Nelle Alpi i funghi diventano una rarità

Nelle Alpi i funghi diventano una rarità LA STAGIONE DEI PORCINI Nelle Alpi i funghi diventano una rarità Un 'altra conseguenza dell'abbandono della montagna CHE i funghi continuino a crescere, da qualche parte, è assodato: in tv, qualche settimana fa, si è visto l'omaggio al papa del vecchio prete di Lorenzago: un cestino di porcini troppo belli per essere veri! Ma dove mai li troveranno? Semplice: questi boleti scultorei sono quelli «classici», ìBoletus edulis che si trovano, per fortuna, in abbondanza nei boschi di conifere il Cadore, e naturalmente nell'Appennino, da Borgo Taro al Molise. Osservando la lunga fascia delle Prealpi Bellunesi, dal Visentin al Cesèn, e quindi il versante settentrionale della Sinistra Piave, e giovandosi del ricordo, quale struggimento si ricava dall'andare oggi (ma anche 10 o 15 anni fa) per funghi! I cartelli gialli posti all'inizio di ogni paese della provincia di Belluno avvertono che la raccolta è regolamentata. Un tempo le Prealpi Bellunesi, ma anche le Prealpi Trevigiane, Vicentine, Veronesi, erano una vera e propria miniera di funghi: almeno sino alla fine degli Anni 60 tutti gli alpeggi e casère (baite) erano in piedi e abbondantemente sfruttati Der la fienagione: in estate, sulle alture di Villa, Carve, Pian de Coltura, Cordellòn (tutte località del Comune di Mèi, Belluno), dimoravano quasi stabilmente centinaia di persone. Terminate le cure del bestiame, l'attenzione alle patate o ai fagioli, e naturalmente la raccolta del foraggio, c'era sempre mezz'ora di tempo per andare a funghi, da cucinare e accompagnare con la polenta. E quanti se ne trovavano! I montanari andavano in giro con grossi cesti, o con le secchie da 20 litri, e invariabilmente li riempivano. I prati venivano non falciati, ma rasati all'inglese: se un fungo assumeva una dimensione normale, lo si scorgeva occhieggiare sotto una betulla a 50 metri! Crescevano con il tempo umido e con quello secco, con la luna giusta o sbagliata. L'assenza di erbe esageratamente alte, legnose o tossiche, come nel paesaggio odierno, agevolava la migrazione delle spore. Il «posto» del «ciòt de fonghi» (la nidiata dei funghi) era un segreto ben custodito: il possessore di esso sapeva che, andando lì, poteva trovarne sempre. Si favoleggiava di colesti «po¬ sti». Ci si alzava anche ad ore antelucane per essere in pole position al momento giusto. E se qualcuno voleva dormire il mattino, niente paura! C'era la famosa «butàda» (= crescita) del pomeriggio: e si sarebbero trovati degli esemplari ancora in crescita, carnosi e non intaccati da insetti o parassiti. Tempo che fu: oggi il 70 per cento delle casère è stato riattato a dimore del fine settimana estivo. Il resto marcisce lugubremente, ricolmo di suppellettili ammuffite. I prati di una volta sono diventati distese invalicabili, e i boschi, in cui più nessuno va a raccogliere strame, e cioè fogliame per le lettiere degli animali domestici che non ci sono più,e quindi a pulirli, sono diventati degli intrichi umidi e avvolgenti come giungle salgariane. Come, quindi, pretendere di trovare funghi? Se si è fortunati, si può inciampare in qualche esemplare di «brisa» (porcinello) sfigurata dall'erba e dall'umidità, esageratamente > cresciuta e sicuramente marcia. Le specie commestibili di trent'anni fa si sono ridotte (all'epoca si diceva, dalle nostre parti, che solo i trevigiani rac- cogliessero di tutto: i bellunesi erano di palato più fine e sicuro): nessuno lo ha mai detto ad alta voce, ma sono spariti, soffocati da queste distese di erba che nessuno falcerà più, vere e proprie specie tipiche. Gli «oci de bò», o «occhi dì bue», una varietà di ovulo, prelibatissimi, oppure gli «alberelli» o boleti rossi, grassi e . cospicui, e le «rècie de faghèr» (o finferli, gallinacci), e le «vedèle» (= manine) e anche, coi primi freddi, i delicatissimi, rossi «fonghi de la brosa» (= funghi della brina): chi li ha mai più visti in questi anni? Anche le esili «calzète» o mazze di tamburo, che pure riuscivano a far capolino in mezzo alle «zièse» (= distese di erba alta e legnosa) e alle «loppe» (ciuffi di erba secca, tossica), ormai non ci sono più... Consideriamo nella nostra galleria anche i boleti del papa, vale a dire i «castegnèr», detti alla bellunese: semplicemente non crescono più, salvo che nelle zone del Cadore dove prospe¬ rano larghe conifere. Occorrerebbero interventi mirati per sfalciare "regolarmente le zone dove si sa che crescono funghi, e qui la sapienza dei contadini potrebbe essere di aiuto; se si valorizzasse «micologicamente» un'area, senza dubbio l'introito dei permessi venduti soddisferebbe sia i costi dello sfalcio che della sorveglianza. Inoltre, forse, alcuni operatori locali potrebbero essere indotti a pubblicizzare i pregi della zona in tema di funghi, predisponendo menù e allestimenti gastronomici peculiari, cosa che non viene fatta se non sporadicamente. E le associazioni turistiche potrebbero illustrare con degli opuscoli il buono che queste terre producono, magari associando anche note sulle curiosità storiche e artistiche. In ogni caso, se continua la pur naturale colonizzazione arjjustiva, fra dieci anni tutte le 'radure prealpine saranno definitivamente sparite. Spariranno dunque, ancora più funghi dalle nostre Prealpi: e un giorno, forse, qualcuno rimuoverà, altrettanto improvvisamente (se sarà dotato di buon senso), dai bordi delle strade i cartelli gialli che avvertono dell'obbligo di un permesso divenuto ormai inutile. Claudio Cima Ovoli, gallinacci e manine sono ormai quasi introvabili nel sottobosco inselvatichito e invaso da arbusti arità ntagna i li ha mai più visti questi anni? Anche esili «calzète» o mazze tamburo, che pure riuvano a far capolino in ezzo alle «zièse» (= distese erba alta e legnosa) e alle ppe» (ciuffi di erba secca, «micologicamsenza dubbimessi vendsia i costi desorveglianzacuni operatro essere indre i pregi defunghi, predallestimenticuliari, cosase non sporasociazioni tro illustrareil buono chducono, mache note sule artistiche.In ogni cpur naturalejjustiva, fra'radure preanitivamenteno dunque, dalle nostreno, forse, qu Due bei porcini: come quasi tutte le altre specie di funghi nostrani, diventano sempre più rari

Persone citate: Veronesi, Visentin

Luoghi citati: Belluno, Comune Di Mèi, Molise, Pian De Coltura