Dante con l'occhio del geologo

Dante con l'occhio del geologo GEOMORFOLOGIA Dante con l'occhio del geologo // poeta seppe cogliere i paesaggi insoliti NELLA «Divina Commedia» Dante descrive alcuni dei paesaggi naturali più intriganti d'Italia, sovente poco noti anche oggi, e degni d'una maggiore conoscenza. Qua! è quella mina che nel fianco/di qua da Trento l'Adice percosse / o per tremoto o per sostegno manco, / che da cima del monte, onde si mosse, I al piano è si la roccia discoscesa I ch'alcuna via darebbe a chi su fosse... Le due terzine, che si riferiscono ai Lavini di Marco, la frana della Val Lagarina con fronte di oltre 6 chilometri caduta 1300 anni fa circa, rappresentano con efficacia la perigliosa discesa dal 6° al 7° cerchio dell'Inferno attraverso le gran pietre rotte. Il poeta propone due possibili ipotesi genetiche: lo scivolamento delle bianche rocce calcaree corrose dall'acqua sarebbe dovuto o a un sisma (per tremoto) o all'erosione del piede del versante da parte della corrente fluviale (per sostegno manco). Il passare dei secoli e gli studi di una ventina di grandi specialisti non hanno aggiunto molto all'intuizione dell'Alighieri: il lavoro più recente, presentato in un congresso del progetto nazionale di ricerca «Geomorfologia strutturale» pare credere di più all'ipotesi sismica, ma non esclude l'altra. La familiarità con il territorio aiuta Dante negli agili accostamenti tra forme simili nell'aspetto ma lontane nello spazio, a lui funzionali per scolpire le sue immagini: Vassi in Sanleo e discendesi in Noli, / montasi su 'n Bismantova e in Caccume I con esso i pie; ma qui convien ch'om voli... Sanleo e Bismantova fanno parte dei rilievi residuali, torrioni di pietra dura emergenti dal mare delle tenere argille dell'Appennino settentrionale, portate via dal ruscellamento delle acque piovane. Anche l'alta sommità del Cacume nei Monti Lepini in Lazio è frutto dell'erosione selettiva applicata a litologie di consistenza diversa. Le falesie calcaree fagliate del bordo a mare dell'altopiano delle Manie sopra Finale Ligure isolano la cittadina di Noli dalla cerchia di monti attorno, e ancora oggi ne rendono difficile l'accesso da terra. Ecco fatto: la fatica dell'ascesa lungo il sentiero scavato nella roccia viva per salire al Primo Balzo del Purgatorio è resa concreta e comprensibile per un buon numero di lettori potenziali del tempo: i cortigiani dei duchi d'Urbino ai quali apparteneva la Città Feltria di Sanleo, i romani e gli emiliani, i marinai della piccola Repubblica Marinara di Noli cui la densa terzina ricordava casa propria, l'aspro Malpasso e forse insieme la chiesa di S. Paragorio. L'impraticabilità della riviera ligure era già stata evocata nel precedente III canto del Purgatorio: Tra Lerice e Turbìa, la più diserta, / la più rotta mina è una scala / verso di quella, agevole e aperta... La capacità di scovare luoghi dalla forte personalità fisica, e insieme geotopi significativi sotto l'aspetto scientifico, avrebbe fatto oggi dell'Alighieri un tour operator capace di organizzare itinerari fuori dallo stereotipo, ideali per un turismo intelligente. Sovente il vate turbolento abbandona le rupi per scendere nelle paludi, descritte secondo la suggestione del tempo come luoghi sinistri: per questo Cistercensi e Benedettini s'impegnavano a bonificarle, a renderle buone, a redimerle insomma. Ne parla nel canto IX dell'Inferno: Sì come adArli, ove Rodano stagna... e nel XX per descrivere la Bassa Padana d'allora, dove s'era nascosta l'indovina Manto, che diede il nome a Mantova. Là il fiume Mincio Non molto ha corso, ch'el trova una lama, / ne la qual si distende e la 'mpaluda, I e suol di state talor esser grama. Il poeta non poteva supporre che alcuni di questi tetri avvallamenti planiziali oggi sarebbero divenuti parchi naturali protetti, come le Lame del Sesia in Piemonte. Corsi al palude, e le cannucce e 1 brago / m'impigliar sì, ch'i' caddi; e lì vid'io I de le mie vene farsi in terra loco. Così perisce il povero Buonconte di Montefeltro posto nel V canto del Purgatorio fra i negligenti pentiti dell'ultimo momento prima della morte violenta. Il luogo descritto corrisponde al Piano di Campaldino dove l'I 1 giugno 1289 Firenze le suonò sode alle milizie d'A¬ rezzo. Il sito fa parte del Casentino, una delle piane intramontane dell'Italia centrale, con il Mugello, il Valdarno, la Val di Chiana, l'Alveo del Fucino. Derivano dall'interramento di antichi laghi d'origine tettonica. Nel Medioevo ospitavano ancora acquitrini foschi e pittoreschi, ideali tanto per una battaglia quanto per una fantasia sulfurea, soltanto in seguito prosciugati dall'accorta politica territoriale dei Medici. Nel Poema sono chiamate a raccolta tutte le discipline delle Scienze della Terra. Nel IX canto del Purgatorio la salvezza della confessione è raggiunta attraverso l'ascesa un po' barocca di tre gradini fatti di rocce differenti: Lo scaglion primaio di bianco marmo sì pulito e terso, simboleggia il pentimento purificatore, duro, puro, freddo. Il secondo / d'unapetrina mvida ed arsiccia / crepata per lo lungo e per traverso... Un'arenaria fratturata, forse, indica la durezza del cuore che si disgrega sotto la spinta della redenzione, e: Lo terzo, che di sopra s'ammasiccia, I porfido mi parea sì fiammeggiante, / come sangue che fuor di vena spiccia. Naturale come tutto quel cruore ostentato alluda all'ardore di fuoco della carità che accende l'uomo redento ansioso di pagare la sua penitenza e di superare le sue colpe. Altrove fanno capolino profezie inquietanti d'una geologia globale ante litteram, quasi una profezia. Nel XXXIII canto del¬ l'Inferno l'invettiva contro Pisa vituperio delle genti, colpevole del dramma umano e spirituale del conte Ugolino, reso dalla fa me cannibale dei propri figli, evoca lo scenario apocalittico di due isole, la Capraia e la Gorgona, che sono invitate a spostarsi per andare a sbarrare la foce dell'Arno, in modo che ogni abi tante della città maledetta affo ghi sommerso dalle acque Muovansi la Capraia e la Gor gona, I efaccian siepe ad Arno in su la foce, I sì ch'elli anneghi in te ogni persona! A volte la natura supera an che le più grandiose visioni let terarie. Le interpretazioni più accreditate sull'origine morfo tettonica del Mediterraneo c informano che in effetti due isole migrarono per centinaia d chilometri, la Sardegna e la Cor sica, ben più vaste dei due scogli dell'Arcipelago Toscano, fenomeno è noto con il nome _ sfenocasma ligure. Quelle terre prima saldate al bordo meridio naie della Provenza, spinte di forze agenti nella crosta terre stre, si staccarono dal continen te europeo, ruotarono verso Sud-Est fino a raggiungere li posizione attuale. La progres sione creò il Golfo del Leone e i bacino liguro-provenzale. All'i rato poeta bastava di meno L'avanzata del Continente Sar do-Corso, com'è chiamato, avrebbe messo a mollo mezza Italia, un po' troppo anche per grande Dante. Augusto Biancotti Università di Torino Terremoto o frana in quel di Trento? Le ipotesi poetiche rimangono valide anche oggi Dirupi e paludi reali stanno dietro alle fantasie dell'Inferno e del Purgatorio Una incisione del Dorè per la «Divina Commedia» I paesaggi descritti da Dante hanno spesso un notevole interesse geologico

Persone citate: Augusto Biancotti, Benedettini, Dorè, Vassi