GUERRE D'AFRICA NEI SOGNI DI UN RAGAZZO di Claudio Gorlier

GUERRE D'AFRICA NEI SOGNI DI UN RAGAZZO GUERRE D'AFRICA NEI SOGNI DI UN RAGAZZO Okri, testimone di una civiltà ridotta a caos URANTE un congresso dell'Associazione degli Scrittori Nigeriani, a Minna, nel Centro-Nord islamico della Nigeria, dove ero l'unico partecipante non africano (all'arrivo in albergo l'impiegata, telefonando al responsabile del congresso il quale le chiedeva di me, aveva risposto semplicemente «è un bianco») parecchi giovani mi domandarono se consideravo Ben Okri «ancora» uno scrittore nigeriano. Da non molto tempo Okri, nato proprio a Minna ma figlio di un Ibo, l'etnia della Nigeria orientale, il Biafra della guerra civile, si era trasferito in Gran Bretagna, e i miei interlocutori temevano che stesse perdendo le sue radici. Li rassicurai, nella convinzione, tuttora ben ferma, che il quarantenne Okri sia più che mai uno scrittore inequivocabilmente africano, anche se dotato di un retroterra culturale assai cosmopolita. La Nigeria, purtroppo, fa sempre notizia per i motivi sbagliati, e le vicende recenti sembrano tri- stemente confermarlo. Okii, che a differenza di Soyinka non è un espatriato politico, correrebbe comunque non pochi rischi se tornasse in un Paese dove gli intellettuali vengono guardati con sospetto dalla classe di potere, forse a causa del fascino quasi sciamanico esercitato su gente che magari li conosce soltanto per nome. Con La via della fame, il poderoso romanzo pubblicato in Italia da Bompiani, Okri vinse inaspettatamente il più prestigioso premio letterario inglese, il Booker Prize, e in Italia il Grinzane Cavour; meritatamente, perché si tratta di un libro di singolare originalità. I racconti, di cui Giunti offre una scelta persuasiva con il titolo II venditore di sogni, confermano il talento di Okri, con una intensità e un ritmo anche maggiore del romanzo. Non stupisce che alcuni dei racconti, non a caso narrati in prima persona da un ragazzo, riconducano alla tragica esperienza della guerra civile tra Nigeria e Biafra, momento cruciale nella storia post-coloniale di un Paese a ben vedere inesistente, costruito sulla carta dal colonialismo inglese alla fine del¬ l'Ottocento, letteralmente saldando etnie diverse e talora antagonistiche, e inventandone persino il nome. Il fanciullo di Okri viene rappresentato come un protagonista e un testimone suo malgrado, in una sorta di attonito smarrimento, poiché si trova dapprima, e per forza di cose, abbandonato dai suoi, costretto in qualche modo ad arrangiarsi, poi fortunosamente rintracciato dalla madre e ricondotto in famiglia dopo un lungo e tormentato viaggio su un cadente autocarro. Proprio qui si definisce la misura della narrativa di Okri, che ormai la critica ha imprigionato, non senza qualche ragione, nella formula piuttosto logora e ambigua del cosiddetto realismo magico. Certo, Okri non è uno scrittore realista in senso stretto, ma riesce difficile e ingiusto incasellarlo nel repertorio degli autori sudamericani quale figlio minore di Garcia Màrquez, che egli ha naturalmente letto con attenzione, mentre ammette, più che un debito, specifico, una naturale simpatia per Borges. La dimensione della magia si trova radicata nella cultura della Nigeria, frutto di una sensibilità animistica per la quale i confini tra realtà, sogno e presenze extrasensoriali appaiono estremamente labili. Il ragazzino che la madre riporta al villaggio nelle retrovie nigeriane assiste a violenze, stupri, assurde sopraffazioni con uno stupore e una curiosità che non possiedono nulla di cinico, mentre costituiscono il cupo rovescio della medaglia dei miracoli. Né stupisce che i personaggi di Okri siano generalmente ragazzi o giovanissimi, poiché maggiore è in loro il rapporto, appunto, con il magico, la capacità di viverlo, di sperimentarlo, di sognarlo. «Questo è Ajengunle Joe, occultista e sognatore»; così un ragazzo presenta il suo amico. «Tutto quel che c'è nel tuo mondo ha infiniti equivalenti in altri mondi», sussurra una misteriosa voce. «Non c'è forma, né follia, né estasi o rivoluzione che non abbia la sua ombra da qualche altra parte». E un'altra voce: «Sei morto da due giorni. Svegliati». Come ha opportunamente osservato un critico nigeriano, si tratti del mondo caotico e sconvolgente della grande metropoli, Lagos, o delle piccole comunità, i personaggi di Okri, che appartengono in genere agli strati più bassi della società, si trovano perennemente intrecciati, fattualmente e mentalmente, con- una realtà che si identifica quasi costantemente con l'incubo. Se hanno un lavoro, rischiano inspiegabilmente di perderlo; se vagabondano non sanno dove finiranno per approdare, e il loro itinerario si trasformerà in una catena incessante di scoperte magari assurde e generalmente imprevedibili. Se i racconti riflettono la frammentazione, il continuo scomporsi e ricomporsi di un tessuto sociale caotico, la visione rimane costantemente individuale, né potrebbe essere diversamente. Mercati, quartieri fatiscenti, folle soffocanti e anonime ma popolate di miserabili, di incantatori, di militari spocchiosi e avidi, di donne destinate-a'perdersi, o paesaggi surreali, talora frutto dell'immaginazione o portatori di rivelazioni abnormi, tutto si dispiega all'occhio del personaggio narratore, sempre pronto alla scoperta e alla meraviglia, mai ad arrendersi all'angoscia. Okri restituisce un universo a infiniti livelli che la cultura occidentale sembra aver irrimediabilmente perduto. Claudio Gorlier La tragica, esperienza del conflitto civile tra Nigeria e Biafra, una folle violenza raccontala, con magica meraviglia senza mai arrendersi all'angoscia IL VENDITORE DI SOGNI Ben Okri Traduzione di Giorgio Bizzi Giunti pp. 341 L. 28.000