«Fausto, così mandi Berlusconi al Quirinale»

«Fausto, così mandi Berlusconi al Quirinale» Il leader neocomunista: rompere sulla Finanziaria non sarebbe un dramma. Prc diviso «Fausto, così mandi Berlusconi al Quirinale» IIPpi all'attacco di Bertinotti Rompere sulla Finanziaria? «Non sarebbe una catastrofe...». Fausto Bertinotti dice di voler evitare una spaccatura nella maggioranza di fronte ai contenuti della manovra prossima ventura del governo Prodi, ma non esclude del tutto il «trauma»: «Dopo - osserva il leader dei neocomunisti italiani, alzando il tiro - si aprirebbe una stagione nuova tra Rifondazione e il Pds». Nell'Ulivo, pur essendo in molti a non pensarla come lui, passa la consegna del silenzio; parla il diessino Grandi, ma tacciono i «numeri uno». Solo il Ppi parte lancia in resta. Mentre la sortita di Bertinotti torna a dividere i compagni del Prc, e a far registrare nuove impennate dei cossuttiani. «Bertinotti dice che una crisi non sarebbe un trauma? Non sarebbe un trauma se lui, per mancanza di volontà di trovare una mediazione, finisse per regalare al Paese Berlusconi presidente della Repubblica? - replica Dario Franceschini, vicesegretario dei popolari -. Pare che si stia scaldando i muscoli per la campagna d'autunno». Un giudizio sostanzialmente analogo a quello del diessino Alfiero Grandi: «Se la maggioranza dovesse rompersi, si aprirebbe una crisi di credibilità politica che travolgerebbe tutti, compresa Rifondazione, e non ci sarebbero né guadagni, né miglioramento nei rapporti a sinistra: saremmo tutti troppo occupati a leccarci le ferite e a cercare le responsabilità. Rifletta, dunque, Bertinotti sul piacere che darebbe a tanti avvoltoi che sperano in una sua mossa sbagliata...». Il settembre politico s'annuncia «caldo», dunque; ma sono in molti a ritenere che alla fine la Finanziaria passerà senza che i neocomunisti mettano i bastoni fra le ruote. «Se Bertinotti vuol trovare delle scuse per rompere ne trova quante ne vuole, ma io non credo che romperà», commenta Paolo Manca, presidente dei deputati di Rinnovamento italiano, il gruppo che fa capo a Lamberto Dini. Enrico Letta, l'altro vice di Franco Marini, sta sull'ironico: «Meno male che l'estate sta finendo. Così, finirà anche il gioco estivo, la rincorsa tra Bertinotti e D'Antoni a chi sposta di un metro più in là il traguardo finale per l'accordo sulla Finanziaria». Non credono alla crisi nemmeno quelli del centrodestra. «E' la solita manfrina alla quale siamo già abituati», dice Claudio Scajola, coordinatore di Forza Italia. Anche secondo Giulio Maceratine presidente dei senatori An, «Bertinotti non romperà, o se romperà poi si troverà il modo di rimettere insieme la maggioranza». E' all'interno di Rifondazione, invece, che Fausto Bertinotti troverà filo da torcere. Va giù dura, Ersilia Salvato, vicepresidente del Senato: «La sua è fantapolitica - sostiene -. Una rottura non solo sarebbe una sconfitta grave per tutta la sinistra, ma anche per noi». E torna a sollecitare un congresso anticipato del partito: «Se le differenze che stiamo misurando con grande pacatezza sono di tale entità, se ne può ragionare solo in un congresso, perché non attengono solo al contingente ma alla strategia e alla stessa linea politica». «Fausto non metta il carro davanti ai buoi - incalza il cossuttiano Luigi Marino, presidente dei senatori Prc -. In ogni caso, una rottura comporterà uno spostamento a destra dell'asse della politica del governo». E Marco Ferrando, della sinistra interna, parla di «insostenibili paradossi della politica del segretario: così, si rischia ancora una volta di negoziare la politica avversaria». [m. tor.] Il segretario di Rifondazione Bertinotti