Cernomyrdin e Eltsin restano soli

Cernomyrdin e Eltsin restano soli Drammatica seduta in diretta tv: Ziuganov si appella all'esercito per Cernomyrdin e Eltsin restano soli La Duma (251 no e 94 sì) boccia il premier MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La prima votazione della Duma è stata letale per Viktor Cernomyrdin: 251 voti contrari, solo 94 favorevoli. Il percorso per raggiungere il consenso, da qui alla terza votazione, sembra del tutto improbo. Soprattutto colpisce la durezza e drammaticità del dibattito della Duma che ha preceduto il voto: i margini di un compromesso sembrano ridottissimi. E la prospettiva che i comunisti ripetano 10 scenario che, alla terza votazione, lasciò passare il giovane Kirienko, cinque mesi orsono, appare molto poco concreta. Si andrà dunque allo scioglimento della Duma, in una situazione di totale incertezza, che lo stesso premier designato ha ieri definito «sull'orlo di un'esplosione politica ed economica?». Cernomyrdin aveva cercato, parlando in extremis davanti ai deputati, di difendere l'accordo raggiunto la sera prima tra rappresentanti della Duma, del presidente e del governo. Un accordo fumoso che tuttavia aveva avuto in calce la firma di tutte le frazioni della Camera bassa, incluse quelle che oggi lo hanno stracciato pubblicamente, bollando il premier re-incaricato da Eltsin di tutte le nefandezze dei suoi sei anni di premierato e negandogli espressamente e nettamente ogni fiducia. E non tanto perché quell'accordo non andava bene - di fatto né Ziuganov (comunisti), né Javlinskij (Jabloko) vi hanno fatto alcun cenno - quanto dichiarando a piena voce che Cernomyrdin non può essere preso in considerazione in quanto «responsabile diretto della crisi attuale». Ma dev'essere accaduto nelle ultime 24 ore qualcosa di molto più grave di quanto è apparso dal dibattito pubblico, di cui 11 fatto che sia stato cosi verbalmente violento è probabilmente anche da attribuire alla decisione dell'ultimo momento di trasmetterlo in diretta sulla rete statale. La punta più acuta - e grave - la si è toccata con la dichiarazione di voto di Ghennadij Ziuganov. «Volevo dire poche cose, ma sono costretto a parlare più a lungo perché Cernomyrdin è venuto qui a dirci niente». E' cominciata così una requisitoria - inattesa per molti, che sanno quanti e quali contatti vi siano stati nei mesi e nelle ore scorse, proprio tra Cernomyrdin e i comunisti - durata dieci minuti al fulmicotone. «Mi rivolgo a tutti - ha esclamato all'apice del pathos il leader comunista - specie a chi porta le mostrine. L'ultima isoletta di legalità è ormai la Duma e il Consiglio della federazione. Se riusciranno a subordinarla e a spezzarla, allora domineranno il caos e le bande armate. Voi sapete di che parlo meglio di chiunque altro». Brivido. E' un appello ai militari? E che cosa chiede Ziuganov? Di ripetere lo scenario di una Duma asserragliata dalla prepotenza del presidente, come nel 1993? E' un appello insurrezionale? E' un mettere le mani avanti per scongiurare il peggio? Certo è che Eltsin - in base alla Costituzione vigente - ha il potere di sciogliere una Duma che gli si oppone per tre volte. E fare appello a impedirglielo ha tutta l'aria di un gesto tecnicamente eversivo. E la proposta di Ziuganov, di un governo deciso dalle due Camere, è espressamente fuori dall'attuale quadro istituzionale. Ma la sorpresa viene da Javlinskij, che alza i toni perfino oltre quelli di Ziuganov. «Non voteremo Cernomyrdin per tre ragioni: perché è il responsabile principale di questo disastro, perché non capisce neppure che cosa sta accadendo (come il discorso di oggi dimostra), infine perché ha trasformato l'economia russa in un capitalismo criminale e il governo in un'accozzaglia di ladri». Quando la Duma ha deciso a larga maggioranza il voto palese si è capito che non ci sarebbero state defezioni nell'opposizione di sinistra, né nel gruppo di Jabloko, né nel partito di Zhirinovskij. Il quale, clownescamente, era salito alla tribuna con questa battuta: «Adesso farò il discorso che Viktor Cernomyrdin avrebbe dovuto fare se avesse voluto essere votato dalla Duma». Promessa mantenuta con un discorso delirante, al cui primo posto c'era la proposta di annullare il vertice tra Clinton e Eltsin. Il quale ultimo ha brillato tutto il giorno per la sua assenza totale dalla scena politica. Se si esclude una dichiarazione del suo portavoce che, in mattinata, aveva fatto sapere che Eltsin non era disposto neppure lui a firmare il documento della sera prima. Naturalmente adducendo come motivazione il fatto che la sera prima i capi delle frazioni di opposizione l'avevano già bruciato senza appello. Così Clinton, come si temeva, arriva a Mosca per incontrare un presidente fantasma e un primo ministro «facente funzioni» respinto di fresco su tutta la linea. Situazione inedita, la cui drammaticità è resa, se possibile, ancora più netta dalla notizia che Clinton incontrerà a quattr'occhi il generale Lebed. Il che sembra indicare che anche il presidente americano pensa che Eltsin non reggerà fino alla fine del mandato. A Lebed è stato chiesto cosa ne pensasse. E lui ha risposto: «Non so di che vorrà parlarmi. Penso che voglia chiedermi qualcosa». [g. e] Il IEADER COMUNISTA «Faccio appello a tutto il popolo, e specialmente a coloro che portano l'uniforme: l'ultimo baluardo di quel poco di legalità che ancora esiste nel Paese è qui dentro. Se finirà e verrà distrutto, sarà il caos». IL PRESIDENTE «Se il caos andrà avanti per qualche settimana, può succedere che non ci saranno più né i comunisti né noi. Intendo dire che ci sarà una rivolta popolare, impietosa e insensata». Wiiiì 4 ■' 1 8 1 I y. :■: :■!•:■:■: .■:■:■:

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