Quei bambini futuri leader di Filippo Ceccarelli

Quei bambini futuri leader IL PALAZZO Quei bambini futuri leader HI si salverà, chi ci salverà dal Potere Bambino? Romano Prodi, raccontano i biografi della sua prima e remotissima età, si divertiva un mondo a smontare i giocattoli dei fratelli grandi, per poi rimontarli cercando di usare meno pezzi. Operazione che con gli occhi di oggi non si sa bene se e quanto considerare meritoria. Mentre Massimo D'Alema non solo era un bimbo di così spiccata intelligenza da saltare la quinta elementare, ma si segnalava per episodi che ricordano il Gesù (dodicenne) fra i dottori. «Una volta - ha testimoniato la mamma - Massimo era piccoletto piccoletto, non avrà avuto sei anni, l'avevo mandato a prendere il pane e non tornava più su. Sono scesa e l'ho trovato che s'era fermato a sentire un comizio dei socialdemocratici». Per il resto, interveniva recando fiori ai congressi dei «grandi» e conquistava stanze per i pionieri nella sezione del Pei di Monteverde. . Giulio Andreotti, leader ormai al tramonto - eppure ancora straordinariamente capace di intrattenere il pubblico sempre più esigente dello spettacolo politico estivo - si è raccontato in una favola come un fanciullo malinconico e ossessionato dalla morte. In una Ciociaria densa di sacerdoti, piombava a cavallo e «famelico» con altri amici nell'ospitale convento dei gesuiti di Anagni. Un'immagine che con il senno di poi vale cento fotografie. L'infanzia di Francesco Cossiga è stata a suo tempo addirittura psicoanalizzata in un libro. La terapeutica autrice, Marina Valcarenghi, si è legittimamente soffermata su uno dei giochi preferiti del futuro Capo dello Stato che primeggiava in tutto, anche negli esercizi spirituali. Il gioco era «fare i ministri»: sempre pretendendo per sé il ministero dell'Interno, «perché comanda le forze dell'ordine e con quelle può far arrestare gli altri ministri». Semplice, no? Un gioco, una frase, un mozzicone di I memoria e senza forzature, I anzi perfino con tenerezza il bambino di ieri combacia con il politico di oggi. Come se il potere avesse bisogno di di quest'ultimo espediente per colmare un deficit, creare attorno a sé un consenso che manca. Ecco dunque la moda non solo estiva dei «leader da bambini», che poi sarebbero i «bambini già leader». Un vero e proprio genere che può risultare tanto di successo quanto stucchevole per via dell'inevitabile coro di mamme, educatori, compagni invecchiati e giornalisti cercatori di pagelle. Un prezzo, forse, da pagare alla cultura egemonica del talk-show. Eppure, proprio lungo i sentieri indulgenti dell'infanzia, là dove le differenze' politiche non contano più nulla, si scopre che il giovane Violante passava sottobanco i compiti di latino agli amici, «senza dimenticare però di infilare qualche sbaglio nella versione dei meno volonterosi». Così come, grazie ai ricordi di un anziano lattaio di quartiere, s'è venuto a sapere - senza alcuna smentita che il piccolo Berlusconi, appellato affettuosamente mainai de l'ostia, faceva la cresta sulla spesa. In compenso, il bambino Di Pietro, che pure voleva fare da grande «legge e missione», uccideva i polli a bastonate e s'inventava bestemmie tipo «Mannaggia San Facicchio!». Mentre il bimbo Bossi, piccolo diavolo, oltre ad allungare le mani sulle coetanee era bravo a «centrare il secchio» a sassate. Ieri come oggi. Bambini nel tempo e insieme leader restituiti alla loro essenzialità. Piccole-grandi predestinazioni, si direbbero, o magari profezie che si autoadempiono. Filippo Ceccarelli elli |

Persone citate: Berlusconi, D'alema, Di Pietro, Francesco Cossiga, Gesù, Giulio Andreotti, Marina Valcarenghi, Romano Prodi, Semplice

Luoghi citati: Anagni, Monteverde