Kabila bombarda KJnshasa

Kabila bombarda KJnshasa Centinaia gli insorti banyamulenge catturati, altri cercano scampo a Brazzaville o Kisangani Kabila bombarda KJnshasa E schiaccia i ribelli in tutto l'Ovest KINSHASA. Il presidente congolese Laurent Desiré Kabila non ha esitato ad ordinare il bombardamento della capitale per schiacciare i ribelli banyamulenge che, in un disperato tentativo di sottrarsi all'accerchiamento, avevano cercato di impossessarsi dell'aeroporto di Kinshasa. Secondo l'agenzia missionaria Misna, un milione di persone erano fuggite dai quartieri sudorientali di Masina, Kingasani e Ndjili. Molti altri erano rimasti, rifugiandosi assieme ai ribelli in cantine, chiese ed ospedali. Malgrado ciò, per ammissione del ministro della Sanità Jean-Baptiste Sondgi, i bombardamenti hanno provocato «molte vittime». Nell'azione i ribelli sarebbero riusciti ad abbattere due Mig dell'aviazione angolana, ma anche se confermato, questo piccolo successo non toglierebbe nulla alla loro sconfitta. Una settimana fa l'Angola era intervenuta in appoggio a Kabila nel corridoio occidentale che fornisce al Congo il suo unico accesso a mare, mentre Zimbabwe e Namibia avevano mandato truppe a Kinshasa, per la difesa della capitale. Isolati dai territori conquistati ad Oriente, i ribelli hanno dunque tentato una disperata evacuazione via aerea, attaccando l'aeroporto di Ndjili, a 30 chilometri dalla capitale, e Kinshasa stessa. Mentre nelle vie disseminate di cadaveri la folla linciava i ribelli isolati, abbandonandosi ad atrocità, ancora ieri i mortai rombavano attorno alla foresta di Ndangi, a 10 chilometri dal centro. Il nuovo capo di Stato maggiore Joseph Kabila, figlio del presidente, ha invitato i ribelli «a deporre le armi e rientrare nei ranghi dell'esercito», ed ha invitato la popolazione a non abbandonarsi alle violenze. I ribelli, del resto, erano già in rotta. A centinaia hanno attraversato il fiume Congo per mettersi in salvo a Brazzaville (ex Congo francese). Altrettanti si sarebbero arresi ai governativi, che hanno mostrato 6 «militari ruandesi» come prova del coinvolgimento di quel Paese. Al mattino i banyamulenge controllavano la diga di Inga, che fornisce energia elettrica alla capitale, minacciando di farla saltare. E mantenevano la città di Matadi, primo porto fluviale del Paese. Nel pomeriggio però il governo ha annunciato la riconquista della diga, e gli angolani sono entrati a Mata¬ di senza combattere. A Kinshasa vige il coprifuoco dal tramonto all'alba, manca ancora l'elettricità e la gran quantità di cadaveri insepolti f? temere un'epidemia di colera. Dopo i bombardamenti e i rastrellamenti che sono seguiti però la tensione è scesa. Il grande viale Lumumba che unisce il centro all'aeroporto è stato riaperto, molti sono tornati alle proprie case e i traghetti hanno ripreso il servizio tra Kinshasa e Brazzaville. Continua però attorno alla capitale e in tutta la regione occidentale la caccia ai banyamulenge, con relative accuse di «pubzia etnica». I ribelli presi nella sacca di Kitona si sono rifugiati nella locale caserma che funge da quartier generale della Croce rossa internazionale, mentre reparti di ribelli sbandati cercano di raggiungere a piedi Kisangani, terza città del Paese, distante 1200 chilometri, ma in mano ai banyamulenge. ((Avevamo informato l'Angola dell'offensiva contro Kinshasa, e ci avevano promesso di restare neutrali - ha detto il comandante dei ribelli Jean Pierre Ondekane - il loro è stato un vero tradimento». Ma il Paese resta spaccato. I banyamulenge tengono ancora saldamente tutta l'enorme regione orientale, dove possono ricevere aiuti da Ruanda, Uganda e Burundi, tutti Paesi in cui i tutsi sono l'etnia dominante (i banyamulenge sono i tutsi del Congo). L'atten¬ zione si sposta dunque sui tavoli della diplomazia. Ieri a Durban, in Sudafrica, sono iniziati i lavori del vertice dei non allineati, e si spera nella mediazione di Nelson Mandela. Se però gli sforzi di pace non dessero risultati, ha detto il ministro degli Esteri ruandese Anastase Gasana, «Non potremo far altro che intervenire militarmente per venire in aiuto dei ruandesi che vivono in Congo e dei cittadini congolesi come i banyamulenge, per fare in modo che essi non vengano uccisi o subiscano discriminazioni», [f. sq.] Un gruppo di ribelli prigionieri che secondo le autorità di Kinshasa sarebbero militari ruandesi. A sinistra, il presidente Kabila

Persone citate: Anastase, Jean Pierre Ondekane, Joseph Kabila, Kabila, Laurent Desiré Kabila, Masina, Nelson Mandela, Sanità Jean