, cioè il tutto per tutto, o la va o la spacca». E' già in dacia, tranquillo. Dico, ma non sei preoccupato per la piega degli eventi? «In un certo senso sì, perché non si sa cosa potrà accadere, ma penso che c'è ancora tempo non per una, ma per due marce indietro». Dei comunisti? «Ma certo! Secondo le mie informazioni, e tu sai che sono buone (venendo direttamente da un settore dell'oligarchia bancaria, ndr), Ziuganov sabato sera aveva anticipato che la prima votazione sarebbe stata nulla, ma alla seconda avrebbero trovato un compromesso...». Lo lascio alla sua cena. Altra chiamata, mentre la pioggia d'autunno spruzza, gentile, la città. All'altro capo del filo c'è lo stesso parere: i comunisti vanno al tutto per tutto. Solo che l'interlocutore, intellettuale ex votante per Eltsin, pentito che simpatizza per loro, non crede alla seconda votazione. E neanche alla terza. Sono diversi i sintomi che Ziuganov deve avere avuto un input molto netto per decidersi alla svolta. E questo input può essere che Eltsin è perfino più debole di come appare. Cioè, che sciolga pure la Duma: i comunisti e apparentati prende- ranno la maggioranza assoluta della Camera bassa e allora il problema della presa del potere, pacificamente, legalmente, sarà all'ordine del giorno. Si affacciano subito interrogativi a valanga. Elezioni in queste condizioni del Paese? Chi controllerà la situazione? I media sono tutti ancora nelle mani di Eltsin e degli oligarchi... Dall'altro capo del filo sento una piccola risata. «Nessuna illusione. Questa volta non tutti staranno da quella parte. E poi la gente è stata già vaccinata almeno tre volte. Con la crisi che dilaga il partito di Cernomyrdin perderà la metà dei suffragi. Zhirinovskij è sputtanato. Chi può prendere qualcosa in più è Javlinskij, che però resterà minoritario e fuori gioco, esatta- mente com'è adesso». Il contq torna. Ziuganov-ha fatto cenno, come Zhirinovskij, al controllo dei media. Come se l'uno e l'altro si preparassero ormai alla campagna elettorale. Non torna invece, nel conto, l'appello di Ziu- ganov agli uomini con le mostrine. Se questa è la partita che l'opposizione rischia di giocare, significa che non temono, questa volta, di essere schiacciati con. la forza. E invece Ziuganov alza il tono, chiede ai militari di stare dalla sua parte e di difendere la Duma dallo scioglimento. C'è un altro scenario che traspare, ma non è ben visibile. Anche perché, negli studi degli analisti russi e di quelli dei centri di ricerca occidentali, sono tutti concordi nel ritenere che questo esercito non è in condizione di dettare legge a nessuno. Diviso, corrotto, incerto, striato da mille rancori, ma al guinzaglio di diecimila favori. G!è un altro telefononel mio taccumo, quello di un generale che fu molto, molto importante e adesso è in pensione, ma dalla sua pensione tiene contatti, consiglia, muove pedine. Uno di quelli che, sicuramente, ha teso l'orecchio alle parole di Ghennadij Ziuganov. Al telefono non parla di queste cose, di regola. Ma ormai le regole della prudenza sono andate a farsi benedire. Altro segno, incontrovertibile, che il potere è fiacco, imbelle. «Ziuganov sa perfettamente che siamo sull'orlo del disastro - dice -, lo sanno tutti. E sa che il gioco è a rischio. Cammin facendo qualcosa potrebbe rompersi. L'esercito non c'è più, lei ha ragione. Ma - come ha detto Lebed - conta chi riesce a • mettere in movimento - un • carro armato in più degli altri. Al servizio di questo o quel potente, oppure di questa o quella regione o repubblica. Attenzione a questo fattore. Io so che molti ci pensano e che i cingoli di molti carri sono stati oliati. Lo sa Ziuganov, lo sa il banchiere Berezovskij, lo sa Cernomyrdin. Non ce ne vogliono tanti. Nel 1993 furono cinque i carri che spararono bombe di grosso calibro contro la Casa Bianca. Quel rumore assordante bastò». Dunque è questo il significato della frase di Ziuganov? Un avvertimento? Chissà. L'impressione è che molte cose stiano accadendo sotto il tappeto. Forse ne accadono di più in stanze lontane dal potere che in quelle che tutti vedono in televisione. I corridoi del pettegolezzo, delle indiscrezioni, hanno pareti roventi e sdrucciolevoli. Percorrendoli, fisicamente e mentalmente, fanno tornare alla mente l'atmosfera di totale incertezza che regnava in quel settembre, poco prima del bombardamento della Casa Bianca. L'impressione dello sfacelo politico della Russia si coniuga assai bene, ad esempio, con la notizia, lontanissima, che la Corea del Nord ha lanciato un missile balistico, che è andato a cadere a 120 chilometri dalla costa russa nella regione di Nakhodka, nell'estremo Oriente. Che c'entra? C'entra perché se ne sono accorti i giapponesi, e la Cia, ma i servizi di difesa antimissile russi sembra - non ci sono conferme - non siano stati in grado di registrarla. ((Appunto - gracida la voce all'altro capo -, tutto va a rotoli, ci siamo disarmati da soli, dieci volte di più di quanto lo richiedessero i trattati internazionali, quelli che abbiamo firmato e quelli che non abbiamo ancora ratificato». Nostalgie e rivincite, o desideri mai spenti di rivincite, s'intrecciano alle paure degli altri, che si credevano ormai vincitori defmitivi, e adesso, all'improvviso, si accorgono che tutto potrebbe cambiare di nuovo. Non tutti quelli che hanno partecipato al grande banchetto sono adesso a cena, tranquilli, nelle loro dacie. Le interviste della sera, su tutti i canali, echeggiano di riferimenti storici, la rivoluzione del 1917, la repubblica di Weimar, la rivoluzione del 1905. Le analogie non mancano, ma l'esercizio del loro studio sembra mutile: ima dittatura anticomunista è impensabile, una dittatura comunista è impossibile. Resta, forse, lo scenario che il resto del mondo considera - sbagliando - il meno inquietante: il semplice, grandioso, epocale sfacelo della Russia. Giuliette» Chiesa Un generale: è vero l'armata non c'è più ma nel '93 bastarono cinque tank Nei corridoi si respira la stessa atmosfera che portò al bombardamento della Casa Bianca Le scorte strategiche del lungimirante sindaco della capitale, Luzhkov, bastano soltanto per due mesi

Luoghi citati: Corea Del Nord, Mosca, Russia, Weimar