Il volto buono di Karajan nazista antipatico a Hitler

Il volto buono di Karajan nazista antipatico a Hitler la memoria. Esce a Londra una monumentale biografia del ande direttore d'orchestra Il volto buono di Karajan nazista antipatico a Hitler ■j^i LONDRA 11 IU' che il Grande Dittatore W creato dalla leggenda popolare, Herbert von Karajan iJera il Grande Cooperatore che stimolava i musicisti ad ascoltarsi a vicenda: la sua leadership, paradossalmente, si imponeva senza comandare. Lo dice la biografia del grande maestro, Herbert von Karajan. A Life in Music, che arriverà nelle.librerie in questi giorni. E' un'immagine sorprendentemente nuova: comunicando la magia delle sue intuizioni, il maestro preferiva che l'orchestra spiccasse il volo come uno stormo d'uccelli, guidati dal proprio radar interno. Karajan ipnotista, capace di estrarre suoni dalla gola dei cantanti come tirando un filo. Karajan mistico, convinto che la musica nasca dal mondo ma appartenga all'eternità. Firmate dal musicologo Richard Osborne, le ottocento pagine della biografia escono da Chatto & Windus, smantellando l'opinione che vi fosse qualcosa di sinistramente autoritario nel modo di dirigere del maestro austriaco. Tanto per cominciare, Karajan non si scalmanava mai, come faceva Tbscanini. Respingeva il tipico trucco del tiranno di umiliare qualche sventurato musicista durante le prove: la sua disciplina era fondata piuttosto sull'autodisciplina. «Gli errori lo preoccupavano a malapena - scrive Osborne -. Era generalmente indulgente verso gli scivoloni di routine durante le prove». Convinto che reagire malamente agli errori non fa che aumentare la tensione, riteneva più costruttivo comunicare un senso di pazienza interiore. Anche se la sua personalità era quella di un gatto, che sfodera le unghie senza preavviso, il suo atteggiamento verso orchestre e cantanti era più quello di uno psicologo con una particolare attitudine all'ipnosi. «Non c'è niente di matematico nel dirigere un'orchestra: c'è più psicologia che algebra», ammoniva. Spesso telefonava a José Carreras per parlargli «di cose che avrebbe potuto conoscere soltanto telepaticamente». Elisabeth Schwarzkopf ricorda che Karajan era ossessionato dalla lettura del pensiero: un giorno all'aeroporto le sussurrò che avrebbe ipnotizzato la giovane donna che gli era seduta davanti puntandole gli ocelli sulla schiena. Gli orchestrali sapevano che «era uno dei nostri» dai movimenti della mano smistra, che impastavano l'aria come se volessero toccare la musica. Il flautista James Galway notava che «mentre Toscanini era un guidatore, Karajan aveva l'anima della musica dentro di sé». Come guidatore, Karajan faceva paura solo al volante e il grande violoncellista Rostropovic, che pure gli voleva un gran bene, implorava terrorizzato: «Herbert, se andiamo a scontrarci a questa velocità non sapranno mai distinguere se le ossa sono ime o tue!». Anche i cantanti avevano le loro ragioni per adorarlo: la Schwarzkopf diceva che Karajan appiccicava l'interpretazione musicale alla Linea vocale come un chewing-gum si attacca a un tacco. Amia Tomowa-Sintow fu completamente sopraffatta dal suo approccio pazien- te e sensuale alla musica del Rosenkavalier. Plàcido Domingo dice: «Ti lasciava cantare e interveniva soltanto se avevi bisogno di aiuto». La Callas, famosamente furiosa per un bis durante Lucia, gli voltò le spalle, ma Karajan riuscì a sincronizzare l'orchestra alla perfezione sui movimenti delle spalle della cantante. Chi non andava d'accordo con il maestro, come Birgit Nilsson, trovava la vita difficile. Secondo il celebre soprano wagneriano, la resi¬ stenza lo infuriava. Allora «i cantanti venivano spinti a enormi velocità attraverso i loro ruoli, senza la possibilità di produrre un bel suono». Una volta la collana della Nilsson si sfilò e Karajan, mentre in ginocchio le raccattava le perle, chiese: «Costosissime perle che hai comprato con le astronomiche cifre della Scala?». Il soprano rimbeccò: «No, roba da quattro soldi comprata con i tuoi soldi di Vienna». La biografia di Osborne contiene inoltre per intero la deposizione di Karajan alla commissione di denazificazione austriaca, datata 18 marzo 1946, e si serve delle ricerche di una studiosa svedese, Gisela Tamsen, che ha passato un decennio a investigare sulle accuse che aleggiavano sulla testa del maestro. La conclusione «si potrebbe scrivere adeguatamente sul retro di una cartolina». Il fatto che si siano spese tante parole sull'argomento si deve per Osborne a una «straordinaria sequenza di travisamenti avvenuti nel dopoguerra». Il libro chiarisce che Karajan si iscrisse al partito nazista non nel 1933, come volevano i suoi accusatori, ma nel 1935, su pressione delle autorità amministrative. I giornalisti che frugavano tra le carte del sistema di reclutamento nazista non avevano i mezzi per leggere adeguatamente ciò che le commissioni di denazificazione avevano capito nel 1946: «Karajan, all'età di 27 anni, si iscrisse al partito nazista nel 1935, in risposta a una richiesta formale delle autorità municipali di Aquisgrana». Karajan, pur «reclutato» in Austria nell'aprile 1933, versò i 5 scellini iniziali ma non completò mai i moduli di ammissione e infatti il suo numero di matricola provvisorio fu dichiarato nullo nel 1939. «Quando in effetti si iscrisse, nel 1935, la tessera fu retrodatata al 1° maggio 1933, data della sospensione temporanea delle nuove domande di ammissione». Nella testimonianza di Karajan alla commissione si legge della personale avversione di Hitler per lui. Dopo un'esecuzione dei Maestri cantori, nel 1939, il Fuhrer disse che non avrebbe mai più assistito a un'altra performance diretta da Karajan, in quanto il maestro non era «un direttore d'orchestra rappresentativo della germanicità». A sentire Karajan, «Goebbels bandì il film di Don Giovanni quando seppe che ero io a dirigere. Il segretario di Stato Esser disse che il Fuhrer vedeva rosso tutte le volte che udiva il nome Karajan». Il maestro fu anche «richiamato davanti al tribunale del partito» perché i nazisti avevano riserve sulla purezza razziale della sua seconda moglie, Anita, e restituì la tessera «per evitare ulteriori conseguenze». Maria Chiara Bonazzi Telefonava a José Carreras per parlargli di telepatia ed era ossessionato dalla lettura del pensiero Dopo equivoci e polemiche il libro chiarisce le circostanze dell'adesione al nazismo nel 1935 Società e Cultura LA STAMbiografia del jan tler ande direttore d'orchestra po equivoci e polemiche il libro chiarisce ircostanze dell'adesione al nazismo nel 1935 «i canrmi ve, senza un bel a della ntre in perle, che hai he cifre mbeccò: ompraHerbert von Karajan visto da Levine. A sinistra il tenore José Carreras Karajan alla commissione di zificazione austriaca, datamarzo 1946, e si serve delle che di una studiosa svedese, Tamsen, che ha passato un dnio a investigare sulle accusaleggiavano sulla testa del stro. La conclusione «si potscrivere adeguatamente suldi una cartolina». Il fatto che no spese tante parole sullmento si deve per Osborne «straordinaria sequenza di trmenti avvenuti nel dopoguerIl libro chiarisce che Karaiscrisse al partito nazista n1933, come volevano i suoi atori, ma nel 1935, su pressionle autorità amministrative. nalisti che frugavano tra ledel sistema di reclutamentosta non avevano i mezzi perre adeguatamente ciò che lemissioni di denazificazione a Herbert von Karajan visto da Levine. A sinistra il tenore José Carreras al quale il grande direttore faceva confidenze su messaggi telepatici

Luoghi citati: Austria, Londra, Vienna