JUNGER ITALIANO UN MARE DI LETTERE

JUNGER ITALIANO UN MARE DI LETTERE JUNGER ITALIANO UN MARE DI LETTERE Sentimenti inediti nell'archivio Furst N tutta la storia della letteratura solo tre scrittori, se non erro, hanno avuto la fortuna (o la disgrazia?) di superare un secolo di vita: Fontenelle, Prezzolini e Jùnger. Di solito i figli delle Muse non sono longevi, anche quando non si ammazzano o non diventano pazzi. Talvolta vengono anche ammazzati, specialmente se sono filosofi: chi è venuto al mondo per ^luminarlo può dirsi felice se riesce a farla franca. Ho conosciuto e frequentato Prezzolini per circa tre lustri. Non ho invece conosciuto Jùnger, anche se ci sono andato vicino; però gli mando dei saluti ideali ogni volta che mi trovo a passare dinanzi a una casa semiabbandonata dell'entroterra di Cervo Ligure, dove egli fu ospite del suo amico Henry Furst. Dal 1950 al 1955 quella casa fu una specie di centralino letterario internazionale, in quanto a Furst, che ci viveva con la moglie Orsola Nemi, era in contatto con tutta la fauna scrivente, italiana e straniera. Lo dimostra il suo ricchissimo epistolario, ancora inedito, che egli lasciò in eredità al nipote Mau- rizio Rotta Gentile, il quale mi ha gentilmente permesso di leggerne alcune e poi me le ha anche fotocopiate. Quelle di Ernst Jùnger, il celebre scrittore scomparso il febbraio scorso all'età di 103 anni, sono piene di dignità, ma anche di calore umano. Dov'è il «glaciale» Jùnger di cui parlano certi risuolatori di coscienze? Da queste lettere non traspare. Se mai si può parlare di pudore del male, perché egli non piange a non si lamenta mai. Il 21.12.1953 fa solo un accenno velato e sommesso alla tomba del figlio, i cui miseri resti gli erano stati riportati in una cassetta di zinco proprio da Furst. Traduco: «Caro Henry, sempre, quando andiamo a visitare la tomba nel cimitero di Wilflingen, pensiamo, a te con gratitudine». Il figlio era caduto nel 1944 sul fronte italiano, davanti alle «scogliere di marmo» di Carrara. Due anni dopo Henry Furst andò a raccoglierne i resti, li mise in una cassetta metanica e li portò, viaggiando in una carrozza di terza classe, ai genitori che vivevano a Wilflingen, nell'alta Svevia. Quel gesto, così spontaneo e commovente, rafforzò ancora di più la loro amicizia, come risulta dalle lettere. Sempre in quella del 21.12.1953, Jùnger scrive: «I miei pensieri vagano spesso verso Roma. Questo autunno non sono stato bene. Una primavera siciliana è la mia veccliia e provata medicina. Dovrei prenderla di nuovo, ma per questo bisogna che la primavera sia avanzata, perché niente io odio tanto quanto patire il freddo nel Sud, come mi capitò una volta a Napoli». Ma di cure, a quanto pare, aveva bisogno anche il suo -portafogli: «Vorresti essere così gentile da dire a Se. che può aspettare il suo onorario nel corso di questo mese? Mi è riuscito, finalmente, di trovare una via. Mai ho dovuto faticare tanto per ripianare un debito». E' l'eterno destino di quelli che vivono con la penna. A Furst, che evidentemente lo prega di andarlo a trovare a Cervo Ligure, Jùnger risponde il 17.10.1953: «Henry, un giorno verrò, questo è certo. Bisogna solo stabilire quando. Per febbraio il generale Bouvard mi ha invitato a Dakar - se ci vado passerò probabilmente per Genova. E allora verrei a trovarti. Ma più importante, per me, è la tua vicinanza senza spazio e senza tempo... Salutami tua moglie. Un giorno mangeremo insieme il buon pane italiano e ci berremo sopra Chianti classico». Ma pensava, da buon tedesco, anche al cielo mediterraneo. 15.3.1954: «Vi invidio il cielo azzurro. Ma a maggio sarà ancora più bello». Evidentemente si riferiva alla visita che avrebbe fatta all'amico. E continua: «Per quel che riguarda il sentimento del profondo non lasciarti mtimidire. E' già molto se negli anni dal 1947 al 1949 non si sia giunti a una catastrofe. Bisogna sfruttare il giorno: esso è l'infinito. Quanto al viaggio in Sardegna, prenderò il piroscafo. Diecimila lire son ben cinquecento marchi, che io non posso spendere per un volo, breve per giunta». Jùnger, che tra l'altro aveva passato un periodo di studio a Napoli, se la cavava abbastanza bene con l'italiano: «In queste settimane mi sono occupato un po' di autori ita¬ liani. Quello che mi è piaciuto di più, e di gran lunga, è stato Flaiano con il suo romanzo abissino. Longanesi si decide o no a pubblicare Irradiazioni! Ho quasi perso la speranza. Però mi dispiacerebbe per il molto lavoro che voi avete fatto per la traduzione. A Parigi, presso Julliard, in queste settimane è uscita la seconda parte con il titolo Journal... Il professor Hugo Fischer, che talvolta compare nei miei libri come il Maestro, mi ha fatto visita ed è poi ripartito alla volta dell'Italia. La conversazione con lui è un piacere, perché ha ima grande vista. Ora abita in Casa delle sorelle Panerò. Sanremo. Via XX Settembre 14. Ili piano. Forse ritornerà a Londra passando per Roma. E' stato anche professore in India, ma vive affatto bohémien». Ma quel benedetto Longanesi perché la tira così a lungo con l'edizione itahana di Irradiazioni, libro tradotto da Henry Furst? Una volta Jùnger, giocando con le parole, dice che dovrebbe chiamarsi non Longanesi, ma «Longaweili», termine ironico che si potrebbe tradurre con tiratardi. Nella stessa lettera, che è dell'11.1.1954, Jùnger fulmina un autore tedesco: «In Germania abbiamo due Kaestner. Uno, di cui sono amico, è direttore della famosa biblioteca di Wolfenbùttel, dove fu anche Lessing. Scrive buoni libri. L'altro è un pagliac- ciò e pare che scriva satire. Di lui non ho ancora letto niente e non lo farò, perché non ho tempo per le buffonate». Qui si tratta, come è facile a capirsi, di Erich Kàstner. Ma davvero Jùnger non ne aveva letto niente? Non parrebbe, perché subito dopo dice di meravigliarsi che i democratici come Kàstner siano sempre così pronti a voler premere il grilletto per fucilare: «I vecchi soldati sono molto più benevoli di questi velenosi funghi umanitari». Nel marzo del 1953, lo scrittore dice di essere in pena per i fratelli che si trovano nella zona occupata dai russi: «Ho delle preoccupazioni. I miei due fratelli e i loro congiunti non riescono a vivere nella zona orientale. Probabilmente nei prossimi giorni passeranno il confine e verranno in occidente, abbandonando tutto quello che hanno, tra cui case e terreni. Vita e libertà vengono prima di ogni altra cosa. Ma si tratta pur sempre di una decisione amara». A un certo punto Henry Furst abbandonò Cervo Ligure per La Spezia, dove continuò a ricevere le lettere e le visite del suo amico tedesco. Il 9 aprile del 1955 Jùnger gli scrive: «All'inizio di luglio, di ritorno da Civitavecchia, passerò per La Spezia». Sicuramente la Riviera di Levante richiamava alla mente di Jùnger anche Nietzsche, uno spunto per molti versi a lui affine, che vi era rifugiato dopo l'abbandono della cattedra di filologia classica presso l'università di Basilea. Meglio andare a caccia di idee sul promontorio di Portofino che respirare l'aria insalubre di un'aula universitaria. E i frutti non si fecero attendere: là Nietzsche partorì, fra l'altro, il suo celeberrimo Zarathustra. C'è da augurarsi che Maurizio Rotta Gentile si decida a riordinare il ricchissimo epistolario lasciatogli in eredità da Henry Furst. Sono documenti preziosi, perché la lettera, nella sua immediatezza, rivela bene l'animo di chi scrive. Se un giorno quell'epistolario sarà pubblicato, molti letterati italiani e stranieri, da Croce a Vittorini, da Joyce a Pound, ci appariranno sotto una nuova luce. Anacleto Verrecchia Tra Cervo Ligure e La Spezia, tuia corrispondenza degli Anni 50: dominante il ricordo del figlio caduto in guerra davanti alle scogliere di marmo di Carrara La grande ammirazione per Ennio Flaiano, l'attesa di una risposta da Longanesi: «Si decide onoa pubblicare irradiazioni?» il nipote del letterato inglese conserva un ricco archivia con teslimoniàrize da Croce a Vittorini da Joyce a Pound mi è di gran Flaiano o abis decide e Irrasi pererò mi per il he voi traduzione. A lliard, in quescita la secontolo Journal... o Fischer, che nei miei libri mi ha fatto virtito alla volta nversan piace grande in Casa Panerò. XX Set piano. Londra oma. E' fessore affatto edetto Longanesi ì a lungo con l'ediIrradiazioni, libro y Furst? Una volta con le parole, die chiamarsi non Longaweili», tere si potrebbe traardi. Nella stessa ll'11.1.1954, Jùnutore tedesco: «In mo due Kaestner. amico, è direttore lioteca di Wolfennche Lessing. Scrialtro è un pagliac- Tratuiadomcadsco