Che fine ha fatto la piccola Irene?

Che fine ha fatto la piccola Irene? il commissario di bordo. Ha solo tre mesi, sembra sparita nel nulla e la madre è sconvolto Che fine ha fatto la piccola Irene? PRIMA d'accettare l'offerta d'imbarco, Cecè Collura ne aveva parlato col suo maestro e amico Salvo Montalbano, che faceva il suo stesso mistèri a Vigata, ma era omo di grande spirènzia. Montalbano l'aveva taliàto a lungo senza parlare, poi si era addeciso a raprìre bocca. «Cecè, tu l'hai mai fatto qualche volo transoceanico?». Alla sola idea, la fronte di Collura s'imperlò di sudore. «No, fino a questo momento il Signore mi ha risparmiato». «Vedi, Cecè, quando t'appresenti a bordo dell'aereo, ti ricevono le hostess che sono linde e pinte. Divisa senza una piega, manco un capello fora di posto. Dopo tanticchia che si è partiti, le hostess si levano la divisa e indossano una specie di vistitazzo da travaglio. E lo sai perché?». «No, non lo so e manco lo vorrei sapìri». «Devi saperlo, invece. Si cangiano il vestito perché addiventano serve. Agli ordini di quello che non gli piace il mangiare e ne vuole uno diverso, agli ordini di chi soffre per il volo e si vomita addosso, agli ordini di una madre che deve cangiare il pannolino a un picciliddro, agli ordini...». Cecè Collura, bianco in faccia, l'interruppe. «E secondo te un commissario di bordo deve puliziare il sederino ai neonati?». «Non dico questo, ma quasi». Forse, rifletté dopo qualche giorno di navigazione Cecè Collura, Montalbano era stato troppo pessimista, come del resto era nel suo carattere. E' vero, rogne e camurrìe coi crocieristi ce n'erano ogni giorno, ma capitava macari ogni tanto qualche cosa che metteva in ballo le sue doti di sbirro. Come quando la figlia della signora Spoto, che aveva appena tre mesi, si volatilizzò. La signora Laura Spoto doveva avere passato la trentina e forse era una bella fìmmina. Forse, perché quella che stava davanti a Cecè Collura era una povirazza con gli occhi rossi e abbottati dalle lacrime, due solchi profondi ai lati della bocca, la pelle di un cattivo colore. Contò che, dopo aver cenato, era andata a dar da mangiare alla sua bambina che si chiamava Irene. Come faceva ogni sera. «L'allatta lei, signora?». No, non l'allattava lei, ma si atto la piccola Irene?. Pensò fosse caduta malgrado l'avesse messa in mezzo a due cuscini per protezione. La cercò sempre più disperatamente. «E' sicura d'aver chiuso a chiave la porta della cabina?». «Sicurissima. Ci sto attenta».. E subito dopo queste parole ebbe una violenta crisi di pianto, alla quale seguì un collasso. Il triestino telefonò all'ambulatorio, fece venire un medico. Questi, appena le diede un'occhiata, volle fosse immediatamente trasferita in infermeria. Prima di principiare l'indagine, Cecè Collura andò a parlare col comandante che, alla notizia, impallidì. «Questa è la cosa peggiore che ci potesse capitare! Una bambina di tre mesi non si mette a camminare da sola! E' chiaro che qualcuno l'ha rapita. Discrezione, mi raccomando. 0 tutti chiederanno di sbarcare». «Il computer ci ha fornito i dati della passeggera. Ha un marito a Genova, non si è imbarcato. Che faccio, comandante, l'avverto della situazione?». «Per carità! Non se ne parla nemmeno! Non solo non ci sarebbe di nessuna utilità, ma si metterebbe a fare il diavolo a quattro, i giornali lo verrebbero a sapere e buonanotte alla crociera. Cautela, mi raccomando, commissario:. «Ho dato disposizioni che nessuno s'avvicini alla 38, la cabina della signora Spoto. E ho convocato la cameriera e l'inserviente addetti al corridoio» - disse il triestino appena lo vide tornare. E seguitò: «Vuole che andiamo a dare un'occhiata?». «Prima vorrei parlare con questi due. E intanto mi faccia sapere come sta la signora, se è in grado di rispondere alle nostre domande». Dall'interrogatorio dell'inserviente e della cammarera risultò che quest'ultima, verso le ventidue, aveva visto la signo- ra Spoto uscire dalla cabina, chiudere a chiave la porta e, prima d'allontanarsi, farle la solita raccomandazione. «Solita? E quale?». «Se sente piangere la bambina, mi venga a chiamare. Sarò sul ponte B». «E lei l'ha sentita, stasera?». «Stasera no, ma ieri sì. E sono andata ad avvertire la signora che è venuta subito». «Non ha notato niente di sospetto?». La cammarera ebbe un attimo d'esitazione, poi parlò decisa. «Commissario, quando la signora non ha trovato la bambina, è venuta a cercarmi, sconvolta. Mi ha domandato se qualcuno era entrato in sua assenza nella cabina e io ho risposto di no, ed era la verità. Quindi non ci sono che due sole persone sospettabili: io e lo steward. E noi due le giuriamo che non siamo stati noi a rapire la piccola». Oltre ad essere onesta, la faccia della cammarera era quella di una fìmmina intelligente. Tornò il triestino, alla signora avevano dato un sedativo, dormiva. Cecè Collura si fece accompagnare alla cabina della signora Spoto dalla cammarera che raprì la porta col passepartout, la signora si era portata appresso la chiave. «Chi ci sta alla 37?». «1 signori Duclos, sono francesi, devono essere sposini». «E alla 39?». «E' vuota, l'occuperanno al prossimo scalo». La cabina, in disordine, portava i segni della disperata ricerca della signora Spoto. C'era un passeggino e tutto quello che poteva servire a una picciliddra di tre mesi, biberon, poppatoi, pannolini. Nel frigobar, tra l'altro, due scatole di latte, una era aperta. «A voi risulta che la bambina stesse bene in salute?». «A quanto pare, sì. Finora non aveva avuto bisogno del pediatra di bordo. Noi però non l'abbiamo mai vista». «Che significa?» - spiò Cecè sorpreso. «Quando noi entravamo per rifare il letto e pulire la stanza, la signora era già pronta con la bambina in braccio o in passeggino e andava in corridoio ad aspettare che avessimo finito. Era molto gelosa della bambina, nessuno la doveva toccare. La teneva sempre coperta, diceva che si raffreddava facilmente». «Va bene, torni alle sue occupazioni. E non faccia parola con nessuno di quello che sta succedendo». Rimasto solo, Cecè Collura sentì accentuarsi il disagio che aveva avvertito trasendo in cabina. Raprì un album di fotografie che stava posato sul comodino. Ritraevano la stessa picciliddra, da quando aveva pochi giorni fino a tre mesi. Solamente in due o tre c'era macari la mamma, il padre invece non compariva mai. L'ultima foto dell'album ritraeva la signora Spoto, un primo piano. Era come Collura l'aveva vista poco prima nell'ufficio del commissariato, due solchi profondi ai lati della bocca, gli occhi non gonfi di pianto ma spenti. Quanto diversa dalla giovane donna che sorrideva felice con la sua bambina nelle altre fotografie! Tuppiàrono leggermente alla porta. Sulla soglia c'erano la cammarera e una giovane coppia. «I signori Duclos» - li presentò la cammarera. «Abbiamo sentito del rumore» - fece il signor Duclos in un italiano misto di francese - «Io e ma femme abbiamo pensato che la petite...». «Sta bene, la petite» - mentì Collura - «O meglio, ha avuto solo un piccolo disturbo da bambini. E' in infermeria con la mamma». «Meglio così» - fece la signo¬ ra Duclos - «Io e mio marito ci siamo affezionati. Di tanto in tanto la sentivamo piangere, le pareti sono così sottili». Se ne andarono. Collura s'assittò sul letto e ripigliò in mano l'album di fotografie. Tutto a un tratto gli lampo un'idea che gli aggelò la spina dorsale. Dal telefono della cabina chiamò l'infermeria, la signora riposava ancora. «Ha con sé la borsetta? Sì? Famela avere subito in ufficio». Suonò per la cameriera e quella si precipitò. «Rimetta in ordine la cabina. E sul letto sistemi due cuscini, sa, come si fa per evitare che i bambini cadano». Quando arrivò in ufficio, la borsetta della signora Spoto era già sulla sua scrivania. La raprì. E dintra vi trovò quello che si aspettava, ma invece di provarne soddisfazione sentì una fitta di malinconia pungergli il cuore. Un minuscolo registratore, due cassette. Mise la prima. Solo il fruscio d'una registrazione d'ambiente, senza una voce o un rumore. Stoppò, riavvolse il nastro, lo fece scorrere avanti veloce. Appena sentì un suono, mandò il nastro a velocità normale. E subito, alto, chiaro, risuonò nell'ufficio il pianto della bambina scomparsa. «Ha trovato la piccola?» spiò Premuda trasendo di corsa, un sorriso felice sulla faccia. «Sì, è qui dentro» - fece Collura indicando il registratore. «Dio mio! Perché?» - spiò il vice sbiancando. «Mi chiami il marito, a Genova, subito». Appena seppe che sua moglie si trovava sulla nave, il signor Spoto scoppiò a piangere. Erano giorni che la cercava dovunque, era sparita da casa approfittando della sua assenza e di una momentanea distrazione dell'infermiera che l'assisteva. Laura aveva perso la bambina cinque anni avanti, a tre mesi. Ne aveva avuto un tracollo e da allora non si era più ripresa. Cliniche, cure, tutto inutile. Si era fissata che la bambina non era morta, era lui, il marito a sottrargliela e per questo ogni tanto scappava da casa stringendo al petto una bambola. «La venga a prendere al prossimo scalo» - disse il commissario. E poi, rivolto a Premuda che aveva sentito tutto e appariva disfatto: «Coraggio, torniamo in cabina». Dopo un'ora di ricerche, trovarono la bambola in un'intercapedine darre il lavabo. Con delicatezza, come se fosse stata una picciliddra vera, Cecè Collura la depose sul letto tra i due cuscini. «E ora che facciamo?» - spiò il vice. «Io vado a trovare la signora Spoto. Lei aspetti qui una mezz'oretta, poi metta in moto il registratore e sparisca. Prima del pianto della bambina ci sono almeno venti minuti di silenzio. Basteranno. La signora sarà pazza, ma in certe cose ragiona perfettamente. Quando usciva dalla cabina, metteva in moto il registratore che a un certo momento faceva sentire il pianto. La cameriera allora correva sul ponte a chiamare la signora. E tutto pareva vero». La signora Spoto si era appena svegliata, quando vide il commissario lo taliò ansiosa. Cecè fece una faccia trionfante. «Ho una bellissima notizia, signora! Abbiamo ritrovata la sua bambina!». La signora Spoto saltò dal lettino, gli occhi sparluccicanti di gioia, si mise le scarpe, il commissario le offrì il braccio. Appena imboccarono il corridoio dove c'era la cabina 38, il pianto della bambina si udì benissimo. «Irene!» - gridò la signora e si mise a correre verso la sua illusione. Cecè non ebbe la forza di spiarsi se quella crociera era vera o virtuale. Andrea Camilleri La signora Laura Spoto doveva avere passato la trentina e forse era una bella fìmmina. Forse, perché quella che stava davanti a Cecè Collura era una povirazza con gli occhi rossi e abbottati di lacrime La cabina, in disordine, portava i segni della ricerca della signora Spoto. Cera un passeggino e tutto quello che poteva servire a una picciliddra, biberon, poppatoi, pannolini Quando arrivò in ufficio, la borsetta era già sulla sua scrivania. La raprì. E dintra vi trovò quello che si aspettava, ma invece di provarne soddisfazione sentì una fitta di malinconia Andrea Camilleri

Luoghi citati: Cecè Collura, Genova