AMORE E MORTE NEL MAREMOSSO di Bruno Quaranta
AMORE E MORTE NEL MAREMOSSO AMORE E MORTE NEL MAREMOSSO MAREMOSSO Massimo De Simoni Marsilio pp. 146 L 22.000 MORE e morte. Inestricabile, perenne groviglio. Un gemellaggio terrifico e insieme domato dall'abitudine, dalla ripetizione inesorabile di un copione immarcescibile. Maremosso di Massimo De Simoni si inerpica lungo questo sentiero: a modo suo, certo, obbedendo a private, lancinanti pulsioni, scartando e rovesciando tavoli, stordendo il mazzo di carte, scardinando serrature, dissacrando e dissacrando ancora. Ecco i frammenti (nove racconti, alcuni incompiuti) che l'editore Marsilio coraggiosamente, disinteressatamente, licenzia, da domani in libreria. Prove postume, uscite da un'officina segreta, da un infernotto (da un inferno) mai gratuitamente maudit. L'artefice è scomparso a Roma nel 1997, venticinquenne. Liceo, facoltà di Lettere, un occhio di riguardo all'antropologia culturale, le ultime sta¬ ll ggioni trascorse nella campagna toscana, in un'azienda agrituristica. Due amici, Chiara Orelli e Stefano Vassere, hanno «salvato» le carte di Massimo De Simoni. «Questo è un esordio avvertono -. In vita non ha mai pubblicato, non è mai uscito allo scoperto. Fatta salva la partecipazione a un concorso dell'Espresso. In giuria sedevano anche Alberto Arbasino e Daniele Del Giudice. Ricevette una menzione». Ascendenze? Nomina, via via che racconta, Savinio, Poe, James. «Prediligeva Baudelaire e i surrealisti, si era fatto tatua¬ re un verso di Ovidio...», ricordano le fedeli figure, le sentinelle della guizzante Ombra. Non si evochi il pulp. De Simoni abita altrove, disdegna le mode. La dimensione virtuale, l'effetto speciale, la fobia di amplificare non gli appartengono. O almeno sembra. Sfodera unghie autentiche, ancorché non del tutto limate. Arpiona la vita, le vite, vite giovani, interiormente esagerate, scagliandole contro le muraglie, le ottusità, le ipocrisie quotidiane. Sa reggere lo sguardo del male (della realtà?) mai tremando, mai smarrendo il filo. Non è cinico. Semplicemente, impavidamente, sa «aprire» il giocattolo umano, rovistarvi dentro, sezionarlo, così disinnescandolo, esaurendolo. Qua e là libera l'innocente, fulminante, esatta ferocia che eccelleva nel bagaglio di Felix Fénéon. «Si alzò, alitò sullo specchio del bagno e scrisse col dito la parola "proiettile", aprì la finestra e si uccise buttandosi sul marciapiede». E' l'evento che inaugura o quasi «Un amore in Occidente», riecheggiando lo stile arrotato del bizzarro francese: «Lucienne Debras, 4 anni, giocava davanti a casa sua, quando è passato il tram della Madeleine, che le ha triturato il cranio». Il «fantastico delirio»: è una chiave, un'eventuale bussola che lo stesso Massimo De Simoni porge al lettore calatosi in Maremosso. Gente che resta «a casa senza sapere dove andare a sbattere il cranio». Schegge di necrofilia: «Ghirba era sul letto, morta. La baciò sulla bocca con la lingua fin dove i denti di lei serrati glielo permisero». Metafore fou rire: «...piangeva come fanno le atomiche sapendosi sprecate per gli atolli del'Oceano pacifico». Un erotismo cannibalesco: «Lei sarebbe come quando la sognavo che era viva: nuda a suo agio e con la vulva zuppa, incastonata per tutto il corpo di ghiaccio secco fumante che mi chiede di mangiarla iniziando dai piedi così da finire col suo mento davanti ai miei occhi e, sotto, il mio corpo caldissimo che sommerebbe le nostre due temperature». «Esplodi balcone, regalami quell'attimo che separa la vita dalla morte», invoca, invocava Massimo De Simoni. C'è, nelle storie che dispone come una girandola di mine, una deflagrazione continua, una cavalcata, di schianto in schianto, verso l'estremo. Si augurava - tra le righe - di lasciare «uno strepitoso epitaffio scolpito da un morto per i vivi». L'eco persevera, a libro chiuso. Bruno Quaranta Massimo De Simoni, un esordio postumo con i racconti «Maremosso», salvati dagli amici, pubblicati da Marsilio MAREMOSSO Massimo De Simoni Marsilio pp. 146 L 22.000
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